Revue Romane, Bind 30 (1995) 1

Caria Bazzanella: Le facce del parlare. Un approccio pragmatico all'italiano parlato. Biblioteca di italiano e oltre. La Nuova Italia, Firenze, 1994. 269 p.

Gunver Skytte

Side 136

Le facce del parlare presenta una specie di sintesi di una serie di studi su argomenti di linguistica pragmatica che Carla Bazzanella ha pubblicato nel corso degli anni ottanta e novanta. Il presente volume è stato scritto in una forma che lo rende adatto come introduzione alla linguistica pragmatica, e in particolare all'analisi della conversazione, ma inoltre esso comprende una discussione fondamentale sulla metodologia linguistica. Con questa doppia prospettiva, didattica e scientifica, il libro della B si rivolge a un pubblico largo, così di specialisti che di studenti.

Il libro è diviso in due parti, di cui la prima tratta i Problemi generali e la
seconda una scelta di Aspetti specifici.

La prima parte è suddivisa in quattro capitoli. In 1. Parlare e scrivere vengono discussi i tratti caratteristici del parlato, che secondo la definizione di CB va considerato come «varietà di lingua, caratterizzata dal cúnale fonicouditivo e dal contesto sociale essenzialmente dialagico» (p. 11-12), rispetto alla lingua scritta. Viene messa in evidenza la necessità di evitare una rigorosa contrapposizione del parlato allo scritto per rivolgere invece l'attenzione verso la varietà dei tratti del parlato («le facce del parlare») sotto la forma di continuum. Nel rilevare la varietà e la multifunzionalità della lingua, la B propone un approccio multidimensionale ai fenomeni linguistici.

Nel secondo capitolo vengono introdotti i concetti chiave Contesto, deissi, pragmatica attraverso un chiaro e utilissimo riassunto delle tappe e dei nomi più importanti della storia della linguistica pragmatica nonché un resoconto della collocazione di questo indirizzo rispetto ad altri indirizzi linguistici, vicini ad esso, come p. es. Yetnometodologia. CB si serve di questo rapido panorama per richiamare l'attenzione sui Leitmotiv della pragmatica: «la non-discretezza,

Side 137

la pertinenza, l'arbitrarietà delle tassonomie» (p. 57), tratti che richiedono una
categorizzazione scalare (a prototipo), in perfetta sintonia con l'approccio
multidimensionale della ricerca della B.

3. // tessuto del discorso presenta la conversazione come co-produzione dei
partecipanti all'interazione e descrive il meccanismo dell'avvicendamento dei
turni.

L'ultimo capitolo della prima parte sottolinea col titolo / dati l'opzione dichiarata dell'autrice per l'indagine empirica, esponendo il metodo seguito nella raccolta di dati e i criteri adottati per la trascrizione del corpus di riferimento.

La seconda parte Aspetti spécifia descrive una scelta di fenomeni linguistici studiati nella prospettiva interazionale. Collocando gli usi modali dell'imperfetto e l'uso del futuro (5. Tempi del parlare) in taie prospettiva, CB fornisce un'ottima interpretazione di alcune tendenze del sistema temporale dell'italiano: l'imperfetto in espansione (un «Tempo per tutte le stagioni» (p. 102)), e il futuro in regressione. Il capitolo Meccanistni sintattici di focalizzazione tratta la dislocazione, le frasi scisse e il passivo. L'analisi dei dati reali diventa un forte sostegno in favore dell'approccio multidimensionale adoperato da CB. Esaminando l'uso del passivo in prospettiva testuale e valutandolo rispetto ad un cc^'^lssso di '^aramstri "Si '^uô rieI*'1 *'' I*'1 *'' 3 un'analisi rj^i njccivn rh<* preveda in quali particolari contesti ed in quali circostanze il passivo si presenti corne «la sola scelta», anche nel parlato.» (p. 143). Nel seguente capitolo CB affronta la problematica dei Segnali discorsivi, caratterizzati tra l'altro dalla polifunzionalità (p. 149), fatto che rende estremamente difficile una loro classificazione. Quella proposta dalla B è basata sulle funzioni interazionali e metatestuali. Da una brève presentazione del corpus risulta quanto sia rilevante tener présente la tipologia dei generi, dato che l'occorrenza dei vari segnali varia decisamente secondo il tipo di interazione: cosi p. es. ma è l'occorrenza più elevata nelle interazioni familiari, mentre quella più alta nelle lezioni universitarie del corpus è vero.

Nei due capitoli su Le interruzioni e su La ripetizione dialogica la B tratta dei fenomeni discorsivi, noti dalla tradizione della retorica classica come figure stilistiche (aposiopesi e repetitio), i quali - riesaminati nella prospettiva dell'analisi della conversazione - rivelano una varietà complessa di funzioni che richiede una classificazione nuova e diversa da quella della retorica classica. Con riferimenti all'ormai ampia bibliografia specifica intorno all'argomento, CB presenta la sua proposta di classificazione che per l'interruzione è basata sulla cooccorrenza e l'interazione di una serie di parametri che riguardano i rapporti di ruolo nell'interazione, il materiale linguistico, il punto del turno e la causa dell'interazione. La ripetizione dialogica (concetto fortemente limitato rispetto alla repetitio per l'aggiunta dell'aggettivo dialogica) nell'esposizione della B viene

Side 138

definita come «/e riprese uguali anche se parziali di uno o più. elementi lessicali, presenti nel turno del parlante precedente, da parte del parlante di turno» (p. 210). La ripetizione dialogica viene esaminata e caratterizzata secondo funzione testuale (soprattutto come meccanismo di coesione), funzioni conversazionali e funzioni interazionali, per le quali la stessa B, già in un lavoro precedente, aveva proposto una ipotesi di scalar ita sull'asse accordo /disaccordo.

Il libro si conclude con Un epilogo «aperto» in cui l'autrice vaglia attentamente l'adeguatezza della metodologia multidimensionale rispetto all'oggetto di ricerca, per concludere: «il risultato di questo lavoro non si pone comunque come una conclusione, ma come una possibile base da cui proseguire.» (p. 226). Vorrei rilevare questa dichiarazione come sintomatica della serietà e coscienza scientifica di cui è permeata la ricerca condotta dalla B.

Il lavoro è basato su un'ampia bibliografia rappresentativa della linguistica pragmatica in genere e degli studi sull'italiano parlato. Per quanto riguarda la discussione sul concetto di parlato, ci si può meravigliare dell'assenza di cenni o pareri ai contributi tedeschi su questo argomento di Ludwig Soli, e di Peter Koch e Wulf Oesterreicher (Gesprochene Sprache in der Romania: Franzosisch, Italienisch, Spanisch, Tübingen, 1990).

Oltre al suo corpus di riferimento personale, che comprende conversazioni familiari, trasmissioni televisive e radiofoniche, interazioni scolastiche di vario tipo e lezioni universitarie, la B si è anche servita dell'ampio corpus ormai accessibile del LIP (De Mauro, T. et al., Lessico di frequenza dell'italiano parlato, Milano, 1993), e di quello del progetto PIXI ('thè Pragmatics of Italian/English Cross-Cultural Interaction') pubblicato da L. Gavioli e G. Mansfield (The PIXI corpora, Bologna, 1990) che risulta utile anche per osservazioni di tipo socioculturale. Infatti, molti dei fenomeni dell'italiano parlato descritti dalla B meriterebbero un esame di tipo «cross-cultural».

La strutturazione del lavoro è chiara e equilibrata, e l'interpretazione dei dati, basata sull'approccio multidimensionale e condotta con sicurezza, porta spesso a risultati stimolanti per ulteriori ricerche, tra l'altro, come già detto, in prospettiva contrastiva. A proposito della strutturazione della seconda parte, va notato che al lettore impreparato gli Aspetti specifici potrebbero sembrare «aspetti sparsi». I vari argomenti trattati in questi capitoli comprendono fenomeni linguistici, all'apparenza impari, che vanno da forme grammaticali e costrutti sintattici di livello frasale a fenomeni di livello del discorso, mentre nell'esposizione sono accomunati dall'esame in prospettiva testuale e interazionale. Forse sarebbe stato possibile rendere più espliciti i tratti comuni. Penso p. es. alla possibilità di accostare il fenomeno di 'priming1 (adoperato a proposito di alcuni casi del futuro, p. 115-16) a quello di ripetizione, o a rilevare l'uso dell'interruzione come segnale discorsivo ecc.

Side 139

Ho già notato l'importanza attribuita dalla B alla tipologia dei generi per l'interpretazione dei dati, un punto di vista che condivido pienamente. Purtroppo, la B non affronta un esame di questa problematica: «Un'altra questione, ampiamente dibattuta, rilevante per il confronto scritto/parlato, e che possiamo qui solo accennare, è la tipologia dei generi» (p. 32). I risultati dell'indagine della B sembrano indicare la rilevanza di una ripresa di questa problematica in futuro.

Per l'analisi dei dettagli non mi convince completamente la categorizzazione degli ess. (8) e (9) alla p. 131 ((8) «sono medici (-) insegnanti (-) professionisti che hanno sulle spalle un morto e delle illusioni» (9) «era lui stesso un caro ragazzo che in quartiere si dava da fare») come casi di frasi scisse.

L'esposizione della B si presenta in uno stile chiaro e preciso. Ho notato con ammirazione che CB, a differenza di molti altri autori di lavori sulla pragmatica linguistica, si serve di una terminologia che contiene solo un minimo di anglicismi, fatto di cui ci si può rendere conto consultando Vindice analitico (p. 253-69), del resto ben fatto e assai utile per la lettura del testo. L'ampiezza dell'apparato di note nonché la rilevanza delle informazioni contenutevi, invece, qualche volta rende difficile una lettura coerente. Una parziale integrazione nel testo forse sarebbe stata da preferire.

La ricerca di caria uazzaneiìa costituisce una lappa notevole negli sludi sull'italiano parlato. Essa dimostra riccamente la proficuità dell'indagine empirica applicata al parlato. Nell'affrontare uno studio basato su dati reali, la B ha sentito il bisogno di intavolare una discussione metodologica, in cui rileva la necessità di esaminare i fenomeni linguistici secondo parametri differenti in un approccio multidimensionale. È questa un'esigenza sentita da vari linguisti oggi, da cui la varietà e l'uso della lingua sono fatti oggetto di studio in grado crescente. Non potrei fare a meno di ricordare, in questo contesto, un altro contributo italiano, impegnato, alle riflessioni metodologiche e epistemologiche nate dal riconoscimento della lingua come un oggetto di studio variabile, e cioè l'articolo di Maggi Rombi Variabilità e regolarità nella lingua, Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia, Università di Siena, Voi. XIV, 1993, p. 263-89, in cui si ricorre al paragone dello studio della lingua con quello delle strutture dissipative.

La B, nell'adoperare l'approccio multidimensionale e la categorizzazione scalare (procedimento che spesso, seppure inevitabilmente negli studi pragmatici, comporta un tratto di vaghezza e imprecisione, col rischio di diventare una comoda «via di scampo») dimostra un saggio equilibrio: «tenendosi in una posizione intermedia tra due possibili rischi: l'ipersemplificazione e la distinzione eccessiva» (p. 177).

Università ài Copenaghen