Revue Romane, Bind 29 (1994) 2

Gérard Genot: La grammaire de l'italien. 'Que sais-je?' , Presses Universitaires de France, Paris, 1994. 127 p.

Gunver Skytte

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La presente «grammatichetta» di Gérard Genot non è, come si potrebbe credere, una
riedizione della (ìrammaire de l'italien dello stesso autore del 1973, ma è un'esposizione
del tutto rielaborata del sistema grammaticale dell'italiano.

Mentre G. G. ne\Vlntroduction al lavoro del "73 si era posto le domande: L'italien existe-t-il? e Peui-on écrire une grammaire'.'' , è significativo del presente libro che il capitolo introduttivo porta tout court il titolo L'ltalie, les Italiens, l'italien e che il titolo del libro appare con l'articolo determinativo: La grammaire de l'italien.

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Sebbene l'autore stesso non sembri mettere in discussione il concetto di grammatica, mi pare tuttavia necessario per una presentazione del suo lavoro rendere conto dei principi su cui esso si basa, anche per poterlo collocare nel quadro ormai svariato delle grammatiche italiane esistenti. La grammatica del '73 era di impostazione generativotrasformazionale. Con un grado marcatamente diminuito di formalizzazione, la presente edizione mira ancora a dare una descrizione del sistema dell'italiano da un punto di vista tipologico. Questa prospettiva implica la possibilità di comparazione col sistema del francese (e l'autore vi ricorre in casi particolari) nonché di riferimenti allo sviluppo storico dal latino all'italiano.

Nel capitolo introduttivo L'ltalie, les Italiens, l'italien (p. 5-10), G. G. rende conto della posizione tipologica e storica dell'italiano nonché della suddivisione dei dialetti dell'ltalia. Mentre il primo capitolo Les éléments matériels (p. 11-22) comprende un rapido panorama del sistema fonetico, fonologico e grafico, nei seguenti cinque capitoli vengono presentate le varie unità di cui è composta la frase, a partire dalla «phrase simple» («une structure syntaxique qui ne comprend qu'une unité morphologique de la classe verbe, ou encore, que des unités de la classe nom dans les fonctions directement dépendantes de l'unité verbe», p. 24), che è trattata nel secondo capitolo La phrase (p. 23-45), seguito da Le syntagme verbal (p. 46-73), Le déterminant (p. 74-82), Le groupe nominal (p. 83-106), Les éléments de relation (p. 107-124). Nella breve bibliografia (p. 125) notiamo tra l'altro Lepschy (A. et G.), La lingua italiana, Milano, Bompiani, 1981, Renzi, L. (éd.), Grande grammatica italiana di consultazione, voi. 1, Bologna, II Mulino, 1988, e dello stesso G. G. Structures de base de l'italien. Dictionnaire syntaxique des verbes, La Garenne-Colombes, Ed. Européennes Erasme, 1990. lavori che in modo particolare hanno fornito elementi essenziali alla nuova grammatica di G. (ì.

Cappono del lavoro di (ì. G. è in via preponderante di carattere teorico, e consiste soprattutto nel modo strutturalistico di categorizzazione delle forme linguistiche. Interessante da questo punto di vista è l'esposizione dei Marquages catégoriels du verbe en italien (p. 48-51), tra i quali notiamo L'opposition assenélconjecturel: «Citalien fait une distinction entre ce qui est assené, considéré comme certain ou réel, et conjectural, c'est-à-dire toutes les autres modalités (éventuel, hypothétique, irréel, jussif, mais aussi, dans une certaine mesure, négatif). lin tenant compte des contraintes textuelles possibles, l'indicatif couvre la catégorie de l'asserté, et le subjonctif celle du conjectural.» (p. 49). Il condizionale, per il suo doppio uso temporale e modale, si trova, secondo Ci. G., al punto di contatto tra «asserté et conjectural».

Degno di nota, e di ulteriore chiarimento (ma, beninteso, entro i limiti dell'edizione, tale approfondimento resta escluso) è l'inventario dei verbi modali, sottocategoria semantica («verbes contenant une notion de modalité», p. 63), che oltre ai tradizionali verbi modali, comprende anche i verbi credere e desiderare (e forse ancora altri? ?).

Contrariamente al parere della maggioranza degli italianisti, G. G. sembra sostenere
la possibilità di flessione di genere dei nomi {«Les noms à quatre formes -o, -i; -a,
-e» (tipo 'maestro'), p. 86).

Lintercsse preponderante per il sistema linguistico in qualche caso porta l'autore a citare o riferire fenomeni che normalmente non verrebbero trattati in una grammaticadi tale formato, come p. es. la forma verbale del trapassato remoto (p. 57 e 59: ebbi dovuto), senza commenti sul suo uso limitato. Nel caso dell'ausiliare del verbo modale,costruito

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dale,costruitocon infinito, è menzionata soltanto la possibilità di essere con infinito di verbi che isolatamente si costruiscono con questo ausiliare (p. 51: sono dovuto, sono potuto scendere), casi in cui l'uso di avere è altrettanto esteso. Anzi, se si fosse trattato di una grammatica didattica per stranieri, questa possibilità sarebbe stata senz'altro raccomandabile.

Stupisce, invece, in considera/Rine del detto interesse per il sistema, che l'autore, parlando della «double acception active/passive» degli aggettivi (p. 91), non abbia menzionato costrutti infinitivi, in cui la scelta dell'introduttore a o da indica l'uso attivo o passivo dell'aggettivo: // cuoco è buono a preparare il cibo I il cibo è buona da mangare. In genere (ì. G. presta molta attenzione alle possibilità di costruzioni con l'infinito.

Per concludere vorrei rilevare che leggendo il lavoro di (}. (ì., mi ha colpito soprattutto, oltre alla stimolante originalità teorica, la chiarezza di esposizione con cui l'autore ci offre una visione coerente del sistema grammaticale dell'italiano in un numero di pagine assai limitato rispetto alla vastità dell'argomento.

Università di Copenaghen