Revue Romane, Bind 23 (1988) 2

Harro Stammerjohann (éd.): Tema-Rema in Italiano. Theme-Rheme in Italian. Thema-Rhema im Italienischen. Symposium, Frankfurt am Main, 26/27-4-1985. Gunter Narr, Tübingen, 1986. IX + 288p.

Gunver Skytte

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L'idea centrale di questo simposio, secondo l'organizzatore, Harro Stammerjohann, è stata
di coordinare gli approcci della teoria tema-rema all'italiano. È questo un motivo assai meritevole,
e l'apparizione degli atti permette ora a un pubblico più ampio di farne il bilancio.

Degna di riflessione è l'osservazione introduttiva della prefazione di H. Stammerjohann: "Per quanto la teoria della prospettiva funzionale della frase, originariamente la supposizionedi un'articolazione tema/rema a livello della frase, non sia affatto nuova, essa comincia solo adesso a mostrare la sua produttività." (p. VII). Questa osservazione ci porta a ricordare, da una parte, il processo di trasmissione dei risultati di ricerca in regole grammaticali, a scopodidattico, processo spesso troppo lungo, e dall'altra parte, la questione della fondatezza e dell'applicabilità della teoria tema-rema. In prospettiva storica, tale teoria risale alla psicologialinguistica della fine deU'Boo, che introdusse (soprattutto grazie al lavoro di Georg v. d. Gabelentz e di Hermann Paul) la distinzione tra soggetto/predicato grammaticale e soggetto/ predicato psicologico. La concezione funzionale subentra alcuni decenni più tardi con Vilem Mathesius e la scuola di Praga. Fin dall'inizio, la questione della definizione è fonte di vivaci discussioni: pare ci siano tante definizioni quanti sono gli esperti in campo. Questa confusioneconcettuale è già stata osservata con acutezza da Otto Jespersen in The Philosophy of Grammar, London, 1924, in cui egli passa in rassegna ben 11 definizioni del soggetto/predicatopsicologico o logico, per concludere così: "It is much better to retain thè traditional terms. butto restrict them to domains where everybody knows what they import, i. e. to use subject and predicate exclusively in thè sensé of grammatical subject and predicate, and to discountenance any proposais to attach to these words thè adjuncts 'logicai' and psychological'."(p. Ciononostante, in questo e in altri lavori di Jespersen si trova una ricchezzadi

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zadiacute osservazioni riguardanti la struttura informativa dell'enunciato, utili anche al linguistadi oggi. La molteplicità, o confusione, di definizioni, certo, non è diminuita oggi. Per una introduzione alla teoria tema-rema rimando a Luise Lutz, Zum Thema 'Thema'. EinfUhrungin die Thema-Rhema-Theorie. Hamburg, 1981, e in danese, Lise-Lotte Hjulmand, Temalßema-begreberne med scerligt henblikpâPrager-skolen, "Den tyskeSkole"og Halliday. ARK 18, Handelshojskolen i Kobenhavn, 1983.

Oggi, in genere, per tema-rema s'intende un concetto relativo alla funzione comunicativa del discorso. Prescindendo dalla definizione secondo la quale il tema rappresenterebbe il dato, e il rema il nuovo, concezione che ormai è abbandonata quasi da tutti, è possibile riassumere le varie definizioni in tre gruppi principali:

1. tema - punto di partenza per lo sviluppo del discorso, ciô su cui verte la predicazione
(= rema), v. p. es. Tarticolo di Laura Vanelli, p. 270;

2. tema = informazione condivisa da parlante e ascoltatore, attivata; rema - informazione
destinata a aumentare il fondo comune. V. p. es. l'articolo di Christoph
Schwarze, p. 142;

3. tema e rema: valori reiativi respetto al grado di dinamismo comunicativo (Firbas),
definizione che sta alla base di vari articoli, cfr. p. es. quello di Rosanna Sornicola,
p. 121.

La maggioranza dei relatori aderisce ad una di queste definizioni, o, comunque, a definizioni ad esse molto simili. Nonostante questo largo margine, rimane discutibile la pertinenza al tema centrale di alcuni relatori, le cui comunicazioni si riferiscono al tema come concetto grammaticale nel senso chomskiano. L'ambiguità del tema, infatti, dovrebbe essere stata annullata col titolo del simposio, dove figura in combinazione con -rema: abbiamo un caso di 'feedback'l o determinazione del tema attraverso il rema 'Rema', fenomeno trattato nella relazione di Maria-Elisabeth Conte, su cui torneremo tra breve. In combinazione con 'Rema', tema designa univocamente un concetto relativo ni discorso.

Il primo articolo del volume è quello di Gunter Holtus (Mainz), Ordine delle parole, messa in rilievo e segmentazione nella grammaticografia italiana (p. 1-14). Partendo dal dibattito corrente sul posto che spetta all'italiano parlato rispetto alla grammatica, Holtus indica come argomenti centrali di tale dibattito i fenomeni di dislocazione e segmentazione. Nel fare un esame critico della grammaticografia italiana, Holtus addita "la mancanza di una esauriente descrizione dell'uso linguistico contemporaneo che tenga conto delle varietà sociolinguistiche e regionali e che non trascuri la collocazione situativa delle strutture linguistiche." (p. 11). Il tema specifico del simposio, dunque, è servito a Holtus come spunto per arrivare ad un argomento di ordine superiore, assai degno di attenzione, e cioè, a una problematizzazione del concetto di grammatica nella tradizione italiana (si confrontino i contributi di P. Swiggers nel campo del francese, p. es. Revue Romane, 22, 1, 1987, p. 104-112).

Ben sei delle comunicazioni trattano problemi riguardanti la relazione tra soggetto sintatticoe tema. Benché essi rappresentino impostazioni metodologiche assai divergenti tra di loro, il risultato totale, però, aggiunge molti nuovi dettagli al grande mosaico costituito da questa problematica. Ulrich Wandruszka (München), Tema e soggetto in italiano (p. 15-24), basa il suo lavoro su una variante della teoria DC (dinamismo comunicativo), secondo la quale il tema è considerato di natura graduabile. Non solo ci sono enunciati con o senza tema, ma c'è anche "da tener conto di una transizione continua fra questi due poli." (p. 12). Partendo dalla situazione non-marcata in cui il soggetto funge da topic non-marcato del verbo, oppure, con i verbi monovalenti, dove il soggetto, in posizione postverbale non-marcata, normalmente

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è rematico (p. es. è nato un bimbo), Wandruszka discute il valore comunicativo di tipi deviantida questa struttura. Tra questi tipi sono soprattutto frequentile "frasi di presentazione rovesciate", come p. es.: Rappresentanti dei molti poli di crisi dell'industria italiana confluirannola prossima settimana a Roma (p. 18). Secondo l'interpretazione di Wandruszka, il soggetto, spostato rispetto alla posizione finale non-marcata, non viene perciò iemalizzato: rimane, anzi, "il costituente col massimo valore comunicativo" (ibid.), mentre il complesso predicativo viene focalizzato. Abbiamo, cioè, un enunciato che non è "nettamente orientato verso un centro comunicativo [= 'tema']." (ibid.). Interessanti sono gli esempi riportati da Wandruszka con avverbiali preposti (A V S o A S V), in cui questi fungono da tema: "II fattoredeterminante in questa situazione è ugualmente di natura graduabile, in modo tale che un'unità informativa funga tanto più da tema di un enunciato, quanto più il suo denotato è descritto e caratterizzato sotto un certo aspetto dal resto della frase..." (p. 22). P. es.: Nella stanza fa caldo e c'è odore. Oppure si può parlare di un tema complesso: ...aßeggio Calabria le cose procedono male, in cui il tema potrebbe essere rappresentato dal gruppo nominale complesso le cose di Reggio Calabria.

Le relazioni di Andrea Calabrese (Massachusetts), Some Properties of thè Italian Pronominai System. An Analysis Based on thè Notion ofThema as Subject of Prédication (p. 25-36), di Giampaolo Salvi (Budapest), Asimmetrie soggetto/tema in italiano (p. 37-53), partono tutt'e due dall'uso chomskiano del concetto di tema, come soggetto logico o psicologico' predicazione e appartenente al cosiddetto FL, livello di rappresentazione chiamato forma logica. Calabrese, che in vari lavori si è occupato del sistema pronominale italiano, espone un'ipotesi, abbastanza affascinante per la sua semplicità, sull'uso del pronome atono soggetto (= 0, il cosiddetto soggetto implicito) nonché sulla differenza tra la serie tonica e quella atona dei pronomi italiani. I principi proposti sono, in breve: 1) è atteso che un TEMA pronominale sia coreferente con un altro tema; 2) si usa un pronome tonico solo se il referente di questo pronome non è atteso. Questi principi sono esemplificati nella frase:


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Viene poi precisato che il principio vale solo per i pronomi soggetto. Nella seguente discussione sono state avanzate varie obiezioni e controesempi, che Calabrese, da parte sua, ha caratterizzato come irrilevanti. Basta, però, esaminare un testo autentico per rendersi conto della natura complicata del problema, che probabilmente non è del tutto risolto con i principi proposti da Calabrese. La semplicità apparente, certo, va vista in rapporto confuso degli esempi costruiti, i quali in molti sensi offrono grandi vantaggi, ma che per la loro uniformità e semplicità possono portare a delle conclusioni troppo semplificate. Si confrontino gli esempi riportati nell'ormai classico articolo di F. Antinucci e G. Cinque, Sull'ordine delle parole in italiano: l'emarginazione, in Atti del seminario sull'italiano parlato, Firenze, 1977 (p. 121-146). di questi esempi, o esempi ad essi ispirati, continuano a tornare sui lavori italiani di grammatica. Questo è p. es. il caso di una certa torta che è stata mangiata in diverse maniere, da diverse persone, al passivo o all'attivo. "La torta" appare anche nell'articolo di Salvi e in quello di Lonzi, in cui, però, si apprende (a proposito di frasi eventive) con un certo sollievo che: Noi è nascita la torta Scherzi a parte, ho voluto dire che i casi costruiti, in qualche caso, possono costituire un impedimento da non ignorare per soluzioni soddisfacenti di fenomeni complessi.

La relazione di Salvi esamina la questione del soggetto non espresso di diverse costruzioni

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non finite. Di solito, le grammatiche sostengono che il controllore è uguale al soggetto della frase matrice, il che, infatti, è il caso più frequente. Ma in qualche caso, il soggetto si rivela escluso come controllore, p. es. *Uscendo di casa, cadde Giovanni, e in altri casi il controllore è uguale a altri elementi della frase matrice, p. es. ¡Mangiando la pizza, gli¡ si è rotto un dente. Partendo dall'ipotesi che il controllore sia uguale non al soggetto della frase matrice, bensì al tema della predicazione (.nel senso chomskiano), Salvi descrive e interpreta una serie di casi che coprono vari aspetti della problematica. Si tratta di un'esposizione molto chiara, utile e informativa, la cui pertinenza all'argomento centrale, tuttavia, rimane discutibile.

Lidia Lonzi (Milano), Pertinenza della struttura Tema-Rema per l'analisi sintattica (p. 99-120) dal punto di vista della struttura tema-rema, l'ipotesi di Luigi Burzio (esposta nella sua famosa tesi per il dottorato, Intransitive Verbs and Italian Auxiliarles, MIT, Cambridge, Mass. 1981) sui verbi "ergativi" e l'uso regolare dell'ausiliare essere con essi. Secondo L. Lonzi, bisognerebbe spostare l'interesse dai verbi all'entità frase (agentiva o eventiva). La frase agentiva ha sempre un tema {La nave è affondata), mentre la frase eventiva ha un valore globalmente rematico (E affondata la nave).

Tra ie questioni grammaticali che con vantaggio vanno esaminate in rapporto alla struttura funzionale del discorso, si trovano i costrutti impersonali con si. Questi sono esaminati nella relazione di Stanisfaw Karolak (Cracovie), Struttura Tema-Rema e frasi impersonali in italiano (p. 85-97). Tema e rema sono considerati concetti del livello semantico, i quali, sul livello strutturale, sono rappresentati da espressioni tematiche e espressioni Tematiche. In qualche caso, però, il tema non è rappresentato in modo esplicito: è quanto succede nelle frasi impersonali, formate con il morfema "impersonale" si. Il morfema si serve a bloccare "nella struttura superficiale la posizione per l'espressione di argomento" (p. 90). L'interpretazione del tema non espresso allora si verifica attraverso il contesto e soprattutto attraverso i tratti selettivi semantici del verbo.

Basandosi su una scelta di testi toscani duecenteschi (il Milione, il Novellino e il Tristano Riccardiano), Laura Vanelli (Padova), Strutture tematiche in italiano antico (p. 249-273), tratta un punto su cui differisce l'ordine delle parole nell'italiano antico rispetto all'ordine normale dell'italiano odierno, e cioè, l'anteposizione rispetto al V di un costituente diverso dal S, costituente che può essere p. es. l'oggetto diretto, l'oggetto indiretto oppure un complemento, p. es. Tutto lo torniamento hae vinto lo cavaliere de le segne nere (Trist. Rice). L'indagine della Vanelli dimostra che "l'italiano antico ha una maggiore propensione a iemalizzare elementi diversi dal S" (p. 258). La posizione postverbale del S che ne consegue, non è, come in italiano moderno, "collegata alla posizione pragmatica di elemento Nuovo" (ibid.). Vengono inoltre discusse varie interpretazioni della struttura sintattica dell'italiano antico, rispetto all'italiano moderno e alle altre lingue romanze, senza che la studiosa prenda partito in modo definitivo. Si tratta di uno studio condotto con la solita chiarezza e serietà della Vanelli. Mentre l'ordine delle parole del francese antico è stato studiato in un'infinità di lavori, rimane ancora molto da fare per quanto riguarda l'italiano antico (nonostante contributi importanti, come p. es. quelli di Brambilla Ageno, Dardano, Renzi e Segre). C'è da augurarsi che in futuro seguiranno altri studi di Laura Vanelli sull'argomento, in cui trovi posto una scelta più ampia di testi.

Per gli studi futuri dell'italiano parlato, ossia delle varietà regionali dell'italiano, sarà senz'altro tra gli studi-modello il lungo elenco di studi pragmatici di Gaetano Berruto (Zurich)e di Monica Berretta (Bergamo). Nel presente volume, i due studiosi trattano vari aspettidella sintassi dei pronomi atoni: la relazione di Berruto s'intitola La dislocazione a destra

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in italiano (p. 55-70), mentre Berretta ha scelto come argomento Struttura informativa e sintassidei pronomi atoni: condizioni che favoriscono la 'risalita' (p. 71-83). I due principi comunisu cui si basano questi lavori, cioè, l'approccio pragmatico e l'indagine empirica (Berrutoe Berretta si riferiscono a un corpus costituito soprattutto da registrazioni trascritte di italiano parlato-popolare), si rivelano assai fruttuosi rispetto al particolare oggetto di studio. Nella relazione di Berruto si distinguono due tipi di dislocazione a destra, quello antitopico: le mangio le mele e quello di "ripensamento":le mangio, le mele. L'esposizione della Berretta tratta la relazione fra struttura informativa e 'risalita', ossia 'climbing', dei pronomi atoni nei complessi verbali costituiti da verbo modale + infinito. La conclusione della Berretta è moltorealistica, in quanto rileva l'assenza di regole categoriche. Si tratta piuttosto di tendenze, e "negli esempi concreti queste tendenze si incrociano e sovrappongono in modo inestricabile..."(p. 79). Il corpus di Berruto e Berretta è di origine prevalentemente settentrionale, fattore che bisogna prendere in considerazione, come osserva giustamente Monica Berretta. In futuri studi sulla sintassi dei pronomi atoni sarebbe interessante considerare le differenze regionali.

Merita attenzione lo studio di Rosanna Sornicola (Potenza), Costituenza, dipendenza e la struttura tema-rema in italiano (p. 121-139). Partendo dal concetto firbasiano di DC, la studiosa discute l'adeguatezza di rappresentare la partizione tema-rema secondo il modello a struttura in costituenti della grammatica generativa, da una parte, e dall'altra quello a struttura delle dipendenze (tipo Tesnière). Per il suo carattere lineare, il primo modello permette di stabilire un parziale isomorfismo tra rappresentazione sintattica e rappresentazione pragmatica, pur con certe difficoltà comportate dalla configurazione SV. Il carattere non-lineare del modello della dipendenza, invece, offre altri vantaggi, in quanto sembra che i nodi dell'albero di rappresentazione coincidano con i valori principali di DC (tema-elemento transizionale-rema). Ricco di spunti, l'articolo di Sornicola accenna tra l'altro al valore dei tests per determinare il DC: "Non ritengo ... che nell'impostazione di questi problemi vada assolutizzato il valore di metodi operazionali, come i tests, per la determinazione del DC. È nota la parzialità, e a volte persino contraddittorietà, di risultati a cui danno luogo i tests sintattici, ed anche i tests per la partizione DATO/ NUOVO non sono esenti da problemi." (p. 122).

Il test, appunto, forma l'argomento principale dell'articolo di JGrgen Rolshoven (Koln), Test per la dinamica comunicativa (p. 169-180). Rolshoven, partendo da una critica del test di domanda, cerca di analizzare quale sia la ragione degli svantaggi dimostrati, per analizzare poi altre possibilità di test sulla differenza di DC.

Christoph Schwarze (Konstanz), nel suo articolo Tema e rema nella frase complessa (p. 141-155) sottolinea il fatto che la discussione intorno alla prospettiva funzionale della frase si è sempre svolta intorno alla frase semplice, per cui gli sembra necessario aprire il dibattito sulla prospettiva funzionale della frase complessa (una frase, cioè, che contiene costituenti coordinati e/o frasi incassate). A questo fine, egli esamina vari segnali tematici e rematici della frase complessa. Tra i segnali lessicali vengono additate certe congiunzioni: poiché, siccome,per quanto, che sono tutti tematici, mentre perché e che sono rematici. Sono interessantile conclusioni intorno ai fatti prosodici: "L'accento principale funziona nella frase complessaesattamente come nella frase semplice. Diventa però meno operante più la frase globale diventa lunga." (p. 148) F più tardi: "... i fatti prosodici si spiegano, non secondo il criterio strutturale della complessità, ma secondo il criterio, puramente quantitativo, della lunghezza della frase." (p. 154). Come elemento limitativo della fondatezza delle sue ricerche, Schwarzeadduce di aver ottenuto i dati prosodici facendo recitare testi della lingua scritta; non si

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tratterebbe quindi di produzione spontanea, dato che la frase complessa, come osserva lo stesso Schwarze, è un fenomeno tipico della lingua scritta. Ma non converrebbe, forse, partire proprio da questo punto (prospettiva funzionale della lingua scritta versus prospettiva funzionaledella lingua parlata) ?

Mentre Schwarze esamina tra vari tipi di segnali tematici e rematici anche quelli prosodici, la relazione di Donatella Agozzino (Napoli) Suppletivismo dell'intonazione e struttura informativa (p. 157-167) è dedicata interamente al rapporto intonazione-informazione. Il concetto di suppletivismo copre "i casi in cui l'intonazione sembra convogliare delle unità informative che mancano nella realizzazione superficiale del testo" (p. 157). 11 fenomeno di suppletivismo viene esaminato in relazione alle interrogative retoriche. In base a questa analisi (che, secondo le informazioni di D. Agozzino, rappresenta una ricerca in fieri), la studiosa conclude che sussiste un rapporto tra intonazione suppletiva e modalità.

Due relazioni hanno per argomento l'aggettivo. Marina Cecchini (Napoli) nella relazione Andamento informativo di alcune costruzioni attributive del linguaggio giornalistico (p. 197-207) una classificazione degli aggettivi in due gruppi principali, valutativi e referenziali-restrittivi. In base a tale classificazione sarebbe possibile descrivere in modo più preciso il "quantum" informativo veicolato dagli aggettivi secondo la loro funzione espressiva o referenziale. Nagel Vincent (Cambridge) La posizione dell'aggettivo in italiano (p. 181-195) ha contribuito al simposio con una bella comunicazione sulla posizione dell'aggettivo. Con chiarezza di idee e di esposizione, egli propone un principio generale per interpretare la posizione pre-o postnominale dell'aggettivo. Partendo dall'interpretazione linguistica della grammatica di Montague (nella versione di M. E. A. Siegel), Vincent combina questi principi generali con le teorie di Bolinger sugli usi aggettivali: 'referent-modifying^ (l'aggettivo esprime una proprietà della persona o dell'oggetto a cui il nome si riferisce) e 'reference-modifying'' (l'aggettivo modifica e limita il modo in cui il nome si riferisce al suo denotato). Volgendosi alla problematica della struttura informativa, Vincent adopera due possibili rappresentazioni del SN, secondo la posizione dell'aggettivo:

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in cui 1) rappresenta il caso dell'aggettivo posposto, e quindi 'referent-modifying', come p. es. 'una poltrona vecchia' (- 'una poltrona che è vecchia', "la quale coinvolge la possibilità dell'espressione negativa corrispondente 'una poltrona che non è vecchia'." (p. 189); 2) rappresenta il caso dell'aggettivo preposto, cioè 'reference-modifying', come p. es. 'una vecchia poltrona. In questo caso: "... produrremo una rappresentazione semantica 'vecchia-poltrona', cioè un predicato composto che non implicherà il contrario *'non-vecchia-poltrona\" (p. 189). La struttura informativa di rispettivamente 1) e 2) viene confrontata con quella della frase presentativa rispetto alla frase predicativa. Le grammatiche tradizionali molto spesso trattano la problematica in questione esclusivamente secondo la semantica dell'aggettivo. È perciò importante tener conto di quanto ribadito da Vincent: "Un aggettivo...denota una proprietà, e per capire il suo uso in una determinata situazione bisogna esaminare l'interazione di tre fattori: semantica dell'aggettivo, semantica del nome e semantica della posizione (pre- o postnominale)." (p. 190). La trasmissione in regole didattiche dei principi esposti da Vincent non dovrebbe essere tanto difficile.

Sorin Stati (Bologna) presenta nella sua relazione Capacità referenziale e valore informativoun

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tivounargomento che concerne la lessicologia testuale, disciplina di cui egli si occupa da anni (cfr. p. es. Sorin Stati, // significato delle parole in una prospettiva testuale, Lingua e Stile, XIX, 1, 1984, p. 117-133). Nella presente relazione viene analizzata la capacità referenzialedi sostantivi concreti, cioè la proprietà di consentire al mittente del messaggio di designareoggetti particolari presenti nella situazione dell'enunciazione oppure in situazioni che il destinatario ha conosciuto e può immaginare. Tra i vari casi discussi, ci limitiamo qui a menzionare quello della ripresa di un oggetto di riferimento attuata mediante una nuova denominazione.Sono possibili, secondo Stati, tre interpretazioni: 1) informazione nuova; 2) espediente stilistico (per evitare ripetizione); 3) precisare una proprietà che il parlante ritiene significativa per il discorso successivo. Mario è un interprete ideale di "Attila". L'opera di Verdi ha conosciuto quest'anno un notevole successo dipubblico è ambiguo rispetto a 1) e 2) (e vi può intercorrere anche la strategia comunicativa; presupponendo che il destinatario non sappia che 1' "Attila" sia un'opera di Verdi, la costruzione può servire a "salvar la faccia del ricevente"). Per 3), Stati cita l'es. Ho pensato di aiutare Luigi, visto che il disgraziato sembravacondannato al suicidio.

Imparentato coll'argomento trattato da Stati è quello di Maria-Elisabeth Conte (Pavia) Determinazione del tema (p. 217-226), comunicazione che eccelle per la chiarezza e la semplicità del messaggio (è normale, stranamente, che i relatori sopravvalutino il possibile "quantum" informativo da trasmettere durante i venti minuti assegnati loro, pur trattandosi di esperti della comunicazione!). La relazione della Conte mira a problematizzare il rapporto tra tema e rema nel processo testuale. Viene rilevata la capacità del rema di retroagire sul tema, determinandolo. Tale retroazione (o 'feedback'), naturalmente, va considerata dal punto di vista del ricevente, e mette così in evidenza che l'elaborazione dell'informazione da parte del ricevente non avviene solo linearmente. P. es. all'enunciato Già nel 1978 l'università aveva iniziato a costruire il palazzo delle facoltà umanistiche può seguire un enunciato che comincia con La costruzione ... Il sostantivo costruzione però è ambiguo e il senso preciso (nomen actionis oppure nome concreto) viene indicato solo in base alla parte rematica, che può essere o 1) ... è tuttora in corso; o 2) ... è stata danneggiata dal recente terremoto.

Wolfgang Schweickard (Mainz), Formen und Funktionen der "anteposizione del tema discorsivo". Untersuchungen zur Textorganisation am Beispielder cronaca calcistica (p. 227-248), le caratteristiche della struttura tematica della cronaca calcistica con particolare riguardo all'anteposizione del tema discorsivo. La relazione è seguita da una ampia bibliografia sul linguaggio della cronaca sportiva nonché del giornalismo in genere.

Il volume si chiude con un interessante articolo di Michael Metzeltin (Paderborn), Tema, rema, tematica, strategie testuali e dinamismo comunicativo (p. 275-288). Metzeltin, confrontando le varie definizioni del concetto tema rispettivamente nella critica letteraria e nella linguistica, si propone di mettere in rapporto le due concezioni. A questo fine viene analizzata la prima scena del primo atto de / Rusteghi di Goldoni. Senza entrare in dettaglio, vorrei rilevare come tratto interessante dello studio di Metzeltin la proposta (basata solidamente sull'analisi presentata) di definire il tema (e il rema) non come unità di frase, bensì come unità di testo. La funzione della frase nella prospettiva funzionale, invece, secondo Metzeltin, è quello di "indicare l'inizio, la continuazione o la fine di un atto comunicativo, per fornire delle informazioni non ancora date o per elaborare (anticipare, confermare, spiegare, specificare, mettere in rilievo ecc.) delle informazioni già date." (p. 282). È indubbiamente un difetto della maggioranza della letteratura sul concetto tema-rema di considerare come punto di partenza esclusivamente la frase, e non invece il testo.

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Se vogliamo fare il bilancio dell'insieme del simposio, bisogna dire che non ci sono contributi che diano una svolta definitiva alle ricerche intorno alla problematica tema-rema. Vanno tuttavia ricordate relazioni che contengono elementi interessanti su un livello generale, come p. es. quelle di Sornicola, Schwarze, Conte e Metzeltin. La variegata ricchezza di definizioni, però, non mi porterebbe a ripetere la conclusione di Jespersen (conclusione che certo è condivisa da molti linguisti oggi). Anzi, trovo che molti dei risultati qui presentati confermino l'importanza di ulteriori ricerche. Mi pare molto giusto il parere espresso dalla Sornicola: ammettendo la complessità del concetto tema-rema, essa osserva: "In un certo senso ciò equivale ad ammettere che si è in una fase iniziale delle indagini su questo problema, per cui certi obiettivi sono per il momento fuori tiro, anche se non sono irraggiungibili." (p. 122). Per quanto riguarda i sottoargomenti trattati, essi coprono una larga gamma di argomenti pertinenti. Vorrei tuttavia rilevare la preponderante tendenza a basare le indagini esclusivamente sulla frase. In futuro sarebbe augurabile che si potessero estendere gli studi alle varietà regionali e all'aspetto contrastivo. Altri fenomeni grammaticali, come p. es. l'aspetto, certo, meriterebbero di essere studiati anche dal punto di vista della struttura informativa. Tutto sommato, c'è da sperare che gli interessanti risultati del presente volume possano servire di sprone a ulteriori ricerche nel campo.

Copenaghen