Revue Romane, Bind 22 (1987) 2

La Prima assoluta di Questa sera si recita a soggetto a Kônigsberg

di

Steen Jansen

Come si sa, la Prima assoluta di Questa sera si recita a soggetto ha avutu luogo a Kònigsberg, nella Prussia orientale, il 25 gennaio 1930, in una messinscena di Hans Cari Müller. La Prima italiana, nella messinscena di Salvini, ebbe luogo a Torino in aprile, e quella berlinese, messa in scena di Hartung, nel maggio dello stesso anno. A Parigi sarà messo in scena da Pitoêff nel '35.

L'interesse di una ricerca sullo spettacolo di Kònigsberg potrebbe consistere nel dare un esempio particolare di come Pirandello sia stato "ricevuto" in Germania e nell'eventuale possibilità di "rivedere", con tale esempio, l'idea che ci si fa in genere della fortuna di Pirandello in Germania. Lo studio meglio informato a questo proposito è quello di Oscar Büdel. Però, allo spettacolo di Kònigsberg, egli fa soltanto un breve accenno per poi parlare più a lungo dello spettacolo di Hartung a Berlino, il cui clamoroso insuccesso non solo segnerebbe la "caduta" definitiva della moda pirandelliana in Germania, ma metterebbe anche, secondo alcuni critici già da tempo assai scettici nei confronti delle commedie di Pirandello, in una luce più giusta il trionfo dei Sei personaggi nella messinscena di Reinhardt - trionfo da attribuirsi più a questo che al testo di Pirandello: Herbert Ihering, "uno dei più insigni critici della Berlino d'allora, ritenne la gazzarra pienamente giustificata e giudicò la commedia un "non-senso confuso che si spacciava per profondità" " (BOdel, 107), ma scrisse anche "La moda pirandelliana in Germania non è mai stata genuina (...) Persino i Sei personaggi in cerca d'autore, malgrado l'insigne regia di Reinhardt e i suoi eminenti attori, non ebbero, all'inizio, nessun successo di pubblico; solo dopo un certo tempo, esso si è lasciato incantare..." (Rühle, 1018).

Nel leggere il breve passaggio di Büdel sulla Prima di Kònigsberg (citato sotto) — in cui appare un scetticismo circa la qualità della messinscena appena velato, e che poi si ritrova in altri studi - mi sembra che ci sia da chiedersi se tale giudizio sia dovuto a reali difetti della messinscena di Müller o se non piuttosto al poter difficilmente ammettere che la messinscena manifestamente scadente di Hartung fosse preceduta da una messinscena riuscita.

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Un problema maggiore però si presenta a chi voglia oggi fare una ricerca sulla messinscena di Hans Cari Müller, ed è che la città di Kônigsberg è andata quasi interamente distrutta alla fine della guerra; oggi essa è situata in Unione Sovietica, e purtroppo non è facile stabilire un contatto con l'attuale Kaliningrado. Alcuni archivi della città sono stati trasferiti in Germania Ovest, ma per quanto ne so io, non quelli dei teatri. Le carte private di Müller, che la signora Müller ha dato al Museo del Teatro di Monaco, sono oggi state spogliate, senza che nulla vi sì sia trovato sulla messinscena di Questa sera. Tali difficoltà non sembrano del resto limitate al caso di Kônigsberg, ma riguardano qualsiasi ricerca sul teatro tedesco di quegli anni, cf la nota di Büdel (115) e Scheel (324) che parla de "l'insufficienza del materiale a nostra disposizione per gli anni '20 e '30".

Parallelamente a questo problema, ce n'è un altro legato al fatto che non si hanno molte notizie precise sul soggiorno dello stesso Pirandello in Germania dal '28 in poi, e soprattutto sui suoi rapporti con personalità tedesche, e quindi manca una spiegazione soddisfacente del come mai egli si sia deciso a far rappresentare la sua commedia a Kônigsberg.

Detto questo, si può comunque tentare di registrare quanto si può raccogliere sulla situazione del nuovo teatro di Kônigsberg in quel momento al fine di abbozzare un'ipotesi sia su come la rappresentazione di Questa sera, a Kônigsberg, si collochi nella situazione più generale della vita teatrale in Germania, sia sul come il contatto si sia realizzato fra questo teatro e Pirandello.l

Kônigsberg era una città di provincia assai lontana da Berlino: geograficamente a quasi seicento chilometri, ma culturalmente ancora di più poiché Berlino si era acquistata una posizione ed una fama di città di teatro europea, tali da rendere ben meno note manifestazioni culturali se avvenute fuori di Berlino, fossero esse qualificanti o no. Scrive Büdel che Berlino "dai critici fu chiamata proprio... il "centro di trasbordo dell'Europa"" (99) e conclude "Berlino ci potrà servire benissimo, quindi, come specchio della scena tedesca del primo dopoguerra, e per una autentica seppure limitata immagine della fortuna di Pirandello in Germania"(100) (anche se aggiunge subito "non si dimentichi tuttavia che anche molti altri teatri della Germania di allora mostrarono di avere una iniziativa propria"e consacra, in seguito, una pagina al teatro di Francoforte sul Meno per dare "almeno un'idea della fortuna di Pirandello nella "provincia" teatrale tedesca di allora" (104)). Anche in occasione della Prima berlinese di Questa sera appare la concezione che i critici berlinesi hanno della situazione particolare di Berlino: così Hans Feld scrive, fra l'altro: "(Hartung) con "Kean" e "Luis Ferdinand" si era conquistato una provincia del Teatro; in poco tempo ha saputo farne un teatro di provincia. Ora si dia il tempo di pensarci sopra, lontano da Berlino" (in Film-

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Kurier (Berlino), 2.6. 1930) oppure Ihering: "Senza rispetto era la sua regia.
Senza rispetto per Berlino che chiede sempre che si faccia uno sforzo." (Rühle,
1019).

Davanti a questa predominanza, il nuovo teatro di Kônigsberg, benché avesse una buona riputazione, anche grazie ad un passato prestigioso legato al nome di Leopold Jessner che vi fu direttore-regista fino al '19, non poteva pretendere di avere un posto nell'opinione pubblica paragonabile a quello dei teatri berlinesi, ma neppure, situato come era nella lontana Europa orientale, a quello dei teatri di cui parla Büdel, di città situate nell'odierna Germania occidentale.2

Di questa situazione del teatro di Kônigsberg bisogna tener conto, quando si cerca, basandosi sul materiale oggi a nostra disposizione, di farsi una idea dell'importanza della Prima assoluta di Questa sera, di quella reale e di quella accordatale dal pubblico di allora. Infatti, l'impressione che ci lascia tale materiale, rimane assai ambigua.

Da un lato, c'è un numero del settimanale berlinese Charivari, del 19.2.30, sulla cui prima pagina c'è una presentazione molto vistosa ed impressionante dello spettacolo di Kônigsberg: le sei citazioni riportate provengono da tre giornali di Kônigsberg e da tre giornali berlinesi. Sulle pagine interne, c'è un mosaico più ampio che comprende quattordici citazioni, di lungezza varia, provenienti da giornali di tutta la Germania. Si ha quindi l'impressione che la Prima di Questa sera abbia suscitato un vasto intéressée sia stata accolta molto favorevolmente.

Ma quando si vedono le critiche dalle quali i brani citati su Charivari sono tratti, ci si accorge che sono solo in parte delle recensioni vere e proprie. Non è stato possibile ritrovare l'originale della citazione di Halle Nachrichten (una riga solo). Delle rimanenti tredici, cinque sono vere recensioni, e provengono tutte da giornali di Kônigsberg; le altre variano da critiche ben più brevi a semplici comunicazioni.

Su altri giornali e riviste, ho trovato tre critiche non riportate su Charivari :una firmata da Paula Steiner, da un giornale non identificato, e due firmate da Ludwig Goldstein dal Frankfurter Zeitung e dal Kolnischer Zeitung. Sugli altri, nove in tutto, non si parla della Prima di Questa sera; si tratta di Deutsche Allgemeine Zeitung, Hamburgischer Correspondent, Magdeburgische Zeitung, Neue Preussische Kreuz-Zeitung (secondo informazione dall'lnstitut fur Zeitungsforschung, Dortmund), Deutsche Rundschau, Vorwàrts, Abendblatt der Frankfurter Zeitung, Die Schaubühne e Das Theater.

Sui ventisei giornali che sino ad oggi è stato possibile esaminare, ce ne sono dunque diciassette che parlano della Prima di Kônigsberg. Ma su questi si può ancora notare qualche particolare. Quattro di queste critiche sono in realtà una sola recensione di uno stesso critico, Ludwig Goldstein, che appare con vari tagli

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in quattro giornali diversi; inoltre si nota che i due grandi giornali berlinesi, BerlìnerTageblatt e Berliner Bôrsen-Courier non hanno giudicato la Prima abbastanzaimportante per mandarvi i loro critici teatrali, Alfred Kerr e Herbert Ihering, ma pubblicano solo la comunicazione di Ludwig Goldstein; infine, se è vero, come scrive Pfeiffer-Belli nella sua lettera, che il "Dr. F." sia il critico Fechter,^ si pone il problema del perché la sua recensione sia apparsa solo sul giornale locale, Kdnigsberger Volkszeitung, e non sul giornale berlinese al quale collaborava abitualmente,Deutsche Allgemeine Zeitung.

L'impressione dell'ampiezza dell'interesse per la Prima di Questa sera che reca
la presentazione su Charivari viene dunque un po' ridimensionata.

A questo aggiungerei un altro fatto forse più significativo: sulla rivista menzionata sopra, Das Theater, che fu una rivista importante ma che non parla della Prima di Kônigsberg, si può invece leggere, nel volume del '30, due notizie su Questa sera (Das Theater, p 91 e p 153): prima una sulla nuova traduzione in tedesco in cui si afferma che la commedia ha avuto la sua Prima mondiale a Moscau dove "l'originale fantasia poetica incontrò grande simpatia", e più avanti un'altra sulla Prima berlinese dove se ne parla come di una Prima assoluta. Quindi già pochi mesi dopo la Prima di Kônigsberg, una rivista competente come Das Theater non se ne ricorda più.

Tale oblio contrasta con l'entusiasmo generale di cui da comunque impressione la presentazione su Charivari. Quest'ultima potrebbe allora essere una "costruzione" (e ne parlerò più avanti), e l'oblio invece "giustificato", dovuto al fatto che si trattasse in realtà di una messinscena di poco valore, accettabile solo in una città di provincia. Sembra essere questo il parere di Büdel quando scrive: "Questa sera si diede in prima assoluta al Neues Schauspielhaus di Kônigsberg sotto la regia di Hans Cari Müller con scenografia di Câsar Klein (sic) davanti ad un pubblico provinciale e bonaccione disposto a tolerare "anche questo scherzo". Non suscitò alcun incidente. A Berlino, le cose andarono altrimenti.." (Büdel 106).

Non so quale sia la base del giudizio di Büdel, ma in ogni caso non concorda né con la lettera di Pirandello a Salvini in cui descrive lo spettacolo allestito da Müller (pubblicata sulla Fiera letteraria, del 19.5. 1966 e sul Bollettino del Teatro stabile di Genova, del marzo 1972), né con le critiche qui esaminate, quasi tutte unanimi nelle loro valutazioni positive; e le recensioni vere e proprie non mi sembrano di una critica "provinciale e poco smaliziata" (come scrive Giudice a proposito del pubblico di Kônigsberg (Giudice, 501)); le si paragonino, per esempio, con le notizie, esse si, di orizzonte provinciale, sulla visita di Pirandello a Kônigsberg, c'è una netta differenza.

Viste le recensioni, mi risulta diffìcile credere che la messinscena di Müller sia

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stata una messinscena qualsiasi; piuttosto egli ha avuto la sfortuna di averla fatta lontana da Berlino; e Pirandello ebbe la sfortuna che Hartung, a Berlino, non fosse affatto all'altezza di Müller. E' infatti quanto dice il critico berlinese Hans Feld (ma lì, è vero, in disaccordo con i suoi colleghi Ihering e Sternaux, cf Rühle): "Grazie ad una regia notevolmente inferiore persino a quanto si è soliti vedere nella periferia "teatrale" della capitale, una commedia di Pirandello ha fatto fiasco.La stessa commedia ha avuto, sotto la regia del dottor F. Jessner (sic) al teatro di Kônigsberg, il successo che merita." (Hans Feld, Film-Kurier, cit.).

Se è così, la presentazione di Charivari sarebbe pienamente giustificata per quanto riguarda l'apprezzamento delle qualità della Prima di Questa sera; lo sarebbe un po' meno per quanto riguarda l'eco che vuoi far credere abbia suscitato. E' dunque quest'ultimo punto - il voler presentare la Prima a Kônigsberg come una manifestazione ritenuta importante a livello nazionale — che bisogna spiegare. La spiegazione credo stia nella situazione di Pirandello di quegli anni — e nello stesso tempo si spiegherebbe forse anche la scelta da parte sua del teatro di Kônigsberg per la Prima assoluta di Questa sera.

Dal '28, Pirandello vive a Berlino; alla fine del marzo del '29 termina lì Questa sera, e subito pensa alla rappresentazione come testimonia la lettera che scrive a Salvini il 10. 4. 29 (cf il Bollettino del teatro stabile di Genova sopracitato); ma le cose andranno in una maniera diversa.

Una parte delle difficoltà incontrate da Pirandello, sono dovute alla lite con il
suo traduttore, Hans Feist (cf Büdel, 106); ma ne trova presto un altro, Harry
Kahn, in modo che la traduzione venga pubblicata già entro la fine dell'anno.

Altre difficoltà però devono essere sorte per la stessa rappresentazione teatrale,
se, ancora quasi un anno dopo, la scelta del regista berlinese non è fatta, come
scrive nella lettera a Salvini del 2. 3. 30 (cf il Bollettino, cit.).

Quali siano state le ragioni di questa incertezza circa il regista per la rappresentazione berlinese, è difficile dirlo. Una ragione però potrebbe essere scartata con qualche probabilità, che lo stesso Reinhardt cioè abbia rifiutata una proposta a causa della critica, contenuta nella commedia, contro "gli eccessi della così detta Regie": in una lettera a Pirandello (che si trova nell'archivio del professor Alessandro D'Amico) del '34, dunque quattro anni dopo, egli dice infatti che solo adesso ha letto la dedica lusinghiera che Pirandello aveva messo in testa alla traduzione tedesca di Questa sera; non è dunque probabile che conosca il testo nel '30, né che abbia avuto contatti diretti con Pirandello in quel periodo.

Ma quali che siano state le cause delle discussioni prolungate, Pirandello ha deciso,
o accettato, di non aspettare più e di affidare il suo testo al teatro di Kônigsberg.

A metterlo in contatto con esso potrebbe essere stato Adolf Lantz con cui

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stava progettando un adattamento cinematografico dei Sei personaggi e che conoscevaabbastanza bene Hans Cari Müller per chiedergli di prenotare una camera in albergo per Pirandello all'occasione della sua visita a Kônigsberg.4 Ma potrebbeanche essere stato un risultato ottenuto dallo stesso Felix Bloch-Erben che, come risulta dalla lettera a Salvini sopracitata, si stava occupando di trovare un regista, Bloch-Erben oppure Fritz Wreede, che (come risulta da una lettera di Pirandello al figlio (nell'archivio di Alessandro D'Amico) e dalla testata di Charivari)diventa, dopo la morte di Bloch-Erben, rappresentante e proprietario della casa éditrice di Bloch-Erben. Wreede è anche menzionato nella lettera di Lantz à Müller come eventuale accompagnatore di Pirandello a Kônigsberg. In questo caso, ci sarebbe forse un legame fra la scelta di Kônigsberg e la presentazione su Charivari di cui Bloch-Erben era direttore.

Come nota Büdel, Pirandello incontrava delle difficoltà per far rappresentare i suoi testi non solo in Germania ma anche in Italia. Qui "l'impresa Za Bum si era proprio rifiutata di impegnarsi per la rappresentazione di Questa sera in Italia prima di constatarne l'esito all'estero." (Büdel,lo6)

Si è tentati allora di ipotizzare che invece di aspettare una decisione a Berlino, Pirandello — e Bloch-Erben — si sarebbero decisi per Kônigsberg, il che permetterebbe a Bloch-Erben di "organizzare" la presentazione della Prima che abbiamo visto sulle pagine di Charivari da mandare poi in Italia. E infatti è quello che farà Pirandello: "Le mando le prime due pagine di "Charivari" che portano alcuni giudizii della stampa tedesca. Dopo averne presa visione, mi farà il piacere di passarle a Enrico Picchi della Casa Mondadori ... perché se ne serva." (in un brano della lettera a Salvini del 2. 3. 30 non citato sul Bollettino del teatro stabile di Genova) — senza esito favorevole del resto come dimostrano le lettere seguenti a Salvini.

Prima di cercare di vedere cosa sia stata la Prima di Questa sera, vorrei fare un breve commento sull'insieme dei documenti che riguardano direttamente questo spettacolo e che sono a nostra disposizione oggi, per mostrare come essi si ripartiscano in tre gruppi, ossia tipi diversi di documentazione.

Il primo gruppo di documenti comprende le pagine della locandina in cui si informa della distribuzione delle parti e le fotografie di certe scene dello spettacolo.Li chiamerei documenti informativi, nel senso che danno informazioni dettagliate,precise e importanti, ma senza però rivelare il significato di tali dettagli; così è senz'altro importante sapere quale attrice abbia recitato la parte di Ignazia La Croce, ma questo non ci dice come ella abbia interpretato la parte. La stessa cosa si può dire a proposito della fotografia della scena iniziale: la scenografia di Kalbfuss si capisce, credo, molto meglio quando si è letta la recensione del Dr. F.

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che le dà un significato. Ci tornerò più avanti.

Dirò dunque che questi documenti informativi sono preziosissimi — sopratutto quando si fa uno studio comparativo di più messinscene diverse d'uno stesso testo: ma probabilmente non bastano da sole per darci una idea approfondita d'una data messinscena.

Gli altri documenti legati alla messinscena, propongo di distinguerli in due gruppi a seconda che provengano dalla parte "produttrice" dello spettacolo (autore, regista, attori, ecc.) o dalla parte "ricevente". La differenza che mi sembra qui opportuno di rilevare è che nel primo gruppo ci si trova davanti ad interpretazioni del testo, mentre nel secondo gruppo si tratta di interpretazioni dello spettacolo.

Se si cerca di giungere ad una idea il più possibile precisa di cosa sia stata una messinscena, è necessario tener presente una netta distinzione fra testo e spettacolo e quindi non confondere interpretazioni dell'uno e dell'altro. Un rapporto c'è, senz'altro, e bisogna discutere, più in teoria, come si possa concepire tale rapporto. Qui però vorrei limitarmi a dare qualche esempio al fine di concretizzare il perché della distinzione.

La notizia con cui Müller presenta la commedia di Pirandello nella locandina, è una interpretazione del testo dove egli espone anche le intenzioni che hanno guidato la sua messinscena, riassunte nella conclusione quando scrive che si tratta di "un gioco per il teatro, né più né meno. E per la nostra epoca... è già molto". E' utile sapere che Müller abbia voluto, e abbia pensato a insistere su quest'aspetto della commedia pirandelliana, ma risulta altrettanto chiaro dalle recensioni che la sua messinscena è stata ricevuta, vista, come uno spettacolo con dei significati ben più ampi di quanto lascia prevedere questa interpretazione.

L'interpretazione del regista Müller è dunque importante per una valutazione
complessiva della sua messinscena, ma senza il confronto con le recensioni, ne
avrebbe probabilmente dato una idea poco corretta.

Un altro esempio, un po' diverso, può ugualmente mettere in luce questa differenza
fra interpretazione del testo e interpretazione dello spettacolo: la critica
di H. W., su Berliner Borsen-Zeitung, pubblicata da ROhle.

C'è infatti da chiedersi se sia una recensione dello spettacolo oppure del testo: a guardarla più attentamente, non vi è niente che non si possa scrivere conoscendo solo il testo, niente cioè che presupponga una conoscenza diretta dello spettacolo.Una volta posta la domanda, il dubbio viene quasi "sostenuto" dal modo in cui egli scrive che fra gli effetti spettacolari "ecco il più grande: che addirittura il ridotto viene inserito nello spettacolo" senza notare che Müller sposta le scenettedell'intermezzo dal ridotto per farle svolgere in platea, come invece precisa Jerosch. E' vero che lo stesso Pirandello, nella lettera a Salvini del 10.3. 1930,

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descrive corne si vedono gli attori passeggiare nel ridotto attraverso le porte aperte prima che essi entrino nella sala per recitare le scenette, e che due altre critiche menzionano anche il ridotto (Gerigk, su Dresdner Anseiger, et Kühn, nella critica di Hannoverischer Kurier), ma lo fanno su un tono meno "forzato" che H.W.; del resto altri dettagli fanno sì che non si può dubitare che essi abbiano visto lo spettacolo. Infine si nota che H.W. è inoltre l'unico ad accennare alla dedica a Reinhardt che Pirandello mette in testa alla traduzione tedesca di Questa sera : tale dedica attira senz'altro più l'attenzione di chi abbia letto il testo senza, o prima di aver visto lo spettacolo che di chi abbia fatto l'inverso.

Se fosse vera quest'ipotesi, le interpretazioni e valutazioni espresse da H.W. rimanderebbero al testo di Pirandello e non alla messinscena di Müller. Può darsi che sia questa la ragione per cui egli, solo fra i critici presentati qui, veda nella commedia una apologià, non del regista (come Kühn) o degli attori (come Goldstein), ma dell'autore. Idea che forse non è sbagliata se si pensa al testo, ma che non corrisponde né alla maggior parte delle recensioni, né alle intenzioni espresse da Müller.

Un accenno va fatto alla lettera di Pirandello a Salvini del 30. 3. 30, poiché è fra le descrizioni più dettagliate, più precise e concrete dello spettacolo di Kônigsberg per cui si potrebbe essere tentati di prenderla come elemento di base di un'analisi della messinscena di Müller. Tuttavia, anche se Pirandello, scrivendo a Salvini, si mette nei panni d'un semplice spettatore, è poco probabile che egli possa percepire lo spettacolo — insieme interpretarlo e valutarlo — senza farlo a partire dalle intenzioni che erano le sue quando scrisse il testo, e quindi fare della messinscena una realizzazione più o meno "esatta" di queste sue intenzioni.

Ma la messinscena potrebbe essere molto di più, o di meno, o essere semplicemente altra cosa. E la lettera di Pirandello, infatti, mostra come egli, nello spettacolo, sia stato soprattutto coìto da un aspetto solo (importante, certo, per lui e nella messinscena di Müller, ma non il solo), dal "concorso" del pubblico cioè, e in modo tale da sottovalutare altri aspetti: soprattutto non parla quasi per niente della seconda metà dello spettacolo, e la "storia siciliana" sembra abbia suscitato poco il suo interesse. Con la sola lettera di Pirandello si rischia dunque di farsi una idea insufficiente della messinscena.

Con tutto quanto precede non s'intende affatto introdurre una gerarchla nel materiale. Anzi, tutti i documenti mi sembrano ugualmente importanti per una "ricostruzione" della messinscena di Müller. Ma bisogna precisare la diversa collocazione di questi documenti rispetto alla messinscena, ed inoltre indicare qui i limiti di quanto seguirà.

Il testo con cui ha lavorato Müller non è, ovviamente, quello italiano, ma la tra

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duzione di Harry Kahn; bisogna quindi mettere a confronto i due testi. Ne risultache la traduzione segue assai fedelmente il testo originale e dunque che eventualiparticolari della messinscena non sono, in genere, attribuibili a particolari nella traduzione.

Per di più, le poche divergenze che si possono rilevare hanno raramente delle conseguenze dirette sulla rappresentazione scenica; così, per esempio, quando il variare del testo italiano nella "presentazione" dello stesso personaggio fra "II primo attore" e "Verri", fra "La prima attrice" e "Mommina", fra "L'attrice caratterista" e "La signora Ignazia" ecc, viene tradotto in modo tale che dopo le prime scene — dove sono presentati come "Der Darsteller des Enrico Verri", "Die Darstellerin der Mommina" ecc. — i personaggi vengono quasi sempre e soltanto introdotti col nome delle loro parti siciliane: Verri, Mommina, Ignazia ecc. Questo variare dell'originale produce indubbiamente un effetto, alla lettura cioè, che invece sparisce nella lettura della traduzione; però non si può dire che esso sia molto importante, direttamente, per la messinscena.

L'unica differenza da notare infatti mi pare si trovi alla fine, nello scambio di battute fra il primo attore e Hinkfuss, dove la frase "deve finir per forza con una buffonata" è tradotta con "die Sache muss doch ein happy end haben", frase senz'altro meno stonante, in qualche modo più accettabile, nella atmosfera tragica creata dalla morte apparente di Mommina — ma anche contraria alle intenzioni di Pirandello tali quali egli le esprime nella lettera a Salvini del 30. 3. 1930.

E'senz'altro diffìcile cercare di individuare le caratteristiche di una messinscena avendo soltanto a disposizione delle recensioni, anche quando esse siano sostanzialmente d'accordo nel loro giudizio. Questa però è il più delle volte la situazione in cui si trova chi voglia studiare un dato spettacolo. Rimane quindi sempre un tentativo, e non si può sperare di mettere in luce altro che catteristiche generali o fondamentali.

Nel caso della Prima di Kônigsberg sembra che Müller sia riuscito in primo luogo a creare un equilibrio e un forte legame fra i due "piani", o le due "parti" dello spettacolo: da un lato la storia o il mondo siciliano, e dall'altro le vicende che il dott. Hinkfuss e i suoi attori attraversano nel loro universo. In secondo luogo, e proprio, sembra, grazie a quest'equilibrio, Müller riesce a coinvolgere il pubblico nella rappresentazione in una maniera direi "positiva" nel senso che gli spettatori accettano di interessarsi a ciò che vedono e sentono — sconcertante, imcomprensibile o no che sia. Tutta la recensione di Jerosch è imperniata su questa "ricezione complessa" formata di applausi e di rivolta.

Un segno evidente dell'equilibrio che ha caratterizzato lo spettacolo mi sembra
il fatto che le recensioni oscillano fra il mettere in rilievo — come azione primaria

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- o la storia siciliano o la problematica teatrale. Così Kühn inizia la sua recensionesu Konigsberger Tageblatt presentando quello che egli chiama "l'argomento"della commedia, ed è un riassunto della storia siciliana. Che egli aggiunga poi nella recensione: "ma la commedia pirandelliana da anche di più...", e pure nella notizia che ha firmato per il Hannoverischer Kurier capovolga l'approccio iniziale scrivendo che è "una commedia d'attore. Il contenuto: Un regista, con un copione sotto braccio, sale sul palcoscenico e fa una conferenza al pubblico...", questo non modifica il suo primo approccio fondamentale, anzi mette bene in luce l'oscillazione di cui sopra.

Emblematica a questo proposito anche la recensione di Baltzer i cui sottotitoli fanno capire che per lui la storia siciliana rimanda al "dramma di Pirandello", mentre i problemi e i prodigi del gruppo dei teatranti sono connessi alla stessa "rappresentazione", quella allestita da Müller. Sulla stessa falsariga, Paula Steiner parla della storia siciliana in termini di "succo (o nodo) dell'azione" e prosegue "la sottile trama (o la povertà della trama), Pirandello la ricopre d'una copertura a larghe maglie dai colori sfavillanti".

All'opposto, il Dr. F. dichiara che si tratta di "una imitazione di un'autentica commedia a soggetto", di quelle che si vedevano una volta in Italia e in Germania, e Ludwig Goldstein vi trova "una commedia dell'arte modernizzata" che con molta finezza ci fa meglio capire la psicologia dell'attore. Le recensioni di Pfeiffer- Belli e di Jerosch riportano la stessa impressione, ossia interpretazione dello spettacolo.

Anche se poi le recensioni finiscono col dare delle interpretazioni tutto sommato non tanto diverse, c'è una impostazione, nel rendere conto della rappresentazione, che varia dall'una all'altra e che mostra che l'impressione immediata, su questi critici e sugli spettatori in genere, probabilmente, è dovuta essere tale da produrre comprensioni diverse, che accentuano cioè l'uno o l'altro piano della commedia.

Significa che la messinscena di Müller non ha sottomesso una parte dello spettacolo all'altra. Egli ha saputo suscitare un interesse per le vicende della famiglia La Croce superando in qualche modo l'apparente banalità di questa storia; se no, sarebbe apparsa nient'altro che un puro pretesto, il che non risulta dalle recensioni, neppure da quelle che, come H.H.B. o Dr. F. sottolineano che si tratta di un mezzo per giungere ad uno scopo che è altro, perché anche in queste è evidente l'attenzione rivolta alla storia siciliana. E nello stesso tempo, Müller è riuscito a dare al conflitto che oppone il dott. Hinkfuss ai suoi attori una dimensione, o un posto nell'insieme dello spettacolo tale da evitare che esso si rivolga ai soli specialisti (rischio al quale accenna appunto Kühn).

L'impressione di equilibrio dipende certamente dal modo in cui ciascuna parte

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viene rappresentata; ma vi contribuisce anche senz'altro il rapporto che si instaura fra le due. A questo proposito si può citare un brano della recensione del Dr. F. in cui parla della processione religiosa — in contrasto con le scene del Cabaret — per affermare che essa non si capisce né se vista solo come spettacolo teatrale, né se vista solo come descrizione d'ambiente, ma unicamente se questi aspetti sono uniti come espressione di una idea pirandelliana più profonda, dell'inscindibile intessersi cioè di illusione e di verità, di apparenza e di realtà. Una simile "doppiaricezione", ma più vaga, non interpretata o razionalizzata: un risentimento cioè da parte degli spettatori, sembra sia all'origine della difesa della stessa processionereligiosa che Jerosch sente il bisogno di fare: spiega che si tratta di teatro,quindi teatro ostentato — per dare l'impressione della Sicilia!

La stessa idea di fondo — pur sotto un'altra luce — si ritrova nella recensione di Baltzer quando egli vuole spiegare il Pirandello rinnovatore del teatro legandolo all'ltalia meridionale dove "un popolo innocente trova ancora un piacere naturale nel guardare sulla ribalta il mimo e i gesti più o meno esagerati, ha conservato un gusto ed una sensibilità per la vera teatralità". Per quanto sia superficiale, tale idea di una teatralità propria o naturale alla mentalità italiana o siciliana, sembra comunque che Müller, anche senza averla fatta sua propria (come risulta dalle sue "osservazioni" sulla locandina), abbia potuto utilizzarla nella sua messinscena in modo tale che i critici vi hanno potuto percepire un legame unitario, organico fra i due mondi della commedia.

Visto così, il legame caratterizza l'impostazione generale dello spettacolo, ed è allora da attribuirsi alla concezione e alla capacità del regista, cioè di Müller. Ma nel realizzare questa sua concezione, egli è stato efficacemente sostenuto dagli attori; così più recensioni notano come tutti loro sono stati capaci di passare rapidamente, senza mediazione da un mondo all'altro (Baltzer, F. St.) — fatto tanto più sorprendente (come scrive il primo) che fino a qui gli attori si erano soprattutto impegnati a non far vedere che recitavano le parti di una messinscena già ben fissata in tutti i dettagli. Che questi "passaggi", o cambiamenti nella recitazione vengano poi interpretati, dai critici, in modi diversissimi, dimostra ancora una volta soltanto come il rapporto instauratosi fra i due mondi sia stato sentito come motivato. Altrettanto si può dire del fatto che spesso non si fa distinzione fra questi "salti" fra il mondo dell'attore e il mondo della parte recitata, e i "salti" dal comico, o farsesco, al tragico, o patetico (Baltzer); è probabilmente perché è riuscito ad unificare questi diversi tipi di "salti" nella scena della morte di Paimiro La Croce, che Hoffmann nella parte di questo si sia guadagnato la lode di Jerosch: "ciò che si chiama "recitazione" diventa /qui/ d'una umanità convincentissima".

Per quanto riguarda poi ciascun piano dello spettacolo, le recensioni ci permettonodi

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mettonodirilevare alcuni degli elementi particolari, più concreti sui quali si costruiscela
messinscena di Müller.

Così Pfeiffer-Belli parla dell'uso della musica come un mezzo di strutturazione utilizzato nello spettacolo in un modo più accentuato, sembra, che nello stesso testo: accenna al ritorno di uno stesso brano del Trovatore tre volte "in tre situazioni fondamentalmente diverse. Egli (cioè Pirandello, ma sarebbe senz'altro giusto nominare anche Müller) tende due archi uno che va dalla scena a teatro alla parodia in casa La Croce, l'altro da qui alla scena della morte di Mommina. Questo motivo musicale non è che costituisca una forma percettibile di accompagnamento, ma determina tuttavia i tre momenti centrali del dramma." La musica accenna così a una struttura tematica che serva ad assicurare una unità organica allo spettacolo.

Tutti o quasi notano come lo spettacolo cominci nella farsa e finisca nel tragico, ed alcuni riferiscono come il pubblico soltanto dalla metà dello spettacolo in poi si accorga della serietà della vicenda. Il Dr. F. precisa che Pirandello due volte conduce l'azione dal comico al tragico, e in ambedue i casi taglia bruscamente senza concludere. Il critico pensa senz'altro alle vicende che vanno dai primi battibecchi fra gli attori-componenti la famiglia La Croce alla morte di Sampognetta, e dalla discusione che precede il ritiro forzato del dott. Hinkfuss alla morte di Mommina. Una tale ripetizione da un lato crea un centro intorno ai personaggi di Sampognetta e di Mommina, e dall'altra stabilisce anche essa una strutturazione che facilita la percezione dello spettacolo.

E' probabile che il tentativo riuscito — che questi particolari denotano — di imprimere una strutturazione ad un testo dove non appare tutta chiara una tale struttura, sia un elemento caratteristico che contribuisce non poco al successo della messinscena di Müller e la distingue da quella di Hartung a Berlino.

Risulta chiaramente da tutte le recensioni che alla messinscena hanno dato un
contributo importantissimo sia lo scenografo sia gli attori.

Nella scenografia di Kalbfuss fa impressione non solo l'uso di mezzi tecnici variatissimi: "Le quinte calano, incalzanti, l'una sopra l'altra. Un ricostruirsi, una tecnica, delle rotture, un farsi delle maschere, un cabaret, tonfilm colorito e scultoreo, cartellone e lirica, scene buttate via e scene che ti buttano a terra." (F. St.), ma le recensioni lodano anche la forza e la capacità di suggestione con cui essa "traduce" l'atmosfera della commedia, per esempio: "E con tutto questo (cioè la rappresentazione della Sicilia), l'intera scenografia rimase volutamente teatrale, senza però creare confusione: una chiesa col frontone aperto, un cabaret le cui pareti diventavano trasparenti, la casa La Croce dove si vedevano più salotticontemporaneamente, un campo d'aviazione con aerei in miniatura. Questa

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ricchezza di colori, la si deve all'efficace Kalbfuss." (Baltzer). Significa che Kalbfussha saputo ottimamente sostenere le intenzioni del regista. Una idea più precisadella scenografìa di una parte delle scene, ce la danno le fotografie pubblicate sulla COMOEDIA dello stesso anno; purtroppo non di tutte le scene, così né di quella del campo d'aviazione né della scena finale.

Nella recensione del Dr. F. c'è una valutazione-interpretazione assai interessante della scenografìa iniziale che forse la fotografìa sola non rivela: "Splendidamente ironico, all'inizio, è il Vesuvio (sic) che fuma e la carta geografica dello "stivale" italiano!" Direttamente e indirettamente vengono qui messi avanti due concetti: l'ironia e il carattere folkloristico; essi caratterizzano dunque l'immagine scenica iniziale, ma non solo poiché i due concetti e concetti affini ritornano in modo più o meno esplicito in quasi tutte le recensioni.

Così le stesso Dr. F. parla altrove dell' "autoironia romantica" nell'uso che Pirandello fa di una sua propria novella e dice che la commedia tratta del problema del teatro "nella maniera del maestro dell'ironia Shaw"; Goldstein parla di "ironia", Jerosch di "grottesco ed occulto" e Pfeiffer-Belli della svolta "dalla più nera tragedia" al grottesco, al ridicolo, allo scherzo. Tutte queste espressioni denotano una ambiguità non risolta che assomiglia bene all'ironia.

Ancora più forte sembra che sia stato il carattere folkloristico o esotico della messinscena di Müller. Così quasi tutte le recensioni sottolineano che si tratta di vicende italiane o siciliane: "come si fa/si faceva in Italia"; tale particolare serve a dare "l'impressione della Sicilia"; l'attore Jungbauer, nella parte di Verri,è lodato perché "sembra un Siciliano"; gli attori — benché non siano Latini — sono bravi, dice Pfeiffer-Belli, e parla di Pirandello come del "Mediterraneo" ("Südlander") e quando il Dr. F. dice che si tratta di "un dramma... di sapore verista" allude precisamente al verismo di Verga; altrimenti avrebbe scritto "naturalista". Forse si spiega anche così l'uso assai sorprendente del termine "fascista" che lo stesso critico usa a proposito degli ufficiali; potrebbe essere un elemento "italianizzante" nello spettacolo: a quell'epoca l'ltalia era, in Europa, lo Stato fascista; en Germania c'era un fascismo di partito, ma non ancora di Stato. (Ma può anche darsi che si tratti soltanto di un "tic" proprio a questo critico.) Forse si allude ugualmente ad elementi del genere, cioè volutamente esotici, quando si parla della "Chanteuse" come di una "Yvette à la Toulouse-Lautrec" o dell'immagine del Cristo (nella processione) dipinta "alla el Greco".s

Evidentemente, il carattere folkloristico tocca più la rappresentazione della storia della famiglia La Croce che quella delle vicende del gruppo di teatranti. Forse Müller sapeva che era proprio con un elemento come questo che si poteva meglio rendere "interessante" la storia siciliana davanti ad un pubblico tedesco: "Questa volta egli (Müller) ha saputo illustrare i colori stridenti, il gridare della

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Sicilia che per noi fa quasi parte dell'Oriente: gesti, voci, eccitazione, superstizionereligiosa,
processione, cabaret, in breve tutto quello che esercita tanto fascino
sul Nordico" (Baltzer).

Importantissimi sono stati anche l'impegno e la capacità degli attori. Più recensioni (per esempio la fine di quella di Baltzer) danno dei "ritratti" individuali dei più importanti, fra i quali si nota anche la Krieg nella parte della "Chanteuse"; questa parte riceve dunque qui un rilievo particolare.

Inoltre, si vede che la Hertha Wolff, nella parte della La Croce è l'unica fra loro ad essere caratterizzata come comica. Significa che il comico che senz'altro distingue la messinscena è stato soprattutto una comicità di situazione, sostenuta sia dalle relazioni complesse attore-personaggio sia dal tono ironico.

Come già detto, il tono comico si fa meno forte via via che si svolge l'azione per far posto al tono tragico della fine (dove, già nella traduzione, come notato sopra, anche Kahn si adopera a non rompere l'atmosfera tragica troppo fortemente). E' soprattutto grazie ai due attori che fanno le parti di Mommina e di Verri — affiancati da due bambini in bianco che hanno fatto una grande impressione sul pubblico (a giudicare dalle recensioni di Kühn e di Jerosch) — che il finale acquista il suo carattere tragico. E si nota che col tono comico sparisce anche quello folkloristico come si può dedurre dalla recensione di Jerosch che caratterizza l'ultima scena parlando di Strindberg e di "una sonata degli spettri".

Ciò sembra indicare che Müller abbia allestito uno spettacolo in cui mette in opera sia un aspetto comico e esotico — e ne esce uno spettacolo "familiare" (Kühn) — sia un aspetto tragico e strindberghiano — con cui si coloca nelle tradizioni espressioniste degli anni precedenti del teatro tedesco in genere e del teatro di Kônigsberg in particolare.

Si nota ugualmente che quando le recensioni parlano degli attori, danno loro in genere i nomi deiie loro parti neiia storia siciliana, con una eccezione, quella di Pfeffer-Belli, che parla esplicitamente della "doppia parte" dell'attrice Kitty Stengel quando dice che "a volte è l'appassionata attrice Stengel, a volte una Mommina commovente". Ciò significa che quando le critiche parlano, come si è visto sopra, del confondersi dell'attore e della sua parte, si tratta dell'attore del dott. Hinkfuss e della parte siciliana; non si confondono l'attore di Hinkfuss e quello di Müller come invece accade nella messinscena parigina di Pitoêff.

Non si avverte quindi nessun "adattamento" del testo di Pirandello da parte di Mûller: la sua messinscena appare una rappresentazione "fedele" della commediadi Pirandello in cui egli ha dato, senz'alcun dubbio, altrettanto risalto alle vicende della compagnia di Hinkfuss quanto alla tragedia della famiglia La Croce. Così si spiega forse l'affermazione alquanto paradossale, o ironica, di Jerosch: "La commedia a soggetto (...) viene fissata, parola per parola, da Pirandello, e testimoniain

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moniainsuo favore il fatto che l'abbia fissata così incredibilmente bene (basta
leggere il testo). In suo sfavore testimonia che l'abbia fatto."

In un solo caso, Müller pare aver fatto ricorso (come Pitoëff) alla conoscenza che il pubblico aveva di persone viventi del teatro reale, quando cioè ha piazzato Borrmann, il drammaturgo del suo teatro, nella platea con la parte di spettatore contestatore - come risulta della recensione di Kühn.

Nella maggior parte delle recensioni, lo spettacolo, nel suo insieme, è interpretato in modo tale da ricondurlo alla problematica del contrasto fra apparenza e realtà, vita e arte, forse un po' schematico ed appartenente all'interpretazione consueta delle opere di Pirandello.

Più interessante è che molte recensioni vedano nello spettacolo il porsi del problema, apparentemente attuale, della ragion d'essere del teatro, collegato, almeno in parte, a quello del coinvolgimento del pubblico — il quale sembra sia stato pienamente ottenuto da Müller.

Così Baltzer sottolinea il rapporto fra lo spettacolo, o addirittura, fra Pirandello e la tradizione che fa capo a Jessner (opposta a quella di Reinhardt; il critico che firma Gr., su Danziger Neueste Nachrichten, invece presenta Müller come allievo di Reinhardt) - anche se qualche differenza c'è; Müller sembra aver fatto confluire in qualche modo l'ispirazione pirandelliana (e mediterranea) e quella jessneriana (e nordeuropea).

Sono le recensioni di Pfeiffer-Belli e di Jerosch che meglio mostrano come lo spettacolo sia stato ricevuto come una "dimostrazione emblematica" della problematica teatrale: per Pfeiffer-Belli è forse attraverso Pirandello che il nostro tempo "avverte per la prima volta cosa voglia dire recitare a teatro"; Jerosch dal canto suo inserisce la commedia di Pirandello in una problematica più vasta concernente la sopravvivenza del teatro e afferma che il suo contributo è importante perché questa commedia tenta di dar vita al teatro. "E' un esperimento. E gli è riuscito, che più viva di così la sala difficilmente poteva diventare: a) per gli applausi, b) per le proteste. (Ciò che in fondo è lo stesso poiché ambedue le cose significano partecipazione; questo è l'essenziale.)"

E' significativo forse che i motivi di protesta, o di scandalo, siano stati assai precisi, come fanno capire più recensioni: sono la presenza dei bambini alla fine, la processione religiosa in contrasto con le scene del Cabaret e forse anche l'Ave Maria della scena del mal di denti: una notizia sulla visita di Pirandello a Kônigsbergaccenna a una modifica di essa nelle rappresentazioni seguenti la Prima. Non ha invece sollevato protesta la rappresentazione della vita "permissiva" in casa La Croce: senza commenti è detto che è "una famiglia i cui componenti femminili giungono ai limiti estremi della loro ospitalità erotica" o una "orgia inoffensiva", e la madre viene chiamata "una magnifica ruffiana". Infine, la constatazione di

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Pfeiffer-Belli: "Che il pubblico verso la fine abbia partecipato all'azione scenica con proteste, non parla contro il pubblico, ma a favore dello spettacolo", è rivelatricedell'effetto prodotto sugli spettatori — soprattutto quando viene paragonataa ciò che affermano i critici a proposito della Prima berlinese: spiegano le proteste del pubblico dicendo che lo spettacolo è "privo di senso e d'efficacia", che è interamente "falso". Tale giudizio non si trova in nessuna delle recensioni della messinscena di Müller; e se si nota spesso che ci sono certe lungaggini qua e là, non sembrano aver avuto delle conseguenze per l'insieme della rappresentazione.Anzi, Jerosch pare dica il contrario quando nota che se lo spettatore applaudisceo se si rivolta, allora "il teatro diviene discutibile e vivo. - Indiscutibile, lo è soltanto se esso annoia."

Il Dr. F. elenca in modo più preciso i mezzi che hanno servito insieme a coinvolgere il pubblico e a sottolineare la problematica propriamente teatrale; sono grosso modo quelli che si trovano già indicati nel testo di Pirandello: gli interventi del dott. Hinkfuss rivolti al pubblico, gli spostamenti degli attori, il "gioco" con lo spazio scenico che si allarga, dal palcoscenico alla platea, e si "trasforma", da teatro reale in teatro di finzione appartenente al mondo siciliano.

L'importante è allora che la messinscena di Müller sia riuscita a mettere le indicazioni del testo in opera in modo efficace, come attesta, fra l'altro la conclusione della critica di Goldstein su Berliner Tageblatt: "II pubblico, fin dall'inizio, si è adeguato alla atmosfera della commedia, quando gli attori sparpagliati in sala con le loro esclamazioni e interruzioni hanno lasciato intendere che qualcosa di nuovo stava accadendo" anche se, nella critica apparsa su Kolnische Zeitung, aggiunge, quasi profeticamente: "con preoccupazione però si pensa a come questo spettacolo con il suo giocare con l'essere e con il sembrare, con la realtà e con l'apparenza, possa far scuoia". Infatti a Benino, Hartung non perviene al risultato raggiunto da Müller; scrive Sternaux: "Per ottenere la partecipazione del pubblico, egli aveva, come Piscator nel "§ 218", ripartito degli attori fra gli spettatori, e all'inizio vi riesce, pur con fatica — nonostante il povero effetto che queste invettive costruite e poco spiritose sortono" (Rühle, 1017).

Al riferimento a Piscator, che si legge qui, corrisponde, nella recensione del Dr. F., l'allusione al movimento del "Volksbühne", quest'ultimo essendo, almeno in parte, impersonato dallo stesso Piscator. Mentre dunque per Hartung risulta un paragone negativo, per Müller è più che positivo, se la sua messinscena fa dire al critico che lo stesso Pirandello ha realizzato una idea fondamentale dei militanti di un "teatro popolare". Può infatti sorprendere tale avvicinamento; ma in ogni caso mette in risalto i grandi meriti di Müller.

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Per concludere, dirò brevemente che queste recensioni della messinscena di Müller mi sembrano confermare il giudizio che ne da lo stesso Pirandello nella sua lettera a Salvini, ma permettono inoltre di approfondire la descrizione fatta da Pirandello apportandovi, fra l'altro, delle valutazioni che fanno meglio vedere il contesto in cui si inserisce questa messinscena.

D'altro canto, invece, modificano l'impressione che si può avere leggendo la presentazione della commedia scritta da Müller, o forse meglio rendono evidente una distanza fra da un lato la sua interpretazione del testo — tale quale appare nella sua presentazione sulla locandina, che precede la realizzazione dello spettacolo e che si può riassumere nell'affermazione: è "un gioco per il teatro, né più né meno" - e dall'altro la concreta messinscena che ha realizzato in seguito, e che senz'altro oltrepassa i limiti della sua interpretazione — come del resto già l'afferma il Dr. F.

Steen Jansen

Copenaghen



Note

1. Il materiale sul quale si basa il presente saggio e di cui una parte è stata presentata una prima volta alle Giornate di studio pirandelliano, a Cuneo nel dicembre 1979), comprende innanzitutto le sedici recensioni o critiche che fino ad oggi è stato possibile rintracciare : un primo gruppo di esse l'ho trovato tramite il Museo del Teatro di Monaco di Baviera: erano semplici tagli di giornali, per lo più senza indicazione di provenienza. Alcune altre critiche sono state trovate dalT'lnstitut fur Zeitungsforschung di Dortmund, che ha intrapreso un esame non esauriente ma più sistematico di giornali dell'epoca con il quale si è anche potuto rilevare giornali in cui la Prima di Kônigsberg non è stata menzionata.

In un secondo momento, l'aver trovato il numero di Charivari di cui parla Pirandello nella lettera a Salvini ha permesso sia l'identificazione di alcuni dei giornali del primo gruppo di recensioni sia una ricerca più precisa di altre recensioni. In tre casi ci sono certe divergenze fra il brano citato da Charivari e la recensione stessa; forse si tratta di edizioni diverse dei giornali in questione. La ricerca di altre recensioni non è, certo, chiusa con quelle qui presentate; ma per quanto riguarda la messinscena stessa di Müller mi pare poco probabile che altre recensioni possano modificare il quadro che ora è possibile tracciare.

Accanto alle recensioni c'è la locandina dello spettacolo (in Das Schauspiel), nonché alcune fotografie (sulla COMOEDIA); oltre a informazioni precise possono anche dare un'idea di come lo spettacolo sia stato presentato agli autori delle recensioni.

Infine esistono vari documenti che possono illustrare quale fosse la situazione del teatro di Kônigsberg ed fornire indicazioni circa i rapporti fra esso e Pirandello Si tratta di tre notizie di giornali sulla visita di Pirandello a Kônigsberg, d'una lettera dall'attore Lantz a Müller (datami molto gentilmente dalla sua vedova, l'attrice Martha Maria Newes) e d'una lettera del critico Pfeiffer-Belli in cui ha risposto ad alcune mie domande. A questo gruppo

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bisogna evidentemente collegare le lettere di Pirandello a Salvini pubblicate sul Bollettino del Teatro stabile di Genova e più volte cita te. Ecco un elenco délie sedici recensioni: Dr. Ulrich Baltzer ( Kônigsberger Allgemeine Zeitung, senza data) Dr. F. (Kônigsberger Volkszeitung, s.d.) Ernst Jerosch (Ost-preussische Zeitung, 27. 1. 30) K.H. KOhn (Kônigsberger Tageblatt, s.d.) (Hannoverischer Kurier, 28. 1. 30) Pfeiffer-Belli (Kônigsberger Hartungsche Zeitung, s.d.) H.H.B. (Der Tag, 30. 1. 30) Herbert Gerigk (Dresdner Anzeiger, s.d.) Gr. (Danziger Neueste Nachrichten, s.d.) Ludwig Goldstein (Berliner Tageblatt, 30. 1. 30) (Berliner Bôrsen-Curier, 29. 1. 30) (Kôlnische Zeitung, 31. 1. 30) (Frankfurter Zeitung, 6.2. 30) F. St. (Vossische Zeitung, 28. 1. 30) Paula Steiner (giornale non identificato) H. W. (Berliner Bôrsen-Zeitung, s.d.; in RShle pp 1016-17)

2. Cf. la lettera di Pfeiffer-Belli: "Ob die Inszenierung des Pirandello-Stücks im übrigen Deutschland ein Ecko hatte, glaube ich nicht. In der Regel spielte man in Konigsberg eher die berliner Erfolgsstücke. Das Neue Schauspielhaus in Konigsberg hatte ein sehr guten Ruf..."

3. "Es ist môglich, dass "Dr. F." der berliner Kritiker Fechter gewesen ist, abernur môglich; ... Fechter war Feuilletonchef der berliner Deutsche Allgemeine Zeitung..."

4. Lantz scrive fra l'altro a MOller: "Ich werde ...Sie bitten, freundlichst im besten Hotel ein Zimmer fur ihn und eines fur mich vorzubereiten, eventuell auch fur weitere Begleitung. Wahrscheinlich reist auch Herr Solari, der Correspondent des "Seccolo" mit, vielleicht auch Herr Wreede."

5. Quest'aspetto esotico viene fuori ancora più chiaramente quando si confronta la messinscena di Müller con le altre prime europee: A proposito della prima berlinese; l'idea di una italianità o meno non si presenta neanche. In quella italiana, non sembra che Salvini abbia messo in rilievo un aspetto propriamente siciliano. E in quella francese, Pitoëff cancella in qualche modo l'aspetto italiano poiché cambia Sicilia in Corsica, il nome di Mommina in Mima eda all'attrice caratterista/la sig.a La Croce un indubbio accento marsigliese.

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Riassunto

E' un fatto ben saputo che la Prima assoluta di Questa sera si recita a soggetto ebbe luogo a Kônigsberg nel gennaio del 1930. Ma sullo stesso spettacolo - in sé e nel contesto del teatro tedesco dell'epoca - si sa invece poco, e ancor meno sul perché della scelta da parte di Pirandello di questo teatro remoto. Si è cercato qui di rintracciare i documenti che possano gettare qualche luce su questa Prima rappresentazione, e di interpretarli a fine di dare un contributo ad una migliore comprensione della fortuna scenica dell'opera di Pirandello.

Testi citati

Bollettino del Teatro stabile di Genova, no 11, Genova marzo 1972

Budel, Oscar: "Pirandello sulla scena tedesca" in D'Amico, Sandro (a cura di): Pirandello ieri
e oggi, Milano 1961.

Charivari, no 8, del 19. 2, Berlino 1930.

COMOEDIA, no Vili, marzo-aprile, Roma 1930.
La Fiera letteraria, del 19. 5, Roma 1966.

Film-Kurier, del 2. 6, Berlino 1930.

Giudice, G.:Pirandello, Torino 1963.

Rauhut, Franz: Derfunge Pirandello, Mûnchen 1964.

RShle, Gûnther: Theater fûrdie Republik 1917-33 im SpiegelderKritik, Frankfurt a.M. 1967.
Das Schauspiel. BlStter des Neuen Schauspielhauses Konigsberg i. Pr., Spielzeit 1929/30,
Heft 11.

Scheel, Hans Ludwig: "Fortuna in Germania del "teatro nel teatro" pirandelliano", in Lauretta,
Enzo (a cura di):// teatro nel teatro di Pirandello, Agrigento 1977.

Das Theater. Illustrierte Monatsschrift für Theater und Gesellschaft, Jahrbuch XI, 1930.