Revue Romane, Bind 21 (1986) 2

Il Nuovo Zingarelli. Vocabolario della lingua italiana, di Nicola Zingareili. Undicesima edizione, a e. di Miro Dogliotti e Luigi Rosiello. Zanichelli, Bologna, 1984. XVI + 2256 p.

Gunver Skytte

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Tra i molti vocabolari della lingua italiana, lo Zingarelli è un classico: la prima edizione risale al 1922. Rispetto alle edizioni precedenti, quella più recente, l'undicesima, presenta delle innovazioni interessanti, che assicurano al volume nuovi e più estesi campi di utilizzazione. In senso numerico, le voci sono aumentate dalle 118.000 della decima edizione del 1970, alle 127.000 di oggi. Tuttavia, le innovazioni qualitative superano quelle quantitative. Per quanto riguarda l'impostazione tipografica, è mantenuta la tipica forma delle precedenti edizioni. Una guida grafica, nelle pagine iniziali, rende agevole la consultazione dell'opera. Ogni voce è accompagnata da una trascrizione fonematica secondo l'alfabeto dell'AssociazioneFonetica Internazionale, nonché da una indicazione etimologica. Tra le informazioni grammaticali, soprattutto la morfologia è trattata in modo quasi esauriente, con paradigmi interi dei verbi irregolari, segnalazioni di plurali irregolari dei sostantivi ecc. La sezione

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semantica, cioè la parte essenziale che definisce e dichiara sotto ogni aspetto il significato o i significati della voce, da anche informazioni su eventuali limiti d'uso stilistici o relativi a linguaggi speciali. Le definizioni sono normalmente seguite da una esemplificazione fraseologica.Inoltre, in casi particolari, sono indicati sinonimi e contrari. Il vocabolario è fornito di una serie di illustrazioni (4.300) informative ed utili. Un'importante innovazione rispetto alle edizioni precedenti è costituita dagli Inserti di terminologia sistematica che comprendonoi seguenti argomenti: botanica, dialetti d'ltalia, geologia, scala del mare, monete, gradi di parentela e affinità, scuola italiana, scala dei terremoti, unità di misura, scala del vento, vitamine,zoologia. Al vocabolario vero e proprio fanno seguito nelle pagine finali repertori di sigle, abbreviazioni e simboli; locuzioni; proverbi; nomi propri; luoghi d'ltalia (a cui si aggiungonoi nomi dei relativi abitanti). Il repertorio di sigle, abbreviazioni e simboli figurava già nella decima edizione, ma ha subito una revisione critica e un aggiornamento, mentre i rimanenti repertori costituiscono delle innovazioni. Per ultimo troviamo 31 tavole di nomenclatura,divise in gruppi che trattano l'uomo: i cinque sensi, la convivenza umana, la natura, il tempo libero, trasporti, e tecnologie. Le tavole di nomenclatura, leggermente revisionate rispetto alla decima edizione, completano, in un certo senso, l'idea degli Inserti di terminologiasistematica.

L'utente al quale, dopo anni di consuetudine con lo Zingarelli, sono ben note le qualità particolari per cui quest'opera si differenzia dalle altre opere analoghe, troverà nondimeno che il Nuovo Zingarelli è nuovo non solo nel significato 1 del relativo lemma nel vocabolario stesso ('che è stato fatto, conosciuto o è successo da poco, di recente'), ma anche nel significato 3 ('che è la prima volta che si vede, si conosce o si prova').

Infatti, dopo la sua comparsa, ho dovuto riconsiderare le mie abitudini di scelta, ormai quasi automatiche o inconsapevoli, tra la serie di vocabolari a disposizione. I pregi dello Zingarelli di prima, stavano, secondo me, nella ricchezza di parole di uso rinsaldato dalla tradizione,nonché di parole arcaiche, sempre accompagnate da affidabili spiegazioni etimologiche.Per la lettura di un autore classico italiano, ad esempio, l'uso dello Zingarelli è quasi indispensabile. Ma ora mi rendo conto che con altrettanta ricchezza sono state accolte anche voci di formazione recente, oltre che nuove accezioni di parole già esistenti: ed è questa, per me, la novità più importante. L'aggiunta di nuovi vocaboli riguarda soprattutto neologismi e prestiti dovuti allo sviluppo tecnologico e scientifico. P. es. l'articolo che tratta i composti con tele-, è aumentato notevolmente, e la stessa osservazione vale per il numero di vocaboli registrati sotto la lettera W. Il personal computer e la navetta spaziale hanno contribuito, per esempio a dare un'impronta aggiornata al vocabolario. Anche lo sviluppo politico e sociale dell'ultimo decennio ha lasciato profonde orme nel patrimonio linguistico degli italiani: molteparole hanno assunto, accanto al significato consolidato, nuove accezioni assai specifiche, e parole e locuzioni dialettali sono state adattate allo standard, per diversi ragioni di attualità.Gran parte di tali vocaboli ha breve vita, e, infatti, molti non vengono mai registrati, appuntoperché non fanno parte del patrimonio comune delle persone colte. Si pensi p. es. al "politichése" (la stessa voce, appunto, non è registrata dallo Zingarelli), fonte continua di nuove parole e locuzioni, destinate a sparire tanto presto quanto appaiono. In questo contestovorrei rilevare la registrazione dello Zingarelli di vocaboli come precariato 'stato, condizionedi lavoratore precario, spec. nell'ambito scolastico', voce che stranamente è registrata soltanto in pochissimi vocabolari nell'accezione corrente, nonostante l'uso assai esteso. Di recente data (secondo il DELI (Manlio Cortelazzo, Paolo Zolli: Dizionario etimologico della lingua italiana, Zanichelli, Bologna, 1979-; ree. Revue Romane XV, 2, pp. 351-352), la prima

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attestazione è del 1979) è gambizzare, che lo Zingarelli registra con la definizione 'ferire alle gambe con colpi d'arma da fuoco, in attentati di terrorismo politico'. Diffusa nel linguaggio giornalistico degli ultimi anni è la voce calabrese 'ndrangheta 'organizzazione di tipo mafioso calabrese'. Altre novità sono p. es. certe metafore usate in modo spregiativo dai settentrionaliper indicare il Sud: terra da pipa, e i meridionali mangiasapone.

La definizione semantica generalmente è chiara e esauriente. Vorrei segnalare qualche caso in cui, tuttavia, mancano delle sfumature essenziali. Il verbo indursi è definito semplicemente 'risolversi, decidersi a fare qc.\ Ma indursi non è mero sinonimo dei due verbi usati per la definizione: contiene in più l'idea di un'iniziativa. Si confronti la definizione che ne da il Dardano (Maurizio Dardano'.Nuovissimo dizionario della lingua italiana, Armando Curdo editore, Roma, 1982): 'risolversi, determinarsi a fare ql. co., a prendere un'iniziativa'. Il verbo sopperire viene definito 'far fronte, provvedere'. A differenza di provvedere, azione che può essere provocata da una necessità o meno, è presupposta nel significato di sopperire l'idea di una mancanza. Si confronti la definizione di Dardano: 'far fronte, provvedere a una necessità, a ql.' co. che manca'. Bisogna, tuttavia, precisare che questi casi rappresentano delle eccezioni.

Le locuzioni, parte tanto importante e difficile da trattare in un vocabolario, sono trattate in modo preciso e, grossomodo, completo. Mi meraviglio però dell'assenza del concetto di proporzionalità inversa, assai comune nel linguaggio della matematica: appare, invece, sotto la voce proporzionale, inversamente proporzionale. La locuzione per eccellenza è definita attraverso l'altra locuzione per antonomasia: quest' ultima locuzione, invece, per quanto non insolita, non figura sotto la voce antonomasia.

Per quanto riguarda gli arcaismi, il cui trattamento è uno dei molti meriti dello Zingarelli, il loro uso, spesso, è esemplificato con citazioni di autori classici. Questo contribuisce in modo utile ad assicurare la chiarezza della definizione. Invece mi permetto di osservare che le citazioni dei classici abbondano in modo esagerato quando si tratta di illustrare significati di uso conente. L'elenco degli autori citati nel vocabolario comprende 50 nomi. Di essi, 25 coprono il periodo dal '200 al '600. Gli autori del '900 sono pochi, e tutti nati prima del 1900. Si tratta dei classici moderni, come p. es. Carducci, Croce, Pirandello e D'Annunzio. Mentre la seguente citazione petrarchesca è appropriata per definire il vocabolo dotto avellere: "d'ogni basso pensier del cuor m'avulse", non vedo affatto la necessità di ricorrere all'Alfieri per illustrare il significato di chiudere 'impedire un passaggio con ostacoli, sbarrare, ostruire': "onde al dolore/ chiude ogni via", né si tratta di un passo comunemente molto citato, il che forse avrebbe giustificato la scelta dell'Alfieri, invece di un autore moderno. È una caratteristica che fa pensare a certe grammatiche italiane che, come esempi illustrativi, sanno citare soltanto Petrarca e Manzoni. Mi dispiace l'assenza di citazioni della letteratura moderna, la quale conta un elenco di autori che certo meriterebbero di servire da modello. E questo un po' il rovescio della medaglia: l'attributo di classico è nello stesso tempo il forte e il debole dello Zingarelli.

Le illustrazioni sono 4.300, con qualche novità o modificazione rispetto alla decima edizione, come p. es. nel campo tecnologico: apparecchi audiovisivi, fotocopiatrice, personal computer, e alcune aggiunte come modem, videoterminale, floppy disk all'illustrazione elaborazioneelettronica dei dati. Le illustrazioni, in genere, sono eseguite con molta precisione. Per quanto riguarda gli animali e le piante, ci si accorge che i disegni sono sempre quelli vecchi,il che, nel campo particolare, è senza importanza. In altri casi, come p. es. per la bicicletta,ci si potrebbe aspettare un tipo più moderno (si confronti p. es. la bicicletta da corsa

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del Bardano). Costituisce un'innovazione l'occhietto che, posto al margine della voce, segnalale voci che sono illustrate nella stessa pagina o in quella a fronte. Ma è un gran peccato che, nonostante l'impiego dei mezzi elettronici, non sia stato possibile rimandare in tutti i casi alle relative illustrazioni.

Sopra abbiamo passato in rassegna i vari inserti di terminologia sistematica. Tale innovazione si trova anche in altri vocabolari, come p. es. il sopracitato Dardano. Mentre nel caso del Dardano, l'idea è stata realizzata in modo felice in quanto gli inserti sono concentrati attorno ad argomenti ben delimitati (e qui bisognerebbe soprattutto rilevare il trattamento della linguistica: il Dardano, oltre ad essere un ottimo vocabolario, è , senza dubbio, il migliore dizionario linguistico italiano), gli inserti dello Zingarelli sono caratterizzati da una certa casualità per quanto riguarda la scelta degli argomenti e il loro rapporto reciproco, fatto che purtroppo contribuisce a diminuirne l'utilità.

Nel campo sintattico vorrei notare una mancanza comune a tutti i vocabolari italiani, e cioè il modo insufficiente e poco sistematico con cui viene trattata la costruzione sintattica delle singole voci. È una mancanza sentita, non soltanto da parte degli stranieri che si occupano della lingua italiana, ma anche da parte degli stessi italiani. Così p. es. la costruzione di certi verbi coll'infinito può dare luogo a dubbi per quanto riguarda la scelta tra le preposizioni di e a. Sebbene, nelle Avvertenze per la consultazione, venga confermato: "La fraseologia e le citazioni hanno un duplice scopo: esemplificare in concreto, cioè in contesti di lingua parlata o letteraria, gli usi semantici delle parole e indicare le reggenze sintattiche di aggettivi, verbi, ecc. (per es., interessarsi a..., interessarsi di...)" (p. VI), tale principio promettente non è affatto realizzato in modo conseguente. Nella maggioranza dei casi, volendo controllare sul vocabolario la costruzione giusta di un dato verbo o sostantivo si rimane senza risposta o con una risposta insufficiente. Per molti stranieri, la scelta del caso, accusativo o dativo, costituisce una difficoltà. P. es. è impossibile intuire se il verbo ringraziare si costruisce coll'accusativo oppure col dativo per indicare la persona a cui si rivolge il ringraziamento. Il francese remercier si costruisce coll'accusativo, il tedesco danken col dativo. L'esempio citato dallo Zingarelli, all'inizio della voce, ti ringrazio vivamente, non è affatto informativo in tal senso, in quanto usa una forma pronominale ambigua per quanto riguarda il caso, fatto che purtroppo si ripete assai spesso, e non aggiunge un esempio in cui figura l'oggetto indiretto (di una cosa).

Uno dei maggiori problemi dell'ortografia italiana è costituito dall'uso dell'accento. Lo Zingarelli, secondo me, è utilissimo per tutti i dubbi intorno all'accento: indica l'accento tonico in ogni caso, adoperando una distinzione tipografica per segnalare l'accento ortografico obbligatorio. Nella scelta tra l'accento grave e l'accento acuto, lo Zingarelli adopera l'accento grave con a, i, u, mentre con e e o, usa l'accento grave per indicare il timbro aperto e l'accento acuto per indicare il timbro chiuso: "L'uso più vecchio, che ancora prevale specialmente nella scrittura non letteraria, è quello di mettere sempre e solo l'accento grave indipendentemente dal valore della vocale (quindi anche perché, nonostante la pronunzia chiusa della vocale tonica, con lo stesso segno d'accento di caffè); ma la tendenza più moderna, ormai prevalente nelle stampe più accurate e sancita nel 1967 da una norma dell'Uni (Ente italiano di unificazione), vuole che si distingua tra è, ò aperte con accento grave ed é, ó chiuse con accento acuto: e questa distinzione è attentamente applicata in tutto il predente vocabolario." (p Vili). È questo un principio che personalmente preferisco, dato che serve, sebbene in misura modesta, a diminuire le incertezze di pronunzia per quanto riguarda il timbro vocalico die o o.

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Meno esaurienti, e soprattutto non affatto sistematiche, sono le indicazioni ortografiche sull'uso del maiuscolo, soggetto pieno di oscillazioni, che da ragione a molti dubbi. L'idea di usare sempre l'iniziale maiuscola, sia all'inizio della voce sia dopo la barra verticale che indica inizio di una nuova sfumatura semantica, è in sé poco felice. Ma oltre a questo, l'uso della lineetta per sostituire la parola in questione, non è affatto informativo per quanto riguarda l'uso della maiuscola. Darò qualche esempio per illustrare i dubbi su cui lo Zingarelli non mi da informazioni soddisfacenti: sotto la voce Lei non trovo nessun accenno all'uso della maiuscola o meno per il pronome di cortesia; sotto anno, sono indicati esempi come / poeti degli anni venti; le lotte politiche degli anni cinquanta, in cui venti e cinquanta sono scritti con la minuscola, senza accenno alla possibilità di usare la maiuscola; sotto la voce chiesa, a causa dell'uso della lineetta, niente mi spiega quando adoperare la maiuscola o meno; lo stesso vale per la voce via ecc.

È un gran merito del vocabolario indicare per ogni singolo vocabolo la pronunzia, usando l'alfabeto dell'Associazione Fonetica Internazionale. A parte il DOP (Bruno Migliorini, Carlo Tagliavini, Piero Fiorelii: Dizionario d'ortografia edi pronunzia, Edizioni RAÍ, Torino, nuova edizione 1981; ree. Revue Romane XVII, 2, pp. 152-153), lo Zingarelli è l'unico vocabolario italiano ad adottare tale principio estendendolo all'intera opera. Nelle Avvertenze per la consultazione si afferma: "Le trascrizioni hanno uno scopo descrittivo più che normativo. Per questo, sono spesso doppie, registrando (con maggior larghezza di quanto non usino di solito i vocabolari italiani) l'esistenza di varianti di pronunzia degne di considerazione:..." (p. IX). C'è veramente da rallegrarsi di tale principio. Però, in pratica, il progresso è assai modesto: sono considerate varianti come debbo, devo con timbro aperto e chiuso della e, presumere con s sonora e sorda, mentre sempre, secondo la norma fiorentina è trascritto soltanto con e aperta, e per la desinenza del condizionale -ebbe è considerata soltanto la pronunzia con e aperta (sotto avere, però stranamente, è indicato per la 3 pers. /a'vrebbe/, pronunzia che certo, a giudicare da altri simili paradigmi, tutti con e aperta, rappresenta un errore di stampa, come p. es. anche la trascrizione di quieto /'kwjeto/).

Possiamo dunque concludere che ai tanti pregi del vecchio Zingarelli, il Nuovo Zingarelli aggiunge delle innovazioni interessanti, soprattutto con l'introduzione di nuovi vocaboli e nuove accezioni di vocaboli già esistenti. Tuttavia, l'attributo classico, inteso sia in senso positivo che negativo, è quello più appropriato anche al Nuovo Zingarelli.

Copenaghen