Revue Romane, Bind 21 (1986) 1

La novella romantica in versi come genere letterario

par

Raffaele Morabito

1. Trascurate ai nostri giorni dai critici come dai lettori (gli unici due lavori complessivi recenti che conosco sull'argomento sono quelli di IzziediPozzobon), le novelle romantiche italiane in versi (NRV) furono ai loro tempi assai popolari, molto lette ed amate dal pubblico. Francesco De Sanctis nelle sue lezioni sulla letteratura italiana del secolo XIX ha dedicato loro largo spazio, ed in tempi più recenti Paul Van Tieghem ne ha sottolineato l'importanza: "Le genre qui envahit la poésie italienne à partir de 1820 est le récit en vers d'une aventure soit historique, ou censée telle; soit contemporaine et fictive: la nouvelle ou le roman en vers. Ce genre régna en Europe depuis Scott et Byron; nulle part plus qu'en Italie". Si tratta dunque d'un fenomeno che solo a posteriori, e in seguito all'affermazione d'una nuova scala di valori, è stato messo tra parentesi e quasi dimenticato, ma che al momento dell'autodescrizione del sistema letterario al quale apparteneva si collocava a pieno titolo a un livello elevato.

Ma è veramente possibile parlare di un genere letterario novella romantica in versP. Significativamente Van Tieghem nel passo appena citato scrive: "la nouvelle ou le roman en vers"; e gli stessi autori di NRV usano termini diversi quando devono designare i propri prodotti: li chiamano spesso novelle (La fuggitiva di T. Grossi; Algiso di C. Cantù; Carlo di Montebello di G. Guacci), aggiungendo talora qualificativi come poetica (Ida della Torre di G. Carcano), ovvero calabrese (II Monastero di Sanbucina, di V. Padula; Errico, di D. Mauro;// brigante di B. Miraglia); ma a volte li definiscono leggende (L'Abate Gioacchino di G. Campagna; La Pia di B. Sestini); mentre il Pellico parla di cantiche e il Tedaldi Fores diramanzi

Un primo elemento da sottolineare è che questi racconti non si riallacciano al modello narrativo boccaccesco, egemone nella letteratura italiana fino alla pubblicazionedei Promessi Sposi; modello a cui si attiene invece una novella come Antonio Foscarini e Teresa Contarmi, di un autore solitamente considerato preromantico,Ippolito Pindemonte, scritta in un metro caro ai narratori romantici in versi: l'ottava. Ciò apparirà tanto più rilevante se si terrà presente che alcune delle più note NRV, come La fuggitiva o Ylldegonda del Grossi o h Narciso del

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Tedaldi Fores precedono cronologicamente i Promessi Sposi. D'altronde non si può fare a meno di ricordare che le caratteristiche del genere novella rinascimentale(comprendente grosso modo le novelle da Boccaccio alla fine del secolo XVIII) non sono state ancora rigorosamente delimitate, né sono state definitivamente tracciate le frontiere fra questo tipo di novelle e quelle che vengon chiamate short stories. (Tanto più che anche la definizione di quest'ultimo genere sembra a sua volta tutt'altro che scontata ed univoca: cfr. in merito Dollerup ed Evans). Comunque appara impossibile, per esempio, applicare alle NRV uno schema come quello di Sklovskij (1925), il quale coglie il tratto peculiare della novella (senza fare distinzione fra essa e short story) nell'opposizione fra un movimento narrativo, che pone la situazione di base, ed un contro-movimento, che entra in contraddizionecon quel primo movimento, smentendolo.

Nelle NRV due sono i livelli di lettura perseguiti. Da un lato uno che si potrebbe definire popolare: il lettore è chiamato non tanto a prender atto di un senso quanto ad assumere la propria parte nella storia — a giudicare i partiti in causa (coloro che nell'universo narrativo sono i soggetti agenti) quando ci si muova su un piano di più sorvegliata consapevolezza; ovvero a identificarsi con essi, sentendosi personalmente chiamato in gioco, quando ci si muova su un piano più ingenuo. È quella che Tommaseo avrebbe chiamato una letteratura d'affetti, dove la significazione fondamentale non risulta tanto dall'intreccio degli avvenimenti, quanto dai sentimenti dei personaggi i quali li vivono, che si ritiene debbano essere condivisi dal lettore.

L'altro livello di lettura ê quello colto. In esso l'attenzione non è concentrata soltanto sui fatti della narrazione ovvero sui caratteri dei personaggi, ma soprattuttosui valori del discorso narrativo. La lingua vuoi essere letterariamente ricercata,l'intonazione mira a mantenersi su un registro alto: donde l'uso affettato di arcaismi e in generale d'un lessico e di costruzioni dotti, nobili, tipici del dettato poetico, e anche talora d'invenzioni lessicali del narratore, che pretende così di mantenere elevato il tono del discorso (cfr. per esempio le "arpatrici" di Pellico, in Rafaella, 22 — parola non registrata in alcun dizionario). Tutto ciò accanto ad elementi moderni, estranei alla tradizione e considerati bassi, che cominciano ad acquistare diritto di cittadinanza in poesia. Ne risulta quella lingua al tempo stesso ricercata e popolare che è tipica del romanticismo italiano e che si ritrova, per esempio, nei libretti delle opere di Verdi o di Bellini, descritta per primo da Cesare De Lollis. Non è un caso che le parole iniziali dell'aria Casta Diva nella Norma: "Casta Diva, che inargenti / queste sacre antiche piante" (I, IV), derivino direttamenteda una NRV, YAlgiso del Cantù: "quando l'argentea della notte diva / La tua gioia invidiò casta e sincera" (11, 43,5-6). In questa organizzazione del discorso hanno un ruolo importante le citazioni e i rimandi intertestuali: da Dante a Petrarca,ma

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trarca,maanche a poeti più moderni fino a Vincenzo Monti, o a classici, come Virgilio. La trama serrata delle corrispondenze contribuisce in modo determinante a sollevare il tono del discorso. Chi legge di una fanciulla che abbraccia "tutta tremante" il suo innamorato (Algiso, I, 66, 5) può limitarsi a realizzare quale restituzionereferenziale una scena d'amore appassionato — e sarà un modo fedele di attenersi alla lettera del testo. Ma altrettanto fedele, e con in più una chiave supplementaredi comprensione, sarà chi in primo luogo si riporterà a Dante e darà la precedenza alla rievocazione d'una temperie letteraria — e del pathos che discendedal modello - piuttosto che alla rappresentazione fantasmatica d'una scena d'amore. È un uso dei clasici che astrae da ogni motivazione funzionale, perché il loro ruolo non è qui di fornire in una situazione definita una soluzione espressivaadottata da un grande del passato, e per conseguenza da considerare sperimentatae sicura; le citazioni segnalano piuttosto l'appartenenza a un universo che si vuole poetico e nobilitano il discorso conferendogli i colori delle epoche lontane.

Ecco emergere quindi delle incoerenze: ecco gli "umidi cristalli" della Pia (111, 37, 7-8) che, come i "liquidi cristalli" del Petrarca (CCXIX, 3), fanno risuonare i dintorni; se non che qui si tratta in realtà di acque stagnanti, che non possono produrre alcun suono. Altre volte invece non vi sono incoerenze, ma i rapporti referenziali vengono stravolti e il risultato (lo ha già notato Spinazzola) può divenire involontariamente comico. Nella Pia il verso: "Mi volgo al letto insidioso e guato" (11, 75, 8) si richiama esplicitamente a Dante (Inferno I, 24): qui però non si tratta d'un naufrago che si salva dalle onde, bensì d'un marito che fugge le attrattive d'una moglie ritenuta adultera. E in Ildegonda le "segrete cose" (IV, 239) non son più, come in Dante (Inferno, 111, 21), gli arcani della volontà divina ma gli intimi sentimenti d'una fanciulla.

Gli è che, al di là di questi casi specifici, il referente non è solo l'oggetto designato, cioè la realtà dei fatti e delle cose, ma una temperie sentimentale e morale e la volontà di esprimerla in forme che si riallacciano esplicitamente alla tradizione poetica alta. Eco ci ricorda che "anche se il referente può essere l'oggetto nominato o designato da una espressione quando il linguaggio è usato per menzionare stati del mondo, si deve peraltro assumere che in principio una espressione non designa un oggetto ma veicola un contenuto culturale". Lo stile segnala la materia dei fatti come poetica, la materia dei fatti reclama la propria attitudine alla manifestazione in poesia: si tratta di una nuova definizione dei confini del poetabile, che corrisponde all'elaborazione romantica di nuovi miti culturali e morali.

2. Ma torniamo al problema dell'esistenza della NRV in quanto genere letterario

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autonomo. Fin qui abbiamo colto alcuni tratti caratterisiici delle NRV; tuttavia, se si vuoi parlare propriamente di genere letterario, è al sistema globale dei generi che bisogna riferirsi, come suggerisce Maria Corti. È soltanto all'interno di quel sistema, e mediante il raffronto con altri generi riconosciuti ai quali si accosta sui due assi della sincronia e della diacronia, che possiamo cercar di delimitare il nostro oggetto in quanto, appunto, genere letterario.

Anzitutto una constatazione: si tratta di testi in versi — e ciò non può essere senza importanza: in una "prospettiva acronica, atemporale un genere letterario è il luogo di certe possibilità tematiche e formali" (Corti), e d'altro lato (come ha notato George Steiner) non si dicono in versi le stesse cose che si dicono in prosa — tanto più all'interno di una tradizione come l'italiana, in cui la separazione è assai marcata e dotata di forti connotazioni.

Non problematico il rapporto col poema cavalieresco, che ha una complessità d'intreccio e di sviluppi narrativi estranea alla NRV. L'osservazione di Hofmannsthal: "A proposito dell'Ariosto: l'impossibile è il vero e proprio dominio della poesia", ci può dare la misura della distanza che separa due universi; che al contrario un Grossi o un Cantù, con i loro scrupoli di accurata documentazione storica da un lato e la loro volontà di presentare personaggi e vicende esemplari ed operativi anche nel presente dall'altro, si muovono sul terreno di una salda e auspicata possibilità. Le relazioni fra il mondo del narratore e del lettore e l'universo del racconto sono radicalmente differenti e diversi i canali di comunicazione che li collegano. Boiardo e Ariosto riempiono i loro poemi di giganti e ippogrifi; Grossi si sente in dovere di spiegare quelli che erano potuti sembrare fatti prodigiosi accaduti a Ildegonda durante la sua prigionia. Nel primo caso sarebbe accettabile per un ipotetico abitatore del mondo narrato l'idea di accedere ad un mondo come quello del lettore del racconto, ma è impossibile il contrario (come credere alla realtà di un universo popolato di creature fantastiche? ). Mentre nel secondo si verifica esattamente l'opposto: il lettore, convinto ormai che scire est faceré, grazie alla propria consapevolezza storica può in qualche modo penetrare neh" universo narrato. (Siamo nel secolo XIX; quel secolo che più tardi esprimerà l'ipotesi di accesso ad epoche remote con l'invenzione della macchina del tempo di H. G. Wells). Ciò che invece è precluso proprio dalla prospettiva di uno svolgimento temporale progressivo connessa a quella consapevolezza, ê il passaggio inverso, dal mondo narrato al mondo reale. Sul piano della diacronia s'impone poi la considerazione che all'inizio dell'Ottocento il poema narrativo è un genere più che senescente, cadaverico. Né possono trarre in inganno reviviscenze comelLombardi alla prima crociata del Grossi (1826).

Un altro elemento che differenzia poema cavalieresco e NRV è il fatto che
l'uno viene scritto tenendo conto di una performance orale, reale o virtuale che

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sia; l'altra è scritta per essere letta in solitudine. Ariosto comincia il suo poema: "Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, / le cortesie, l'audaci imprese io canto"; e Tasso: "Canto l'armi pietose e il capitano". Essi cantano: tengono ben presente il rapporto fra la loro scrittura e l'oralità. E anche un epigono ritardatario come Angelo Maria Ricci scrive in apertura della sua Italiade: "L'armi io canto, gli eroi, la pugna accesa". Mentre Tommaseo inizia così Una serva: "Verso il monte salian dalla pianura"; e Cantù YAlgiso: "Di Lodi-nuovo alle nascenti mura / dal patrio Comò ser Vitan cammina". Cominciano cioè ex abrupto e non si richiamano esplicitamentealla dimensione orale della loro poesia. Si era già avviato quel processo che si sarebbe sviluppato lungo tutto il secolo XIX e che avrebbe condotto dalla concezione della poesia in vista della performance orale a quella della poesia come prodotto scritto (cfr. al riguardo Morabito).

Anche nella ballata romantica, che segna i confini della NRV sul versante opposto, il dettato poetico sottintende la virtualità della performance orale. Essa non si distingue dalla NRV solo per la brevità o per la disposizione lirica (cioè per il fatto che centro d'interesse non sono gli eventi quanto piuttosto la loro funzione di catalizzatori d'una condizione sentimentale), le quali si contrappongono alla relativa lunghezza della NRV ed alla sua disposizione fondamentalmente narrativa (sono cioè gli avvenimenti i principali portatori di senso). Le dimensioni limitate del discorso implicano anche la condensazione temporale: piccoli segmenti del tempo della narrazione riproducono ampi segmenti del tempo narrato; vengono rappresentati soltanto dei momenti, ma talmente significativi da riassumere lo sviluppo dell'intera azione e divenirne quasi dei simboli. Ecco dunque le ellissi, la mancanza di chiarimento dei rapporti causali, la costruzione paratattica. Mentre l'ordine d'esposizione dei fatti si conforma alla loro successione reale e coincide con la fabula (uso il termine nell'accezione illustrata da Segre).

Ho già parlato di alcune differenze fra NRV e novella boccaccesca. A quanto ho detto più sopra bisogna aggiungere un'altra osservazione: nella novella boccaccescasono gli avvenimenti in se stessi che contano, che determinano il senso della narrazione: gli avvenimenti in quanto fatti che si producono in un preciso luogo in un certo momento. Siamo, direbbe Sklovskij (1961) al racconto d'avventure e non ancora al racconto di carattere. Nelle NRV ciò che importa è la concatenazionedi diversi avvenimenti che si susseguono l'uno all'altro e che, nella loro complessità, mirano a rappresentare la complessità dell'esistenza. Tale concezione è fondamentalmente la stessa dei Promessi Sposi: la narrazione scopre il senso di una serie di eventi che altrimenti ne resterebbe sprovvista — le da un senso. Il protagonista ê presentato nel momento decisivo della sua vita e seguito sino alla sua morte, o almeno sino al termine della parte significativa della sua esistenza. D'altronde spesso veniamo rapidamente informati sullo svolgersi di questa vita

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anteriormente ai fatti della narrazione (in certa misura è inevitabile: si tratta dellasituazione iniziale da cui scaturisce l'azione). Insomma, l'unità di misura del tempo della NRV è la vita di un essere umano; e per questo aspetto, assai più che alla novella boccaccesca, essa si accosta al romanzo.

Dal punto di vista formale la differenza fra NRV e romanzo è evidente. Il romanzo è genere per eccellenza in prosa. Ma, si è visto, anche il verso della NRV non è più il verso dei poemi di Ariosto e di Tasso, e nemmeno il verso dell'lliade di Monti. All'inizio del secolo XIX più che mai prima il pubblico della poesia è un pubblico di lettori, un pubblico che non entra in contatto con i versi ascoltando una recitazione ma leggendo un libro. È un processo cui ho già fatto cenno, il quale si connette all'accresciuta diffusione della stampa in quegli anni. Fenomeno, quest'ultimo, che significa anche cambiamento delle modalità di propagazione della cultura e della posizione dell'intellettuale e dello scrittore, ora costretto a integrarsi nel mercato delle lettere (cfr. Berengo). E tuttavia la distinzione prosa/verso resta importante. Steiner osserva che il verso semplifica e al tempo stesso complica tutto; ed aggiunge che la prosa si basa su fondamenti solidi, che richiedono di essere confermati dai nostri sensi. Nei romanzi la presenza degli oggetti nella loro materialità ha un ruolo fondamentale, che le è negato nei racconti in versi. I Promessi Sposi si aprono con la descrizione analitica d'una passeggiata di don Abbondio e dell'ambiente fisico in cui essa si svolge: viottole, muretti, tabernacoli, dipinti... Il personaggio è circondato dalle cose e la sua condizione del momento si definisce per rapporto ad esse. Si potrebbero trovare altri esempi nel romanzo: nella scena del matrimonio per sorpresa (cap. Vili), quando gli si presentano davanti Renzo e Lucia, per essere sposati suo malgrado,

don Abbondio, lasciando cader la carta, aveva già afferrata e alzata, con la mancina, la lucerna,
ghermito, con la diritta, il tappeto del tavolino, e tiratolo a sé, con furia, buttando
in terra libro, carta, calamaio e polverino;

e poi, accostatosi a Lucia,

le aveva buttato sgarbatamente il tappeto sulla testa e sul viso, per impedirle di pronunziare
intera la formóla.

Quel tappeto, ampio, pieghevole, è mirabilmente idoneo a soffocare la voce in gola
a Lucia, rendendole impossibile proferire delle parole che cambierebbero il corso
degli eventi.

Del tutto diverso il ruolo degli oggetti in un testo come YAlgiso diCantù: dove la loro presenza appare massicia, nell'intento di ricreare l'ambiente storico con una precisione da archeologo: e compaiono traffieri, bolzoni, chiaverine, guarnacce...Ma tale precisione non va al di là d'una funzione ornamentale e puramente indiziaria. NelYlldegonda gli oggetti esasperano gli stati di coscienza, di cui divengonoquasi

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gonoquasigli emblemi: la porta cigola, la lampada a olio cade e si spegne, il libro non conta in quanto oggetto materiale ma per la storia terrificante che Ildegonda vi ha letto; quando, dopo un lungo intervallo, la fanciulla ritorna nella sua camera, rivede il libro, ma ciò non ha alcun effetto su di lei: esso è là soltanto per ricordarciun momento precedente della storia.

Queste differenti caratteristiche del romanzo e della NRV sono evidentemente da porre in relazione anche con le differenti caratteristiche della lingua della prosa letteraria e di quella della poesia. Quest'ultima è volta in generale verso realtà intime, mentali e sentimentali, piuttosto che verso le cose concrete, materiali, e considera gli oggetti in quanto rappresentativi di quelle realtà. Si può ben comprendere, quindi, un ulteriore aspetto delle NRV. Nel romanzo, in cui la ricostruzione storica analitica è molto importante, la storia collettiva ha una sorta di priorità e quella privata ne è quasi una conseguenza: la narrazione del fatto particolare si giustifica per la sua forza esemplare, rapporto ad una prospettiva più ampia. Nella NRV avviene esattamente il contrario: le avventure di Ildegonda o diUlrico e Lida hanno sì la loro origine in una situazione politica che riguarda l'intera collettività (e che è pure rappresentativa d'una realtà contemporanea ai lettori); ma si sviluppano poi in modo autonomo e si concludono senza che si avverta il bisogno di rapportarsi di nuovo a una dimensione sociale. Così la fuggitiva Isabella (nella Fuggitiva del Grossi) di fronte alla spedizione napoleonica in Russia non si pone altro problema se non quello della propria separazione dall'amato; e Tommaseo in Una serva, lungi dall'indursi a maggiori precisazioni storiche sulla figura del vescovo Zanobi, nelle poche righe di premessa che aggiunge nella riedizione della novella (1872) si limita a dirci chi egli non sia. A volte anzi la concreta analisi storica finisce per perdere del tutto d'importanza: l'azione dell'Abate Gioacchino del Campagna potrebbe svolgersi nel secolo XIII come nel 111 o nel XIX. E i racconti di Padula sono ambientati nel bosco, cioè in un luogo in cui ogni intervento dall'esterno è escluso. Viene in mente Sade e la chiusura autarchica del luogo sadiano come società totalmente autonoma, di cui parla Barthes. Si tratta di un luogo che ha lo stesso valore del castello (Pia) o del convento (Ildegonda, Monastero diSanbucina): chiuso, separato dal mondo, in cui tutto è possibile.

3. Cercando di definire le NRV come genere siamo scivolati sul piano dell'organizzazione
del racconto.

Non so se sia possibile nel nostro caso trovare dei modelli sufficientemente comprensivi per essere utilizzabili: sappiamo bene che quando si ha a che fare con le strutture funzionali si rischia di risalire ad una generalità troppo ampia per essere soddisfacente. Ma si potranno tuttavia ottenere risultati interessanti se si prenderanno in considerazione altri livelli, per esempio quello tematico. Si

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potrebbero esaminare quelle che Lavagetto chiama unità minime di modificazione,cioè quegli "incidenti" e quelle "situazioni codificabili" attraverso cui si verifica" il passaggio da una posizione a quella immediatamente successiva". Le situazioni narrative vengono considerate come temi dinamici: non funzioni proppiane,definite dal loro effetto all'interno del racconto, né semplicemente temi intesi quali situazioni riconoscibili grazie al raffronto con un analogo fuori del testo (sia nella serie letteraria, sia in quella extraletteraria) e che costituiscono i materiali fondamentali della costruzione narrativa. Si tratta piuttosto di considerarei temi in quanto catalizzatori di cambiamenti di situazioni. Si potrebbe tentare un lungo inventario, ma qui mi limiterò a menzionare alcune fra le più tipiche di tali unità. Cominciando dalla lotta con l'opponente (che in genere è vinto, e la situazione da lui dominata viene capovolta; cfr. Algiso, Ulrico e Lida, Tancreda); e proseguire con il tradimento, per ragioni d'amore (Pia), di vendetta (Abate Gioacchino), d'interesse (Ildegonda), di potere (Tancreda, Rafaella, Algiso) — mentre in Valentino i tradimenti sono svariati e per diverse ragioni; con Vequivocoamoroso (Pia, Ulrico e Lida, Ildegarde); con il ritiro in solitudine (Tancreda, Abate Gioacchino, Una serva, Edmenegarda, Valentino).

Si potrebbe tentare anche un inventario dei temi in senso proprio, intesi come unità referenziali, delimitabili indipendentemente dalla posizione all'interno dell'intreccio e dalla loro funzione narrativa. Si potrebbe cominciare in questo caso dal tema universalmente diffuso della guerra per l'indipendenza nazionale; e, parallelo e contrario, quello della guerra civile, fratricida (Algiso, Ildegonda, Ulrico e Lida), che si lega all'altro degli amici divenuti awersari (Ildegonda, Ulrico e Lida). Accanto alla guerra, l'amore: ma un amore che conosce ogni possibile ostacolo. Un buon cittadino e buon guerriero prima che ad esso pensa a combattere; e l'amore, anche quando non sussistono remore di tal genere, è negato. Di norma non giunge a compimento (Fuggitiva, Ildegonda, Ulrico e Lida, Trancreda, Una serva); se vi giunge è spesso colpevole: adulterino (Edmenegarda), incestuoso (Valentino) o comunque peccaminoso (Monastero di Sanbucina);e,anche quando non è colpevole, la felicità amorosa non viene rappresentata (Pia, Algiso, Rafaella, Abate Gioacchino). L'amore buono, del resto, non è mai appassionato, perche la passione amorosa è in se stessa una colpa o un rischio: lo testimoniano i personaggi di Padula o Edmenegarda. Meglio allora ritirarsi in solitudine, come gli eremiti. I quali non sono coloro che non sanno vivere nel mondo, ma coloro che hanno rinunciato alle debolezze del mondo: versione religiosa dell'eroe romantico, di colui che si separa da una società a cui si sente superiore e che su un altro piano può essere incarnato dal brigante, dal bandito che vive nei boschi.

In contraddizione con il tema dell'eremita quello delle monacazioni forzate
(Ildegonda, Monastero di Sanbucina), che in una novella come Y Ildegonda si associaai

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sociaaiterrori notturni ed alle visioni spaventevoli caratteristici del repertorio dei romanzi neri. E compare qui anche la figura della fanciulla perseguitata, centrale in quel tipo di racconti. Cos'è d'altronde la stessa Lucia dei Promessi Sposi se non una Justine alla rovescia, che raccoglie il premio della propria virtù? La prospettivaè chiara e tranquillizzante: la fede religiosa, con la sua fiducia in una ricompensadopo la morte, costituisce una garanzia contro la débâcle della virtù. Se quindi da un lato c'è un recupero delle tematiche nere, dall'altro c'è un'inversione del segno, del senso globale dell'insieme in cui quei temi si inseriscono. E un capovolgimentoche mira a negare sul piano teoretico la presenza nel mondo del male come forza attiva. Di fronte alla valorizzazione del male si pone la sua rimozione, la separazione di ciò che si definisce come tale da quella che resta la via maestra - il bene.

Una simile impostazione rassicura sul fatto che il male è accidentale, e comunque sempre subordinato a un bene superiore. "Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba la gioia de'suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande", dice Manzoni (Promessi Sposi, cap. Vili). Anche la guerra risorgimentale, con gli orrori dei suoi campi di battaglia (come la campagna attorno a Mosca nella Fuggitiva) può essere affrontata in questa prospettiva con una sicurezza alle spalle, senza dubbi ed esitazioni, dedicandosi anima e corpo alla lotta. La saldatura fra pubblico e privato, fra lotta politica e vicende sentimentali, troverà allora la sua ragione; nel fuoco della contesa restano tra parentesi i problemi d'un amore desiderato e negato, d'un adempimento che sfugge: si potrà dire che se ciò accade è perché c'è qualcosa di più urgente che preme.

Chi affronta la questione con lucidità è Tommaseo in Una serva. In lui la repressione si configura come tale e anzi il racconto non è altro che il racconto di essa. Egli si propone direttamente di mettere a fuoco quel disagio: è la coscienza della repressione, che accetta e giustifica e vive senza nascondersela né nasconderla. E quindi non meraviglia il suo relativo insuccesso presso il pubblico ottocentesco. Né il favore riscosso, al contrario, àdXVEdmenegarda del Prati, che mediante la presentazione di un marito tradito dai tratti nobili e disdegnosi e mediante la morale della favola — di una donna la quale per aver ceduto agli istinti finisce col rimanere soia al mondo — esplicita il codice etico che rende possibile quella repressione. Tommaseo disturba il pubblico, Prati gli da invece quanto esso desidera, confermandolo nei suoi atteggiamenti morali; Tommaseo esplicita il represso, Prati giustifica il sistema di copertura.

Ciò detto si potrà anche tentare una storia interna del genere letterario NRV; tenendo presente però che quello che conta, in ultima analisi, non sono tanto le realizzazioni dei singoli quanto una produzione nel suo complesso, la quale, con tutti i propri limiti, resta delle più caratteristiche del romanticismo italiano; e la

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cui conoscenza, col fornirci un panorama più completo di quel fenomeno storico,
può dare indicazioni utili anche per la lettura dei testi maggiori.

Raffaele Morabito

L'Aquila

P. S. Solo dopo aver consegnato il dattiloscritto di questo articolo ho potuto prender visione d'un nuovo lavoro di carattere generale sulla NRV: Marchetti, Loris M.: La novella in versi nell'età romantica: un'approssimazione teorica, in: Barberi Squarotti, Giorgio (ed.): Metamorfosi della novella, Foggia, Bastogi, 1985.

Riassunto

Le novelle romantiche in versi, assai amate dal pubblico ottocentesco, sollecitavano due tipi di lettura: uno popolare (di adesione ai fatti della storia) e uno dotto (sullo sfondo di una tradizione letteraria entro cui quei racconti si collocavano). Esse presentano delle caratteristiche peculiari e si possono definire come autonome all'interno del sistema dei generi letterari grazie al raffronto con altri generi consacrati e limitrofi sul piano della sincronia (romanzo, ballata romantica) e della diacronia (poema epico-cavalleresco, novella di tipo boccaccesco). L'analisi tematica ne segnala in particolare il rapporto col romanzo nero, di cui assumono alcuni temi ma rovesciandone il senso, nella prospettiva della subordinazione del male a un bene superiore.

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