Revue Romane, Bind 20 (1985) 1

Michel Olsen: Amore, Virtù e potere nella Novellistica rinascimentale - Argomentazione narrativa e Ricezione letteraria. Federico & Ardia, Napoli. 1984. 220 p. — Distribuzione per la Danimarca: Akademisk Forlag, Copenaghen.

Gérard Genot

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Il nuovo libro di Michel Olsen riprende ed approfondisce le ricerche esposte nelle opere precedenti dell'A.: Les Transformations du Triangle Erotique, Akademisk Forlag, Copenhague, 1976 (TTE); "Some Reflections on the Role of Chance", in J. D. Johansen - M. Nojgaard (eds), Danish Semiotics, Munksgaard, Copenhagen (= Suppl. n. 4 ad Orbis Litterarum), 1978; "II "caso" nel "Novellino" di Masuccio", in M. Cataudella - F. D'Episcopo - G. Gargiulo - M. Olsen, Strutture narrative e conflitti sociali nel "Novellino" di Masuccio Salernitano, Palladio, Salerno, 1978.

Dopo anni di riflessioni - e dopo la ricca discussione con M. Nojgaard e P. Nykrog, v. Revue Romane XIII, 2 (1978), p. 313-334 - Olsen ripresenta ora in una costruzione organica la sua 'tesi' ed i principali risultati dell'applicazione del suo metodo narratologico a raccolte di novelle italiane, dal Decameron agli Ecatommiti ed alle Sei Giornate di Erizzo.

Il volume si apre con una rigorosa introduzione, nella quale viene delimitato il corpus e definita la metodologia (p. 7-44). Cinque capitoli di varia lunghezza sono poi dedicati al Decameron (p. 45-74), alle Novelle del Sercambi (p. 75-104), al Pecorone (p. 105-114), alle Porretane di Sebastiano degli Arienti (p. 115-132), e infine a Giraldi Cinzio e Sebastiano Erizzo (p. 133-152). Una suggestiva Conclusione (p. 153-174) sintetizza risultati e problemi interpretativi, e dopo l'aggiornata Bibliografia (p. 175-180), gli Indici (p. 181-220, che sono tabelle analitiche delle raccolte, costruite sulla base della 'chiave' di cui parlerò più avanti) permettono di collocare reciprocamente i dati testuali (le novelle) e le categorie narrative (azioni, sequenze). Dati i miei interessi personali di ricerca, dedicherò la maggior parte di questa recensione alla discussione della teoria e del metodo di Olsen, lasciando ad altri di apprezzare i risultati in sede di storia o di critica letteraria.

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II metodo del Nostro è teoricamente strutturale, cioè considera "l'opera d'arte come struttura o sistema" (p. 38), sia nella sua costituzione interna, sia come parte di un insieme: e difatti l'A. ribadisce che soltanto il confronto tra varie raccolte può permettere una interpretazione non aleatoria (v. p. 70 per Boccaccio, p. 101 per Sercambi, ecc). Si tratta quindi di una prospettiva teorica che non perde mai il contatto con la storia, e che mira invece a proporre strumenti analitici per costruire modelli logici dello svolgimento storico delle ideologie. Olsen fa portare la sua indagine sulle novelle erotiche, e questa preselezione tematica è la condizione di un'analisi formalizzabile; i risultati poi diventano un indice, o meglio una funzione del cambiamento storico-ideologico. Per analizzare l'imponente corpus delle novelle tra Medioevo e Rinascimento (un migliaio tra le TTE ed il presente volume!), l'A. ha elaborato due strumenti operativi estremamente eleganti ed efficaci: il triangolo e la chiave.

Il 'triangolo erotico' di Olsen è contemporaneamente uno schema di relazioni individuali e sociali concrete ed uno strumento logico di riferimento e normalizzazione. E', per dirla in termini matematici, un grafo (SI, S2, A), dove SI (sposo) è il coniuge detentorc àe\Yautorità istituzionale, S2 (sposa) è il coniuge oggetto (sia dell'autorità matrimoniale che del desiderio di A), e A (amante) è il personaggio legato a S2 dal desiderio erotico non 'autorizzato'. Questo triangolo combina le relazioni sociali (istituzionali, il matrimonio e l'autorità che ne consegue) e le relazioni individuali (desiderio erotico); centro e TDersaglio', deposito sia dei valori sociali che dei valori individuali, la donna, moglie/amante. L'A. avverte (p. 11) che i tre termini della sua costruzione "non coincidono con gli aitanti greimasiani": si tratta di classi che definirei modali, che si sovrappongono sia ai personaggi-attori (figurativi) che ai ruoli dei motivi o delle funzioni narrative (agente, paziente, destinatario, ecc). "Un mari, terme sémantique, peut fonctionner comme autorité, objet ou amant, voilà les termes syntaxiques." (Olsen, in Revue Romane XIII, 2 (1978), p. 331). I 'nomi' dei termini non fanno altro che rispecchiare una tendenza statistica: nelle condizioni sociali ed ideologiche vigenti, SI è normalmente un marito, A è normalmente un personaggio 'neutro' rispetto alla condizione matrimoniale, e S2 è normalmente la moglie di SI. Il triangolo serve a prelevare in modo controllato un sottoinsieme di proposizioni narrative da un corpus, ed a classificarle secondo le varianti formali e contenutistiche assunte dal modello di riferimento.

La chiave è uno strumento di calcolo costruito prima induttivamente, cioè in seguito ad una osservazione e schematizzazione del materiale pertinente; e poi deduttivamente, come normalizzazione, saturazione e strutturazione operate sulla prima trama schematica. Per esempio, nella chiave "le azioni sono rappresentate sotto forma dicotomica: affermazione o negazione" (p. 12). E' un modello che fa pensare a quello di Brémond, ma avverte l'A. (p. 13) "invece di seguire una ramificazione teoricamente non finita, ho scelto, per scopi pratici, di costruire una chiave che descrivesse le possibilità più frequenti. " (cm.). Le unità della chiave sono azioni o funzioni, analoghe in un certo senso a quelle di Propp, e consistono generalmente di parecchi motivi e costituiscono insomma delle (micro-) sequenze narrative, o più esattamente Y interpretazione funzionale di tali microsequenze; sono, in altri termini, solidarietà (sequenza narrativa, funzione) di cui l'A. prende in considerazione principalmente l'aspetto funzionale (sulla problematica motivo/funzione, v. P. Larivaille, Le Réalisme du Merveilleux - Structures et histoire du Conte, Doc du CRLLI, Université Paris Nanterre, n. 28, 1982, cap. 11-111, p. 37-106; e G. Genot, Grammaire et Récit - Essai de Linguistique textuelle, Doc. du CRLLI, Université Paris Nanterre, n. 32, 1984, cap. 5, part. p. 314-331).

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La chiave è dunque la tabella generale dei 'possibili' narrativi corrispondenti alla dinamizzazione del triangolo; è anche la classifica 'logica' di riferimento che serve a collocare un dato racconto, e cioè a definirlo come un dato percorso nel grafo della chiave, una sequenza di azioni/'funzioni, quella che nella terminologia della teoria dei giochi si definisce una strategia: una sequenza ordinata di scelte o tattiche, volta ad un fine prestabilito, e codefinita da detto fine e dalla propria struttura interna (concatenazione delle 'mosse'). In tal modo, normalizzate in base alla chiave, le varie storie diventano commisurabili, paragonabili: fini e strategie possono essere confrontati, con questo strumento, sia nella misura globale dell'intero racconto che in quella minima della funzione, della sequenza, della proposizione narrativa; tali unità vengono automaticamente iscritte nella duplice dimensione paradigmática (particolarmente come attuazzioni varianti del triangolo, debitamente modalizzate), e sintagmatica (come svolgimento narrativo). Sono dunque interpretabili, sia separatamente, sia in funzione uno dell'altro, contenuto e funzione, figurazione e valorizzazione ideologica, realismo e portata argomentativa. Ad esempio, la chiave (esplicitata a p. 216), divisa in tre branche, preclassifica le novelle in (1) novelle di corteggiamento, (2) novelle di rifiuto seguito da violenza o inganno, (3) novelle di adulterio (per lo più amante-moglie): sono strategie narrative che possono servire ad interpretare correttamente una qualsiasi proposizione-motivo: un rifiuto, seguito da ravvedimento/accettazione, o invece da violenza da parte dell'amante respinto, può avere in entrambi i casi la medesima motivazione (onestà, ecc.) ed il medesimo contenuto, ma la sua funzione (rapporto gerarchico con altre azioni) sarà ben diverso: la chiave di Olsen, anche se tende a privilegiare la funzione e le fasi finali dell'azione (come ha rilevato Nojgaard nella discussione ricordata sopra), permette nondimeno di tener presente i contenuti figurativi, legati realisticamente alle relazioni sociali ed ai valori ideologici vigenti.

Perché la chiave ha un'altra funzione:

La chiave non si propone solo di ritrarre lo svolgimento dell'intreccio-fabula (giacché
taie distinzione, a causa délia progressione cronologica, diviene inopérante), ma di
articolare le operazioni su livelli postulati di valore. In tal senso, ogni azione délia chiave
puà, più o meno, considerarsi corne una asserzione o negazione operaîa su tali valori.
(p. 22, cm.).
Nel corso délia discussione del suo primo libro, Olsen aveva dichiarato:
Je considère que les qualifications - positives ou négatives - des personnages dépendent,
dans la majorité des cas, des assertions narratives, plutôt que l'inverse, et les assertions
dépendent, -elles, le plus souvent, des combinaisons sociales sur lesquelles elles opèrent.
{Revue Romane, XIII, 2 (1978), p. 324).

Il movimento circolare 'combinazioni sociali — asserzioni narrative — formule qualificative — combinazioni sociali -...' mostra come / racconti nascono da una realtà sociale che essi interpretano, giudicano, servono a modificare a titolo di modelli comportamentali; e poi si adattano i vecchi racconti e ne nascono nuovi, e via dicendo. Le posizioni teoriche, metodologiche e interpretative di Olsen sono perfettamente conformi a questa visione dialettica della cultura e della tradizione, e del ruolo che in esse gioca la narrativa.

Tornando al triangolo, si vede che i suoi termini non sono né figure-attori (semanticamenteirriducibili)
né aitanti categoriali, ma ruoli modalizzati nei quali "sistemi di valori
e combinazioni sociali" (p. 23) sono accoppiati. L'A. distingue poi tra novelle argomentative

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e novelle-indici (p. 25-26) che sono esempi non impegnativi per il narratore, elementi enumerativi di una casistica; la proporzione di queste ultime è anche una misura della posizione dell'autore e del suo impegno ideologico: Olsen esamina brevemente i vari autori del suo corpus (p. 26-27) proprio in funzione della frequenza, distribuzione e contenuto delle novelle, e ne trae configurazioni 'letterarie' suggestive.

L'A. ritorna sul problema del caso, già vivacemente discusso con Nojgaard e Nykrog,
e ne ripropone una definizione prevalentemente funzionale (come risposta ad obbiezioni
a carattere figurativo) :

La definizione — arbitraria, anzi postulata - del caso sarà dunque: un'azione finale eseguita da un agente che non fa parte del triangolo, ossia da un termine del triangolo, ma senza premeditazione, ossia da un termine del triangolo che in una seconda sequenza valutativa di una prima sequenza abbia cambiato posto rispetto al primo triangolo. (P- 29).

Il caso può essere 'performatore' (favorisce o impedisce il possesso dell'oggetto desiderato), o conoscitivo - si tratta allora dell'agnizione, che opera sull'opposizione essere/parere e rende (in)compatibili valori personali e valori sociali. La discussione sul 'caso' mette in evidenza uno dei problemi minori della formalizzazione di Olsen: come quella di Propp, essa insiste sulla parte centrale della funzione, la rete di relazioni tra i partecipanti, e lascia in secondo piano i ruoli esatti delle figure; in un secondo tempo è sempre possibile assegnare un'azione ad un agente, paziente, strumento, oggetto, ecc. ma mi sembra che la prevalenza funzionale renda un po' difficile il reperimento dei ruoli a partire dalle figure-personaggi. Ora, se è evidente che l'ideologia del racconto si manifesta essenzialmente nell'incontroscontro tra categorie sociali (statuti) e funzioni narrative, mi pare altrettanto importante il ruolo di qualifiche 'secondarie', cioè embrioni o vestigi narrativi sotto forma di qualifiche annesse, concentrati di 'asserzioni narrative' che conferiscono alla narrazione, da una parte un suo spessore 'realistico', dall'altra un supplemento di risonanza ideologica, di profondità, di nuances, et perfino di contraddizione (mettiamo Boccaccio a confronto con Sacchetti, e si avrà anche l'impressione di una differenza qualitativa che è quella della complessità del mondo rappresentato). Forse lo schema di Olsen - ma ciò è conforme alla sua strategia teorico-metodologica - fa in certo modo una impasse sull'aspetto intermedio tra figurazione e funzione di cui parlo: ma soltanto nella misura in cui l'A. si occupa di unità 'medie', le sequenze, laddove altri (fra i quali chi scrive) lavorano su unità di livello inferiore, i motivi; con tutti i problemi della definizione della funzione (contestualmente variabile) del motivo. Come si vede, si tratta qui più di strategie analitiche che di opposizioni teoriche.

Infine, l'A. ritorna sull'asserzione narrativa per affrontare un problema fondamentale
dell'analisi, dell'interpretazione e della storia della narrativa:

Nello studio dell'argomentazione narrativa puô a volte essere difficile operare una
distinzione tra ciô che afferma il testo in modo consapevole, anche per il lettore contemporaneo,
e semplice presupposizione. (p. 39).

E' chiaro che questa domanda può sorgere ed essere risolta soltanto nell'ambito della "considerazione e descrizione di strutture che si attualizzino in modo generico in tale gruppo di testi (genere)." (p. 38). L'argomentazione narrativa è fondata sull'interesse di un pubblico, cosicché l'esplicitazione o meno di un tratto funzionale va interpretata in funzione ideologica: "l'assenza di un tratto in un testo oscilla tra l'assenza di tale tratto anche nella realtà sociale donde si origina il testo ... e il cancellamento, la rimozione di

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un tratto esistente nella stessa realtà sociale." (p. 40). Tale è la posizione del testo, che le funzioni del(l') (ri)affermare, del rimuovere, e dello spostare (analoghe a quelle del sogno nell'individuo) contribuiscono alla formulazione 'traslata' dei problemi della società per mezzo del 'racconto'.

Muovendo da queste premesse teoriche e metodologiche, l'A. affronta il suo corpus con notevole autorità ed informazione, e compie una stimolante rilettura dinamica della grande tradizione novellistica italiana, ricostruendo una prospettiva storico-culturale di grande interesse; anche se non posso né, come ho detto, voglio dilungarmi sui contenuti critici del libro dell'Olsen, vorrei almeno segnalare le pagine dedicate al Decameron, come esempio di uno sfruttamento brillante e pertinente dei risultati di un'analisi formale rigorosa. Dopo aver rilevato che "se lo stile del Decameron ha goduto di tante analisi tale interesse ha nociuto alquanto all'analisi degli schemi narrativi, soprattutto all'analisi del loro insieme" (p. 45), l'A. dimostra in che senso il Decameron abbia "formato una sua tradizione" (s'intenda una tradizione di strutture narrative) (p. 46), di modo che "imitazione di Boccaccio significa, sì, che il Decameron è presente nell'orizzonte di attesa di altri autori, ma che non vengono riprodotti i valori boccacciani". (p. 74). Ma l'Olsen non ignora il principio di retroazione (Jeed-back) tipico della letteratura (v. i paradossi di Borges su Cervantes letto dopo Balzac), per cui "solo tramite il confronto con altri novellieri gli schemi delle combinazioni sociali divengono veramente significativi" (p. 70); come per qualsiasi motivo narrativo, il senso dell'insieme del discorso narrativo è definito volta per volta dalla sua ricezione e dal suo svolgimento in opere che ne sono la continuazione' discendenza.

Questa visione dialettica della letteratura viene formulata dall'A. stesso, a conclusione
del suo bel libro:

L'oggetto del mio lavoro è solo in parte la descrizione dei singoli novellieri; mentre
è in tutto il tentativo di mettere in luce la natura argomentativa del novellare, (p. 174).

E vorrei ricordare ancora questa dichirazione dell'A. nel corso della discussione delle TTE:

Mon engagement méthodologique ne le cède en rien à mon intérêt pour le développement des idéologies ou visions du monde. Les deux engagements vont de pair et sont, je le crois, également nécessaires: l'un pour obtenir des résultats contrôlables, l'autre pour éviter des formalismes vides; ce qui n'empêche nullement que le chercheur puisse accentuer un pôle ou l'autre selon les besoins du moment, ses goûts personnels, etc. {Revue Romane, XIII, 2 (1978), p. 334).

Concludendo, vorrei riassumere i punti sui quali ritengo che l'Olsen abbia portato un
contributo decisivo per l'analisi e l'interpretazione della narrativa, punti sui quali mi trova
completamente consenziente:

1.-La definizione del racconto come concatenazioni di azioni (sequenze), dalle quali
possono essere estratti filoni particolari (definiti secondo i contenuti figurativi e modali),
fra tutti quelli compresenti e compossibili.

2.- La definizione dei partecipanti come 'ruoli sociali' che costituiscono predeterminazioni narrative parziali, e possono ammettere qualifiche derivate dalla stessa narrazione: donde la nozione di controllo reciproco tra categorie formali narrative e immagine del mondo di una società, controllo che si definisce come codice narrativo vigente in una data cultura.

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3.- L'affermazione della natura argomentativa della narrazione, con la definizione precisa dell'asserzione narrativa (descrizione + modalizzazione), nonché della presupposizione e dei valori indiziali dei tratti 'taciuti' o cancellati. Quest'affermazione da tutta la sua portata alla definizione del racconto e dei 'personaggi', che sono strutture di mediazione tra miti/valori (statici) e realtà sociale dinamica.

4.- Infine l'affermazione della relazione dialettica tra modelli formali e fatti storici, che si adattano a vicenda, a seconda del prevalere dell'aspetto ideologico (che tende a frenare l'evoluzione socio-storica) o delle forze profonde della società (che tendono a scavalcare i limiti dell'ideologia).

5.- Lo stesso metodo e modus operandi di Olsen, induttivo-deduttivo, empirico e
poi sistematico, che s'inserisce armoniosamente nello stesso processo della comunicazione
a distanza della tradizione letteraria, e ne segue fedelmente le sinuosità.

Il libro di Michel Olsen invita alla (ri)lettura dei suoi altri lavori, dei quali costituisce più una discussione che una continuazione lineare, e ne consiglio la lettura a chi voglia vedere in atto un metodo rigoroso, sostenuto da una larga ed aggiornata informazione linguistica, filologica, storica, letteraria; e protetto dai pericoli del formalismo vuoto e dell'erudiziene fine a se stessa dalla più rara delle qualità: il buonsenso.

Paris Nanterre