Revue Romane, Bind 19 (1984) 2

Risposta a Ebbe Spang-Hanssen

Gunver Skytte

Side 306

Ringrazio Ebbe Spang-Hanssen delle sue osservazioni acute e essenziali.

Per quanto riguarda le riserve espresse da Ebbe Spang-Hanssen a proposito della mia analisi di verbo + dilnf e verbo + alnf, vorrei rimandare alla mia risposta a Palle Spore che contiene l'essenziale della mia argomentazione. Soltanto vorrei approfittare dell'occasione per ribadire alcuni punti per me importantissimi: la distinzione oggetto diretto - oggetto indiretto interessa soprattutto la sintassi del sostantivo, mentre il sintagma infinitivo e la proposizione completiva subordinata sono indifferenti davanti a tale distinzione. Voler descrivere la sintassi dell'infinito e della proposizione subordinata secondo il modello del sostantivo, rappresenta una complicazione inutile, complicazione che salta agli occhi se passiamo alla grammatica applicata (prospettiva didattica o contrastiva).

La seconda parte della critica di Ebbe Spang-Hanssen è tutta dedicata ad una valutazione del concetto di coesione. Sono riconoscente di tale valutazione che certo sarà utile per eventuali ulteriori elaborazioni del concetto. In linea di massima, posso accettare gran parte delle riserve fatte da parte di Spang-Hanssen. E, infatti, mi permetto di osservare che, per quanto riguarda alcune interpretazioni teoriche, ho già nel mio libro espresso le riserve ritenute necessarie. Evidentemente, i risultati di una ricerca non potranno mai essere definitivi, e così, per quanto riguarda il concetto di coesione, vorrei che lo si considerasse un contributo alla discussione intercorrente (e, certo, ancora piena di punti interrogativi) sull'ausiliare. Il concetto di coesione, nella mia esposizione, comprende criteri riguardanti tutti gli aspetti della lingua (fonologico, sintattico, semantico-lessicale), ed ha il vantaggio di lasciar intrawedere la graduazione tra ausiliare e non-ausiliare. D'altra parte, sono compresi tra i criteri due fattori meno sicuri, e forse non definiti da me in modo sufficiente, come rileva giustamente Ebbe Spang-Hanssen. Si tratta della forma semplice o composta dell'infinito e del fattore aspettuale.

Per quanto riguarda la forma semplice o composta dell'infinito, questa ha una certa tendenza a provocare la dualità del costrutto verbo + verbo. Certo, si tratta soltanto di una tendenza (infatti, nel mio libro sono citati esempi concreti di casi di unità), ma tuttavia di una tendenza esplicita, della quale sarebbe utile tener conto in una esposizione didattica. Quindi mi sembra giusto adoperare questo criterio con le riserve necessarie. Sono convinta che ulteriori ricerche potrebbero servire a chiarificarne l'utilità e le restrizioni. Ebbe Spang- Hanssen nello stesso contesto cita il costrutto francese il va être condamné. Discutendo la validità della forma composta dell'infinito come criterio per la dualità (v. tra l'altro p. 107 del mio libro), ho esaminato l'influsso del significato rispettivamente di Vorgang e di Zustand. Nel caso di Vorgang, il costrutto di unità sembra possibile. Questo mi pare appunto essere il caso dell'esempio francese, citato da Spang-Hanssen: être condamné, nel dato contesto, è possibile soltanto con significato di Vorgang.

Un altro punto su cui Ebbe Spang-Hanssen si mostra oltremodo scettico, è quello del fattore aspettuale. Leggo l'obiezione di Spang-Hanssen nel modo seguente: egli ammette la rilevanza di introdurre l'elenco dei verbi concreti in questione tra i criteri provocanti la dualità; le sue riserve, invece, riguardano la mia interpretaziune dei tratti in comune di tali verbi, e cioè l'influsso deU'Aktionsart. Naturalmente, ci si potrebbe limitare all'elenco dei verbi, in se stesso fondamentale e indispensabile. D'altra parte, anche ammettendo qualche limitazione, mi pare che l'ipotesi del denominatore comune Aktionsart, nel tipo di descrizione fatta da me, sia più utile che non un elenco di verbi. Un compito centrale per me è di rispondere alla domanda perché essere e avere nei costrutti di unità sono possibili

Side 307

esclusivamente col significato perfettivo (rispettivamente 'diventare' e 'ottenere*), mentre negli altri casi non lo sono. Ho cercato di costruire la mia argomentazione in favore del fattore aspettuale. Può darsi che tale ipotesi non sia né sufficiente né soddisfacente. Se non lo è, mi auguro tuttavia che il fatto di averla avanzata possa ispirare altri ad ulteriori indagini in quel campo specifico, tanto affascinante della sintassi verbale.

Copenaghen