Revue Romane, Bind 19 (1984) 2

Risposta a Palle Spore

Gunver Skytte

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Ringrazio Palle Spore della sua attenta lettura critica del mio libro.

L'infinito, nei lavori tradizionali, spesso ha trovato un trattamento coniato sul modello del sostantivo. I vari costrutti infinitivi vengono esposti secondo la loro funzione (soggetto, oggetto, predicato, oggetto indiretto ecc.) nella frase o secondo la loro sostituibilità col sostantivo. Intanto, questo procedimento, che immediatamente può sembrare logico, non è adatto né a predire la scelta dell'introduttore né a rendere conto della verbalità dell'infinito, ossia dell'estensione della funzione verbale dell'infinito. Più adatto, invece, a tale fine (che corrisponde alle esigenze pratiche a una descrizione grammaticale dell'infinito) trovo il principio di coerenza, combinato con maggiore attenzione all'alternanza sintagma infinitivo - proposizione subordinata. Il principio di coerenza, coprendo fattori prosodici, sintattici e semantici, permette di descrivere con maggiore esattezza, grazie all'idea di una graduazione, i vari casi di costrutto infinitivo in rapporto al membro reggente.

Nel caso di alnf, la tradizione appunto analizza i costrutti infinitivi partendo dall'esempio del sostantivo, retto da verbo identico, di modo che alnf viene analizzato diversamente secondo le possibilità di sostituzione. Ora, sostengo che al criterio di sostituibilità viene attribuita un'importanza esagerata. Il confronto col sostantivo serve soltanto a stabilire differenze artificiali, camuffando le somiglianze, delle quali sarebbe più appropriato tener conto in una descrizione adeguata. La tradizione vorrebbe separare costrutti come continua a ripeterlo e torno a ripeterlo, basandosi esclusivamente sulla sostituzione col sostantivo, senza, tra l'altro, tener conto del cambiamento semantico della radice verbale, e sulla pronominalizzazione, la quale, è vero, quando raramente ha luogo (fuori delle grammatiche) segue il modello del sostantivo (però, non senza contare i casi dubbi). Tale distinzione, considerata in prospettiva didattica e contrastiva, diventa una complicazione inutile. Come dimostro nel mio libro, i tratti comuni di alnf retto da verbo sono molti e rilevanti, sia per interpretare la scelta dell'introduttore (differenza dilnf — alnf), sia per descrivere in modo unitario la semantica di tutti i costrutti del tipo verbo + alnf.

Sono sicura di capirti. Riferendomi a quanto detto sulla verbalità dell'aggettivo (cap. Ili, p. 322), sostengo che tale verbalità viene attualizzata attraverso il verbo essere, di modo che abbiamo sono sicura + di capirti, corrispondente a so + di capirti. Per altre funzioni, si confrontino: sapendo + di capirti/sicura + di capirti, ho letto il tuo manoscritto.

Infinito e gerundio, costituenti del sintagma verbale. Palle Spore sostiene che tra le forme infinite soltanto il participio passato può far parte del sintagma verbale, con avere o essere al posto dell'ausiliare. La possibile scelta fra andare, venire e stare + gerundio non contrasta, secondo me, con la loro funzione di ausiliari nel dato costrutto. Si tratta di perifrasi verbali, in cui l'ausiliare serve a modificare aspettualmente la radice verbale al posto del gerundio, con vari valori aspettuali secondo l'ausiliare specifico. Il carattere di perifrasi, ossia l'appartenenza dei costituenti al sintagma verbale, procede da vari fattori di coerenza, p. es. di tipo sintattico (posizione dei pronomi atoni) e lessicale (andare, venire e stare appaiono nel costrutto con significato attenuato e traslato; il contenuto principale è quello del verbo al posto del gerundio, contenuto che viene modificato in senso aspettuale attraverso l'ausiliare). Il termine ausiliare, sebbene comunemente accettato, non è mai stato definito in modo esauriente e univoco. Se ho capito bene, i criteri accettati da Palle Spore sono di tipo funzionale (si confronti: "Ma riconosco che...", p. 299). Il principio di coerenza, da me adoperato, oltre a comprendere fattori sintattici, considera pure fattori semantici e prosodici, e diventa così uno strumento realistico per descrivere la perifrasi

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verbale e la graduazione che intercorre tra aus. + vb. inf. = sintagma verbale (unità) e vb. + vb. inf. = due sintagmi separati (dualità). Bisogna riconoscere che non c'è un aut - aut, bensì una graduazione. La lingua non sempre soddisfa al desiderio del linguista di stabilire delle divisioni nette e assolute. Riconoscendo l'idea di una graduazione si arriva a capire meglio l'evoluzione della lingua, ossia il cambiamento linguistico. Non potrei tralasciare di citare, in questo contesto, l'articolo di Ebbe Spang-Hanssen "La notion de verbe auxiliaire"in Michael Herslund, Ole Mordrup et Finn Serensen (éd.): Analyses grammaticales du français. Etudes publiées a l'occasion du 50e anniversaire de Cari Vikner. Etudes Romanes, 24, 1983, p. 5-16. Questo lavoro illustra in modo informativo i vari aspetti dei problemi congiunti col concetto di ausiliare, e soprattutto viene messa in rilievo l'impossibilitàdi stabilire un criterio unico per delimitare i casi di perifrasi verbali. Inoltre mi pare importante e notevole il rilievo dato da Spang-Hanssen al criterio lessicale. L'aumentatointeresse, che condivido, per il fattore lessicale va senz'altro messo in rapporto con le esigenze formulate da alcuni indirizzi centrali della linguistica odierna, cioè la linguisticacomputazionale, la linguistica contrastiva e la traduzione automatica. Vista in questa prospettiva, l'interpretazione estesa dèlVausiliare mi sembra pienamente giustificata. Per quanto riguarda preferire, osare, intendere + inf., citati da Spore, p. 299, questi verbi non sono compresi nel mio elenco di verbi che possono formare perifrasi verbali, appunto per criteri funzionali, essendo esclusa l'anteposizione dei prenomi atoni (lo devo dire — *lo preferisco dire).

Il cosiddetto "nexus". Secondo Palle Spore, il soggetto è membro facoltativo nella frase, obbligatorio nel nexus (che in questo caso sarebbe uguale al "costrutto assoluto" della grammatica tradizionale). — 10, invece, nel mio libro ho sostenuto che il soggetto è subordinato al membro verbale, sia di forma finita che di forma infinita. Nei singoli casi, condizionato da fattori contestuali, il soggetto può essere espresso o meno. Così p. es. all'inizio di un testo, normalmente non potrei tralasciare il soggetto del verbale finito. Ma questo non riguarda la regola generale, secondo la quale il soggetto è membro facoltativo. Le condizioni contestuali sono analoghe per quanto riguarda i costrutti con sintagma verbale non-finito. L'espressione o meno del soggetto è regolata da fattori contestuali. Considero omofunzionali i due costrutti seguenti:

1) finita la guerra, amava continuarla nella lotta politica

2) finita, la guerra tuttavia rimane nella memoria

Si tratta in ambedue i casi di avverbiali di frase, costituiti da sintagmi verbali non-finiti: nel primo caso, il soggetto, membro subordinato rispetto al nucleo del sintagma, è espresso per ragioni contestuali, nel secondo caso è implicito. Oltre ai vantaggi della semplicità che offre tale analisi, la sua adeguatezza è resa evidente appunto dalla costruzione dell'infinito sostantivato in italiano. Si confrontino:

3) l'aver egli scritto questa lettera

4) l'aver scritto questa lettera

La sostantivazione attraverso l'articolo determinativo è possibile perché nucleo del sintagma infinitivo è l'infinito, mentre il soggetto egli si trova in subordinazione rispetto ad esso. — Se accettassimo l'analisi proposta da Spore, avremmo a che fare con un "nexus" sostantivato, e allora diventerebbe piuttosto difficile spiegare l'agrammaticalità del costrutto *il finita la guerra... Si confrontino inoltre i costrutti col gerundio, nucleo del sintagma verbale non-finito:

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5) avendo letto il giornale, Mario si addormentò

6) avendo Mario letto il giornale, Luigi entrò

L'analisi di Spore presuppone due denominazioni e due interpretazioni diverse dei due
costrutti gerundivi. La mia analisi, invece, oltre ad offrire un vantaggio in senso didattico,
assicura una semplificazione della descrizione.

Fare, lasciare + inf. Per quanto riguarda gli argomenti e i criteri da me sostenuti, penso che Palle Spore ne dia un riassunto troppo semplicifato (ammetto tuttavia che una discussione come la nostra sia limitata da fattori pratici di spazio). Mi permetto perciò di rimandare ai miei criteri per analizzare l'infinito come elemento integrante dell'unità verbale / + inf. p. 44 e p. 53 del mio libro. Oltre al fatto che non posso condividere "lo scarso valore" attribuito da Palle Spore agli argomenti di carattere semantico, debbo precisare che tra molti argomenti, oltremodo essenziale trovo il criterio sintattico della posizione dei pronomi atoni. L'argomento che Spore vorrebbe accettare (e, secondo lui, "non allegato a quel proposito", p. 299), si trova a p. 53. La proposta di Palle Spore di distinguere tra due costrutti, secondo la presenza o meno del soggetto logico dell'infinito, secondo me contrasta con la classica esigenza di semplicità.

Per quanto riguarda l'analisi di ho visto arrivare il treno, non mi convince la postulata unanimità, anzi (cfr. p. 247 e p. 297 del mio libro) considero il rapporto tra l'oggetto e il predicato dell'oggetto non come un nexus, bensì come un caso di subordinazione, e più precisamente: l'oggetto sarebbe subordinato rispetto al verbale + il predicato dell'oggetto.

Infine, mi pare di aver già risposto sopra alle riserve di Palle Spore sul rapporto tra
infinito e soggetto nel costrutto (I + S).

Lo spazio purtroppo non mi ha permesso di dare una risposta esauriente a tutti i dettagli interessanti rilevati dallo Spore. Spero tuttavia di aver dato una risposta informativa e chiarificatrice, anche se forse non sufficiente a convincere Palle Spore ad adottare le mie opinioni.

Copenaghen