Revue Romane, Bind 18 (1983) 1

Hans 8011-Johansen, Lene Waage Petersen (red.): Moderne italiensk litteratur. Kobenhavn, Gyldendal, 1983. 360 p.

Carten Jensen

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In lui c'è un misto di eleganza e di trascuratezza accentuata dalla sigaretta che gli pende dalle labbra mentre posa davanti al fotografo. Faccia intelligente, in cui due occhi neri esprimono un qualche cosa che sta fra I'ironia ed una timida malinconia. Quando sente su di se l'attenzione del pubblico parla a ruota libéra, ma con la serietà di chi è consapevole dell'importanza di ciô che dice. Crede in due sole cose: la ragione umana e la morte. E' un nipotino di Voltaire ma ha una qualche parentela anche con Casanova. Il rapporto con il primo si sente nel suo ragionare, il rapporto con il secondo si vede nel suo atteggiamento.

Di donne ne ha conosciute moite, ma la brève durata dei suoi amori dice che ci sono nella sua personalità zone inaccessibili, non chiare nemmeno a lui stesso. In società tende anche a rendersi intéressante per quel suo esser solo. Sa di piacere aile donne, e finchè sarà vecchio continuera a portare la giacca corne un giovanotto, buttata sulle spalle con le maniche penzoloni e un portamento del corpo da cui traspare la consapevolezza délia sua mascolinità.

Questo è il protagonista di un libro che esce oggi, in cui sei donne ed un uomo lo rappresentano in otto varianti. E' il «grande scrittore» italiano, corne appare dalla silloge «Moderne italiensk litteratur». Lene Waage Petersen lettore al Romansk Insitut dell'università di Copenaghen, unitamente al dr.phil. Hans 8011-Johansen ha curato corne redattore ed in parte scritto, con grande competenza e solidità d'informazione, un panorama délia letteratura italiana a partire dalla fine délia seconda guerra mondiale. Ai due articoli d'insieme di Lene Waage Petersen si connettono nove ritratti di scrittori ed una galleria di ritrattini disposti in ordine alfabetico a cura di Jorn Korzen. Oltre a questo, Daniela Quarta dà un suo contributo sull'editoria; e per finixe, il libro è riccamente illustrato con numerose fotografie del «grande scrittore» italiano e del suo ambiente.

Nella scelta délie figure da trattare, gli autori si concentrano su quelle che erano già indiscutibilmente affermate negli anni '50. In posizione dominante sone tuttora gli anziani, e fra i loro successori ancora non ne è emerso nessuno, secondo gli autori, che veramente convinca. Quattro scrittori sui nove trattati sono morti da un pezzo, e Fetà média dei viventi è di 66 anni e 8 mesi. A quanto pare la letteratura italiana moderna è assai vicina all'età délia pensione.

Fatta eccezione per il neorealismo degli anni '40 e per la cosiddetta letteratura del fantastico riapparsa negli anni '70, si puô dire che la letteratura italiana e quella danese passano attraverso le stesse fasi. L'alienazione e lo sperimentalismo dominano negli anni '60, mentre i '70 sono il decennio del documentarismo e delFimpegno civile.

Il neorealismo è il battesimo intellettuale délia generazionc délia resistenza, la liquidazione di una tradizione aristocraties e retorica, allorchè la libertà di espressione riacquistata con la caduta del fascismo è prima di tutto libertà di raccontare la storia del popolo in quella gran varietà di toni e di dialetti con cui il popolo si esprime.

Ciô che più colpisce del neorealismo è la sua ingenuità, che finisce per l'appunto con l'ucciderlo.La
sua fede neLTefficacia del linguaggio e dei contenuti popolari, la sua elementare

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distinzione della realtà in bene e male, in uomini e non-uomini doveva alla fine aver partita
persa nella complessa realtà italiana del dopoguerra.

Le varianti italiane del modernismo, della neoavanguardia e del neosperimentalismo degli anni '60 lavorano nella direzione dell'antiromanzo con la dissoluzione delle strutture temporali, delle categorie del personaggio e della trama narrativa, affermata nel modo più radicale da Giorgio Manganelli nel libro dal titolo significativo: La letteratura come menzogna. In esso egli sostiene che qualsiasi rappresentazione del reale in letteratura è impossibile. Lavorare nell'ambito delle leggi che sono intrinseche all'arte ed al linguaggio è impresa che ha già in sé stessa una sufficiente motivazione.

L'autodistruttiva liquidazione dell'istituzione letteraria continua senza misericordia con la cosiddetta cultura del '68, che rifiuta ogni concetto di estetica in nome dell'esigenza d'impegno sociale. Lo scrittore e regista Pier Paolo Pasolini qualificò quella cultura come scuola di suicidio, perché insegnava a disprezzare la tradizione ancor prima di averla conosciuta.

I generi preferiti sono ora il reportage, .il documento, il memoriale, e per una decina d'anni lo scrittore italiano se neva in giro in veste di lavoratore, contadino, studente, emigrante. L'opera più nota qui da noi è il romanzo-manifesto di Nanni Balestrini Vogliamo tutto sulle lotte operaie del '69 a Torino.

L'espressione della frustrazione che venne dopo quella übriacatura libertaria si può trovare» appena un decennio più tardi nel romanzo di Amedeo Gìacomìni Andrea in tre giorni, del 1981, con il suo desolante autoritratto di uomo di sinistra ora paralizzato dall'impotenza e dal disprezzo di sé. Non meno istruttiva la sorte toccata a Nanni Balestrini. Da due anni vive in clandestinità per sottrarsi all'imputazione di complicità col terrorismo.

Verso la fine degli anni '70 si verifica una nuova apertura verso la problematica estetica, sia come rinnovata coscienza del linguaggio, sia come rinascita della cosiddetta letteratura fantastica, che sulla trama del surrealismo tratteggia grottesche allegorie e romantiche visioni di catastrofe.

Simbolico quasi all'eccesso è il romanzo di Paolo Vriponi lì pianeta irritabile (1978), apocalittico racconto della fine del mondo alla quale quattro esseri solamente sopravvivono: un elefante, un'oca, una scimmia e un nano. Quest'ultimo è colui che mette fina una volta per tutte a ciò che si chiama letteratura, mangiandosi l'ultima poesia che si era salvata!

La sensazione dell'abisso è quella che predomina nell'arrabbiata penisola, ma con essa forse si mescola la nausea di vedere che le cose si trascinano di disastro in disastro senza che mai nulla cambi radicalmente. Lo voglia o no, nel vasto panorama introduttivo di Lene Waage Petersen non c'è un briciolo di ottimismo.

La più pregnante descrizione della situazione, seppure caratterizzata da una certa ambiguità di linguaggio, ce la da uno dei grandi vecchi, Italo Calvino che, partito dall'ottimismo neorealista, procedette poi su un terreno in cui un suo ironicamente distaccato stile di favola si combina con un lucido sperimentalismo formale. «L'ambizione giovanile da cui ho preso le mosse è stata quella del progetto di costruzione d'una nuova letteratura che a sua volta servisse alla costruzione d'una nuova società. Il mondo che ho oggi sotto gli occhi non potrebbe essere più opposto all'immagine che quelle buone intenzioni costruttive proiettavano sul futuro. La società si manifesta come collasso, come frana, come cancrena (o, nelle sue apparenze meno catastrofiche, come vita alla giornata); e la letteratura sopravvive dispersa nelle crepe e nelle sconnessile, come coscienza che nessun crollo sarà tanto definitivo da escludere altri crolli.» Rassegnazione o inevitabile resipiscenza? L'uno e l'altro. In ogni modo un'epoca di ottimismo politico si è conclusa e la letteratura ne porta il segno.

Italo Calvino ha il suo posto, del resto, fra le nove monografie, delineato con vivezza e competenzada
Lene Waage Petersen che ha pure tradotto in danese uno dei suoi romanzi, quello

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delle favolose Città invisibili. E Lene ci ha dato anche il ritratto di Beppe Fenoglio, un Hemingwayitaliano
morto prematuramente, che col suo romanzo postumo // partigiano Johnnysi
è affermato come grande narratore epico della lotta partigiana.

Hans 8011-Johansen espone in modo ammirevole, nel loro insieme, le vie maestre e le vie più nascoste della produzione tanto varia di Alberto Moravia, ma sottovaluta, a mio avviso, il significato nichilista dell'esistenzialismo sessuale dell'autore. In un ritratto del siciliano Tornasi di Lampedusa, 8011-Johansen contribuisce anche con un'interpretazione per vari aspetti nuova dell'opera di questo pessimista aristocratico, facendo degli interessanti paralleli fra l'accoglienza che il suo Gattopardo ha trovato negli ambienti della destra e della sinistra italiana e danese.

Aase Lagoni Danstrup tratta, con un entusiasmo che si comunica al lettore, Dino Buzzati e quel suo strano mondo fantastico che sta al limite tra Franz Kafka e la fantascienza, mentre Olivia Schmitt Jensen, più con voli retorici che con precisione, cerca di mostrarci il meglio della produzione di Giorgio Bassani.

Lone Klem ci da delle approfondite analisi testuali dei romanzi di Elsa Morante. Oltre ad essere la sola rappresentante femminile del gruppo, la Morante è forse la più forte voce dell'odierna letteratura europea che, alzandosi con il romanzo La storia in difesa degli emarginati, lancia pure un'anarchica sfida contro la forma tradizionale tanto del romanzo quanto della narrazione storica. A Lone Klem è dovuto anche il saggio sul più coerente outsider della letteratura italiana, Pier Paolo Pasolini. Un'intelligente scelta preferenziale la porta a dare maggior peso ai romanzi della prima produzione pasoliniana, qui da noi sconosciuti.

E per finire, Karen Dissing sembra aver trovato una parentela spirituale nel siciliano Leonardo Sciascia, scettico e razionalista, che sintetizza arte e politica in una superiore unità, fra l'altro in un libro sull'uccisione del politico democristiano Aldo Moro. Ma Karen Dissing deve fare marcia indietro quando si arriva alla rottura di Sciascia con il partito comunista italiano. «Il suo ragionamento politico purtroppo è incoerente» constata essa a questo proposito; ma passa sotto silenzio il romanzo Candido del 1977, in cui Sciascia spiega le motivazioni della sua rottura coi partito.

Che l'ultima evoluzione di Sciascia possa del resto esser vista anche in un altro modo, lo dimonstrano i due svedesi Anders Ehnmark e Per Olov Enquist nell'epilogo del loro romanzo «II nuovo testamento del dottor Mabuse», dove si sostiene che Sciascia è «lo scrittore europeo che forse meglio di tutti ha capito i misteri dello stato moderno».

«I misteri dello stato moderno» — ed eccoci al nocciolo del dilemma comunista, al problema
che l'intellettuale moderno dovrà ben risolvere se non vorrà essere condannato a perdere
la sua funzione critica e sparire.

Con Sciascia come figura emblematica, il «grande scrittore» italiano ricorda soprattutto il filosofo illuminista in opposizione alla corte del monarca assoluto. Una classe dominante corrotta ha creato un vuoto morale, ed una generazione di scrittori all'opposizione si è assunta il compito di colmarlo. Il «grande scrittore» italiano, questa specie di eros umbratile e professionista della malinconia, è anche un testimone del suo tempo che collocandosi politicamente a sinistra ha formulato la sua speranza per il futuro del suo lacerato paese. Con lui fiorisce forse per l'ultima volta, e dando i suoi fiori più belli, una grande tradizione civile d'indipendenza e responsabilità intellettuale.

Ma ormai siamo arrivati agli ultimi cinque minuti prima che cali il sipario sulla penisola di questi vecchi. Cosa verrà dopo, non ci è dato di saperlo dalla lettura di questo «Moderne italiensk litteratur». Né si potrebbe d'altronde pretenderlo da una simile raccolta di saggi: ma è già molto il fatto che il lettore sia portato a porre la domanda.

«Moderne italiensk litteraur» offre al tempo stesso una magnifica introduzione ed un

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aggiornamento di cui si sentiva la mancanza. Ci da l'importante conoscenza di un settore della cultura europea col quale, per colpa di una nostra carente politica della traduzione, stiamo sempre più perdendo il contatto. Il lettore danese rimane sconcertato nel rendersi conto di essere rimasto escluso per anni da ogni conoscenza delle opere e dell'evoluzione di tanti autori intemazionalmente riconosciuti. «Moderne italiensk litteratur» va quindi letto anche come un sonoro segnale di sveglia alla sonnacchiosa coscienza del mondo editoriale danese.

Il «grande scrittore» italiano vale la pena di conoscerlo, prima che la specie si estingua. In una società che, stando a come Calvino la descrive, sta scivolando sul piano inclinato verso il crollo, la di lui razionalità e l'impegno costituiscono un patrimonio di valori che merita di essere salvato dalla rovina. Il tempo intercorrente fra l'ultima catastrofe passata e la prossima ventura, lo utilizzerei volentieri leggendo nuove traduzioni di romanzi di Calvino, Morante, Sciascia ed altri.

(Traduzione di Giovanni Màfera)

Copenaghen