Revue Romane, Bind 16 (1981) 1-2

Kolbjòrn Bliicher: Studio sulle forme »ho cantato*, »cantai«, »cantavo«, »stavo cantando*. Struttura, funzione e uso nel sistema verbale dell'italiano moderno. Contributions norvégiennes aux études romanes, No. 4. Bergen - Oslo - Tromsò, Universitetsforlaget 1974. 347 p.

Arne-Johan Henrichsen

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I due capitoli centrali di questo libro sono i seguenti: Indagini statistiche e Impieghi. Schemi strutturali e contestuali, che trattano l'argomento vero e proprio del libro, cioè la descrizione di una parte importante del sistema verbale dell'italiano moderno. Questi capitoli sono preceduti di un primo capitolo ricco di contenuto, intitolato Premesse teoriche, in cui l'autore espone i principi che servono di base al suo lavoro. C'è anche una breve Introduzione e alcune Considerazioni conclusive ugualmente brevi.

Nell'introduzione Bliicher sostiene, e ha senza dubbio ragione, che »I1 sistema verbale dell'italiano moderno costituisce dunque un campo di ricerche pressoché inesplorato, dove, si può dire, è un maggior problema delimitare l'argomento che trovarne uno non ancora esaurientemente trattato«. (p. 10). Ha scelto di concentrare le sue indagini sulle

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quattro forme ho cantato, cantai, cantavo, stavo cantando e appoggia questa scelta su ragioni convincenti, sottolineando fra l'altro che queste forme appartengono a »un medesimo sistema-gruppo* (p. 11): tutte funzionano o possono funzionare all'asse d'orientamento PR (punto retrospettivo).

Però, deve essere lecito domandarsi perché l'autore non abbia discusso un po' più ampiamente avevo cantato (ebbi cantato). Infatti risulta che spesso deve riferirsi a questa forma trattando le quattro forme che sono al centro del suo interesse. Si veda per esempio p. 157 sgg., dove apprendiamo che, con un punto d'orientamento PR «— V/ProV, si può, quando sono presenti certi avverbi, adoperare ho cantato, cantai o cantavo invece di avevo cantato, che in questa posizione deve essere considerato come espressione speciale. A p. 158, l'autore, abitualmente così preciso, si trova costretto a dire »Si può presumere (sottolineato da noi) che gli avverbi di Al-2) si combinino più frequentemente con avevo cantato che con le forme da noi studiate,...«; si veda anche p. 84, p. 229-230, p. 235, p. 267 e lo schema p. 332, dove avevo cantato è legato alle forme PR per mezzo di una linea marcata.

L'ultima parte dell'introduzione è intitolata Metodo (p. 14 sgg.). Qui l'autore dichiara che »non professiamo alcuna ortodossia metodologica*. Aderisce al parere di Martinet: »Linguists should never forget that it is not for a language to meet thè requirements of a descriptive method, but for thè method to adapt itself to thè whims of linguistic reality«. Partendo da quest'opinione, seguono considerazioni giudiziose sull'importanza di vedere sempre nel segno linguistico un'unità, sull'impiego di criteri distribuzionali, compresi i fatti statistici, e sull'intima coerenza fra la parole e la langue. Attraverso tutto il suo studio, di fronte ad un labirinto di problemi difficili, questa professione di fede è continuamente il filo conduttore dell'autore.

Per il trattamento dell'argomento centrale del libro, Blücher si è ispirato particolarmente a due studiosi. La terminologia da lui adoperata proviene nelle grandi linee dallo studio di William E. Bull, Time, Tense and thè Verb. A study in theoretical and applied linguistics, with particular attention to Spanish. Arne Klum, nel suo libro Verbe et adverbe, dove tratta l'impiego dei tempi nel francese moderno, da grande importanza agli avverbi temporali, e sulle tracce di Klum, Blücher svolge le sue indagini sull'italiano, seguendo un indirizzo simile. Però, non considera questi predecessori come profeti. Al contrario adotta una posizione critica nei loro confronti, ciò che gli permette non soltanto di gettar nuova luce sul sistema verbale italiano ma anche su certi problemi teorici.

La parte centrale dello studio è naturalmente la descrizione approfondita delle forme verbali ho cantato, cantai, cantavo, stavo cantando. Questa descrizione supera di gran lunga ciò che è stato fatto finora in questo campo, tanto per il lato quantitativo quanto per la qualità scientifica. La descrizione è divisa in due parti: la prima (capitolo II) ci da un panorama provvisorio della distribuzione delle forme verbali in combinazione con certi avverbi temporali che influiscono su questa distribuzione; nella seconda (capitolo III) si descrive, in una maniera più particolareggiata, l'impiego nei vari tipi di frasi, delucidando contemporaneamente con maggior precisione le relazioni fra queste forme nel sistema verbale italiano.

Ecco la distribuzione aspettuale delle quattro forme:


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II punto cruciale è il considerare cantavo corne forma non marcata, cioè corne forma adoperata non soltanto in posizione imperfettiva, ma anche in posizione perfettiva. Si veda per esempio p. 198-199, dove si dice fra l'altro: »È poi essenziale far notare che cantavo in funzione perfettiva viene impiegato in tutti i tipi di proposizioni, principali e subordinate, in cui è possibile servirsi di un cantai (o un ho cantato quando è variante di cantai).« Un altro punto centrale sono i rapporti fra ho cantato e cantai, discussi specialmente a p. 303-305, chiaramente rappresentati con uno schema molto illustrativo.

Per l'autore il concetto di modo d'azione è essenziale. Secondo noi, adopera questa nozione in una maniera molto più funzionale in confronto all'uso che ne è stato fatto dalla maggioranza dei suoi precursori nello studio del verbo italiano. Il suo modo di vedere le cose risulta chiaramente da ciò che dice ap. 55: » ..., il significato di un lessema verbale può variare secondo il contesto e quindi logicamente anche il modo d'azione, essendo questo un elemento inerente al significato.* Un po' più avanti nella stessa pagina dice ancora: »... è erroneo definire un verbo come durativo o terminativo. Esistono solamente svolgimenti durativi o terminativi.» (Blücher usa il termine svolgimento per designare qualsiasi tipo di processo indicato da un verbo).

Sarebbe troppo lungo entrare qui nei particolari della terminologia di Blücher. Come abbiamo già detto, è, nelle grandi linee, quella di Bull e di Klum. Menzioniamo soltanto alcuni termini molto utili introdotti da Blücher, e cioè segno massimo e segno minimo. Diamo la parola all'autore stesso (p. 27): «Chiameremo l'espressione + tutti i suoi vari significati possibili segno massimo, e adottiamo per l'espressione + un significato delimitato il termine segno minimo. Sia il segno massimo che il segno minimo sono entità della langue, mentre nella parole esiste solo il segno minimo,...«.

L'autore si serve fino a un certo punto della linguistica quantitativa, ma interpreta sempre i dati statistici con grande prudenza. In primo luogo ha adoperato il metodo statisticoper mostrare la distribuzione delle varie forme verbali in combinazione con i cosiddetti»avverbi temporali fissatori d'attualità*, cioè la compatibilita fra certi avverbi e certe forme verbali e la frequenza delle diverse forme verbali in combinazione con i diversi avverbi. Con alcune modificazioni si tratta del procedimento di Klum, e mediante questo metodo Blücher riesce a delucidare molti problemi a proposito dell'impiego delle forme verbali (si veda p. 120-178). In secondo luogo si è servito della statistica per fare un esperimento controllato basato sul principio della prova di commutazione (si veda p. 105-111). Si tratta di un sondaggio per verificare il sentimento linguistico di un certo numero(12) di informanti a proposito delle forme verbali cantai/ho cantato da una parte e cantavo dall'altra parte. Blücher ha sottoposto agli informanti una scelta del suo materiale che conteneva 34 esempi di cantavo in posizione aspettuale imperfettiva e 95 esempi di cantailho cantato e cantavo in posizione aspettuale perfettiva, prima in versione originale e poi dopo aver cambiato tutti i cantavo in cantai oppure ho cantato e tutti i cantai/ho cantato in cantavo. Per precauzione ha introdotto nel testo degli errori grammaticali di vari tipi perché gli informanti non conoscessero il vero oggetto dell'inchiesta. Gli informantidovevano leggere il testo una volta sola, correggendo errori grammaticali. Per il risultato di quest'inchiesta, diamo la parola all'autore stesso: »... tutti i cantai o ho cantatoin posizione imperfettiva sono stati in blocco modificati in cantavo oppure in stavo cantando, mentre cantavo nella stessa posizione è stato dappertutto accettato... Particolarmenteinteressanti sono le reazioni a. cantavo in posizione perfettiva. Troviamo una media del 4,1% di modificazioni... Vuoi dunque dire che nel complesso cantavo in posizione perfettiva è stato accettato nel 95,9% dei casi!« (p. 107-109). I risultati di

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quest'esperimento convalidano in una maniera molto convincente la tesi principale di
Bliicher (si veda sopra), cioè che cantavo è una forma aspettualmente non marcata e in
conseguenza si può adoperare in contesti sia perfettivi che imperfettivi.

Prima di concludere vorrei fare un'obiezione minore. Questo studio tratta della lingua italiana d'oggi, e Bliicher dice: »Per lingua odierna intendiamo qui quella degli ultimi 50 anni« (p. 12), aggiungendo che »tale limite è del tutto arbitrario.« Avrei preferito una concentrazione ancora maggiore sulla lingua veramente moderna, per esempio sulla lingua del dopoguerra - del resto tutto il materiale estratto da giornali e la maggioranza dei romanzi e opere teatrali appartengono a quest'epoca. Così l'autore avrebbe evitato certe difficoltà che ha incontrato commentando la lingua di Pirandello e soprattutto quella di Bacchelli, che qualche volta è un poco arcaizzante (si veda p. 270-273).

Purtroppo il libro di Bliicher non è facile da leggere, a meno che non si conoscano molto bene gli studi di Bull e di Klum. D'altra parte la terminologia abbastanza complicata è probabilmente necessaria per condurre a buon termine le analisi penetranti e profonde dell'autore, che per fortuna ha facilitato il compito del lettore con un indice analitico che fra l'altro permette di ritrovare rapidamente le definizioni terminologiche.

Non c'è dubbio che quest'opera, per molti anni a venire, sarà indispensabile a ogni studioso che s'occupi dello studio del sistema verbale della lingua italiana e anche, più generalmente, delle lingue romanze. Speriamo che il lavorodi grande rilievo di Bliicher dia la spinta allo sviluppo tanto desiderabile di altri studi ugualmente approfonditi sulla sintassi del verbo italiano.

Bergen