Revue Romane, Bind 8 (1973) 1-2

Le denominazioni friulane della «Ditola gialla» (Clavaria Botrytis)

DI

GIOVAN BATTISTA PELLEGRINI

NeII'ASLEF, I (1972),1 abbiamo riservato alcune carte e pochi 'elenchi di parole' (registrati in «Tavole») anche ai nomi di alcuni funghi più comuni e ricchi di risposte lessicali, quali ad es. il «porcino» e la «ditola gialla».2 Raccolgo qui sotto poche note di commento alla carta 112,576, cioè alla «ditola gialla» (Clavaria Botrytis Pers.), fr. clavaire, menottes, ted. Ziegenbart, slov. rumena griva. Tale fungo appartiene al genere delle «clavariacee» e, come dice anche il nome, esso ricorda clavaria (Vaillant 1727, Linneo 1737) dal lat. clava 'mazza', secondo una analogia corrente fondata sulla forma; nel basso latino si trova anche pistillaris, cioè 'a forma di pestello' ( »mòrserkeulenfòrmig«) < lat. pistillum, evidentementedair aspetto del fungo.3 Bisogna subito dire che, data la somiglianzà, i nomi popolari di specie affini si confondono assai spesso, o sono perfettamenteidentici. In particolare sono coincidenti (o quasi) anche in Friuli le denominazioni della «Clavaria flava» che pure in italiano è



1: Abbreviazione di: Atlante storico-linguistico-etnografico friulano. Integrato dai materiali inediti raccoiti da Ugo Pciiis pcr "f ALI (opcra promossa daiia Socieîà Filologica Friulana e annessa ail'Université di Torino) e dalle carte dell'AlS. Diretto da Giovan Battista Pellegrini, vol. I (concetti 1-635 - Tavole 1-159 - Carte I Xï, 1 130, rcdatto da G. Frau (redattore capo), Paola Benincà Ferraboschi - Daniela Piccini - Laura Vanelli, edito dall'lstituto di Glottologia e Fonetica dell'Université di Padova e dall'lstituto di Filologia Romanza délia Facoltà di Lingue e Letterature straniere di Trieste con sede a Udine, 1972. Si veda per un orientamento su taie opéra soprattutto G. B. Pellegrini, Introduzione air ASLEF, ivi 1972. In quest'articolo, per la trascrizione délie parole riportate, mi attengo aile rispettive fonti utilizzate. Per le sigle bibl. v. ivi pp. 253-60.

2: Nel I vol. deII'ASLEF il «porcino» (Boletus edulis) figura alla carta 38 concetto nr. 409. Nel primo volume, ampio spazio è stato dato alla «Flora spontanea» (concetti nr. 391-635).

3: Vedi H. Marzell, Warterkuch der deutschen Pflanzennamen bearbeitet von H. M. unter Mitwirkung von W. Wissmann, I, Leipzig 1943, col. 1388.

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detta ditola gialla o barba caprina, della «Clavaria lutea» ecc, e basti consultare il Penzig I, pp. 125-1264. Si tratta di funghi per lo più mangerecci,di forma clavata o ad arboscelli suddivisi in tanti rametti gialli («CI. flava») o giallo-rossi («CL botrytis»); i rami sono eretti ed hanno una superficie liscia, carnosa, alti circa 5/15 cm., di sapore acidulo e di odore gradevole. Crescono soprattutto sotto i faggi e nei boschi di latifolie,da agosto ad ottobre.

Un primo orientamento generale sulle denominazioni delle varie clavarie nelle lingue europee è fornito dal Nemnichs I, 1059-61 (spesso antiquato, ma sempre molto utile). Vi si nota, ad es., il ted. Keulenschwamm Tungo a mazze', accanto a Hornerschnamm 'fungo a corna', o al più comune Ziegenbart che allude alla 'barba caprina' (sempre dall'aspetto); per l'olandese è ivi riportato Knodszwam cioè 'fungo a clave' (ora Knots 'clava', cfr. clavaria), il âa.ncsQkôllesop, ora meglio kollesvamp che si equivale esattamente al citato Keulenschwamm ; lo svedese klubban 'la mazza', mentre altri nomi ivi riferiti sono chiaramente dotti, ad es. ingl. thè clavaria, fr. clavaire, it. clavaria o 'mazza d'Ercole', spagn. clavaria, port, clavaria. Più sotto il medesimo Autore spiega le forme succitate giustamente »wegen ihrer keuligenformigen Gestalt ... « e aggiunge altri nomi per le varie specie (con una classificazione sorpassata).

In romeno si ha creasta cocosului («Clavaria flava») cioè 'cresta di
gallo' (vedi qui sotto analoghe motivazioni) accanto a bureti-degetar o
semplicemente degetar da deget 'dito' (vedi pure qui avanti) ecc.

Una ricca messe di denominazioni popolari per i dialetti tedeschi, con vari riscontri, è riportata e bene ordinata nella nota opera di Marzell6 e per il dominio gallo-romanzo dall'ultimo volume (postumo) del Rolland, Flore7. Trascelgo dalle due importanti raccolte solo pochi nomi che si equivalgono, nelle immagini, a quelli che illustreremo partitamente per l'area friulana. In tedesco si distingue il «gelbe Ziegenbart» (CI. flava) dal «Traben-Korallenpilz» (CI. botrytis) ed anche dal «Korallen-Ziegenbart» (CI. coralloides L.). I vecchi nomi medievali sono per lo più fungus digitatus, digitelli, maninae (vedi qui sotto) ; si hanno pertanto tipi quali Handelschwamm 'fungo a manine' (1551) o Himmelvatahand (Obbayern),



4: O. Penzig, Flora popolare italiana, Genova 1924.

5: Ph. A. Nemnich, Allgemeines Polyglotten-Lexicon der Natur-Geschichte, Hamhure

6: Op. cit. coll. 1035-39.

7: Jb. Rolland, tlore populaire ou histoire naturelle des plantes dans leurs rapports arec la linguistique et le folklore, Tome XI, Paris 196*7, pp. 168 9.

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cfr. oland. handkampernoeljes o il comune fr. menotte, it. manette, manine ecc. Oppure sono ben diffusi i derivati di 'dito' in forme quali Finger(li) (Zurigo), Fingerling ecc; oppure si parte da «zampe»: Tschotten a Luserna (oasi tedesca in provincia di Trento), tirol. tschot 'Tatze' che risale al trent. ecc. zata idem (vedi qui sotto); si confronti anche lo slov. (dial.) prstki, prsteci 'ditini', dimin. di prst 'dito' o l'analogo croato prstici («Clavaria botrytis»). D'altro canto è noto anche Barentatzen 'zampe d'orso' (Salisburgo) o Wolftatze 'zampa di lupo' (Nddonau) o Katzentapper (Ulma), si confronti il fr. pattes de chat; Mauspfote (Baden) 'zampa di topo' o Hennefüessi, Hennefussli (Luzern) 'piedini di gallina' o Kranfuss che ricorda esattamente il fr. griffe de buse cioè 'artiglio di bozzagro' (anche qui si veda più sotto i nomi friulani). Comune è pure «barba di becco» o simili: Geissbart, Bocksbart ecc. oland. geitenbart, cfr. fr. barbe de bouc, barbe de chèvre; oppure 'corna di cervo' : Hirschgeweih(Obdonau) che richiama il fr. corne de cerf, o semplicemente « fungo del cervo » : Hirschschwamm (Obpfalz), ecc.

Come si vede, tutte le motivazioni si richiamano all'aspetto del fungo e appaiono trasparenti (: manine, dita, zampe, artigli, corna ecc. associati a 'mazza' che si equivale alla denominazione scientifica clava, clavaria). Traggo altri esempi dal Rolland, 1. cit., che potrei così riassumere : da 'mano', 'manina' ad es. maneta, manota (vaudois), manetos f. pi. (Aude ecc), manetos flouridos (Tarn), manetos (Gourdon, Lot), menottes (fr. dell' île de France, della Normandia ecc.)minette (Aube) e minonsm. pi., con evidenti alterazioni ed incroci, forse di origine elementare (?) ; da 'zampa' : patte y manetas (Pyr.-Or.), pato de rato (8.-Alpes) o pattes de chat f. pi. (íssoudun, Indre), patottes f. pi. dimin. (Meuse); da 'artiglio', 'sgrinfia' : arpio dé gat 'griffes de chatl f. pl. (Grambois, Vaucluse), grapiètè de isa 'petites griffes de chat' f. pi. (Fribourg, Sav.); isolato appare 'piede di pernice' : pé dé perdris (8.-Alpes) o i tipi 'capretta' o 'gallinella' ecc, mentre è comune barba (Moyen-Dauphmé), barbe-de-chèvre 'barba di capra' (fr., Lorena, Normandia), barbe de bouc (Apt, Vaucl.) 'barba di becco' o boutsibarbo (Gourdon, Lot) o barbe de prêtre (Char-Inf.). Comune è anche 'cresta' : eresio de gaou (Sérignan, Vaucluse), eresio de gal (Aveyr.) o créta de pu = crête de coq (Fribourg, Sav.). Particolarmente interessante per i riscontri in aree italiane settentrionali e friulane - ove sono noti traslati da 'tagliatelle' 'lasagne' o simili - i tipi tripes f.pl. (H.-Saô.), tripes de chêne 'trippe di quercia', tripeto f. (8.-du-Rh.) ecc.

Se ora passiamo alla terminologia linguistica dell'italo-romanzo cisalpino,o
a quella del ladino occidentale ecc, ci rincresce innanzi tutto di

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lamentare l'assenza di una carta o di un « Complemento », per il nostro concetto, nell'AlS; dovremo pertanto accontentarci di mettere insieme alcune forme ricavate da altre fonti, ed in particolare da alcuni dizionari dialettali. Il repertorio più ampio è peraltro offerto, come si sa, dal Penzig (loc. cit.) assai sommario e imperfetto nelle localizzazioni e nella grafia. Quest'opera ci da pochi nomi per la «Clavaria Botrytis», e cioè Toscana: ditola gialla, Liguria : richetta frisada (Nizza), Lombardia : didelle, tajadel, manine, Veneto: dedele roane (Treviso), cioè 'ditelle screziate' da roan <* ravidanus derivato di ravidus 'grau', REW 7100 (vedi anche Tagliavini, DCom. s.v. aruàrì), Emilia : didaléina, sgrinfia, inoltre Calabria sponzi (denom. banale, cfr. spugna cioè fungo'). Per i nomi paralleli della « Clavaria flava » le coincidenze sono numerose ; si noti tuttavia in Toscana : barba caprina, Liguria : diele, manette (Genova), erpeta de terra (Nizza), Piemonte : manine, camine (da carne : aspetto carnoso), manette, marille ( ? ?), didèl, didinne (Asti), tajadelle, zatelle (da zata 'zampa'), gale, geli (Tortona), brustia, brustión, bobsine (Mondovì) (che mi risultano per ora denominazioni non trasparenti), Lombardia : manine gialle, Veneto : dedele zale ('gialle'), Emilia : dideleina (suff. -ina), sgrinfie (Reggio), didelìn (Lunigiana), didalèin 'ditalino' (Parma), mancini (Bologna) ecc. Per la «Clavaria coralloides L. », oltre ai tipi già ben noti, si può menzionare per il Veneto: zatelle e manine (Verona), per il Friuli grampuce (vedi qui sotto); a Corno è noto camine ecc.

Per il ladino occidentale mi limito a citare qualche esempio : bulài d'chavras (-chevras) che proviene da boletus (RhW Íiy3, FEW I, 22b), cioè 'boleto' (fungo) di capre' (Bezzola-Tònjachen, Diziunari tudais-chrumantsch ladin, s.v. 'Ziegenbart') inoltre funtsch cardifiól 'fungo cavolfiore', vedi DRG 111, 71-72 ed ivi soprattutto si noti bulis cun detta (Lantsch), buglis cun detta, buglieus cun detta 'Pilze mit Fingern' d.h. 'Ziegenbart' (DRG 11, 596-7), forme che ritroviamo, come abbiamo visto, nell'ltalia cisalpina.

Per l'area véneta e ladina centrale, confinanti col Friuli, ed in particolare per il Veneto settentrionale e la Ladinia dolomitica posso avvalermi dei materiali inediti raccolti da Ugo Pellis per TALI.B Essi sono i seguenti : S. Vigilio di Maxebbe fiadines, Bulla (vicino ad Ortisei) fujadines dàbosk, Alba (Val di Fassa) foadines da bòsk cioè 'sfogliatine di bosco', forme che trovano riscontro nell'Alto Cordevole e che corrispondono semanticamente,con



8: Cioè Atlante linguistico italiano (inedito); vedi notizie su tale opera nella mia Introduzione citata, pp. Tl. 28.

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mente,conesattezza, al citato 'tagliatelle' o a Selva di Cadore lazañéte da bòsk (piccole lasagne), forse analogo anche a zuzarúte di Mortisa (Cortina d'Ampezzo); vedi anche Majoni 143 zuzaruto 'ditola' (fungo) che va confrontato col cornei. &ur&lutu (Candide), so&luto (Costalta) 'ditole', giudicato di etimo oscuro dal Tagliavini, NCCom. p. 135. Il Pellis ha inoltre raccolto a Gosaldo (Agordino) êatèle cioè il noto zampette'e La Valle di Agordo ûate 'zampe', mentre a Ronco egli ebbe la risposta, sicuramente generica, di spiendói (da sponda < spongia, spondiola, REW 8173, 8173a); a Belluno delejôele (pi.) da me spiegato, già da vari anni, correttamente come 'ditelle' da digitus9; ad Arsòn di Feltre vede/éte 'vitelline' (?), confermato dalla nostra raccolta (Migliorini-Pellegrini, Dizionario del feltrino rustico, Padova 1972 s.v.); a Pàdola di Comèlico manini pi. ed a Laggio di Cadore fuógo de sant-antóni (forse errore per fongo di Sant'Antonio). Il Prati, Etimologie verrete, menziona il nostro fungo a p. 55 s. la v. deèle (padov. e venez.), déle (bellun.), diele (trevis.), e vi aggiunge i già noti zatine e manine (vedi anche a p. 204 s. v. zata ove egli ricorda zatele del veron. e rover. 'ditole' e sottolinea che la voce si ritrova in dialetti lombardi.. di origine forse tedesca).

Informazioni molto particolareggiate si hanno per i dialetti agordini per mezzo dei due volumi di G.B. Rossi ediV. Pallabazzerlo; esse si riferiscono alla « Clavaria flava » (ma valgono anche per le altre specie) ; a Livinallongo, Laste e Rocca Pietore si ritrova foiadine de bòsk, si veda anche Tagliavini, DLiv. p. 138. che aggiunge f. zele (gialle) e f. blance (bianche) 'ditole' (funghi) derivati ài foia, cfr.it. sfoglia dell' uso culinario. Anche qui si ha il parallelo in lazañéte di S. Tommaso, cfr. it. lasagne; a Gosaldo è confermato datele da &ata 'zampa'. Più complessa appare invece !a spiegazione di fafe te raccolto aLa Valle che verosimilmente rappresenta una assimilizione di ¦& (o scambio #/f) per cui è utile tener presente la voce tsaféte del Livinallongo e a Laste cafate nel significato di 'ferri a quattro punte che si mettono sotto le scarpe per non scivolare sul ghiaccio', «ramponi»; già il Tagliavini, DLiv. 92 e NCCom. 1205.v. âafa metteva giustamente in relazione tali voci col cornei, -ûafa 'manata' e gard. cafa 'Pfote', badiotto coffa 'Tatze ecc. (tali voci appartengono



9: Nelle Note etimologiche venete e ladine, «Atti Accademia Toscana 'La Colombaria'», anno 1952, pp. 169-187, in particolare p. 174, nr. 4.

10: G. B. Rossi, Flora popolare agordina, con introduzione di G. B. Pellegrini, Firenze 1964, p. 74 nr. 102 (ivi buoni commenti); V. Pallabazzer, Sui nomi delle piante indigene del dialetto di Colle di S. Lucia {Livinallongo), Firenze 1966, pp. 143-4.

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alla famiglia dell'it. zaffare, zaffa, forse da un *zaf-\ di origine elementare che allude al colpo della manata, come rileva il Prati, VEI 1058). Il significato di 'ditola' verrà pertanto anche qui da quello di 'manata' o 'zampa'. In altre forme dei dialetti agordini, quali farfañcle di Frassené, fanfriñcle di Voltago ecc. non penserei tanto - con Rossi - a derivati di 'farina' : «poiché le ditole si sbriciolano facilmente», quanto terrei presente il riscontro ad es. col bellun. sfrínfole sfrínfola 'ritaglio' (Nazari 90, 147) o il valsug. sfrimpola (Prati, DVals. 72) 'minuzzolo' ecc. con allusione al frastagliamento degli arboscelli della ditola ; l'origine di tali voci secondo Prati, Et. ven. 68 s.v.frapa 'grinza' 'ruga', sarebbe dubbia. Anche nel feltrino si conosce frinfole 'ritagli, avanzi di stoffa o di carta' (DFR 28). Ma non escluderei anche per le forme agordine un significato culinario, analogo a «stracciatelle».

Possiamo ora passare ad esaminare le denominazioni friulane raccolte con le nostre inchieste dirette deII'ASLEF, confrontate con fonti precedenti. Cercheremo di ordinare le numerose attestazioni secondo la frequenza dei vari tipi (non è facile distribuirle in aree precise).

1) II tipo più comune e di gran lunga più diffuso in Friuli è un derivato di manus con la forma di diminutivo tipica del friul. -uttu, -a (si noti che le varianti sono qui di norma elencate al pi.); partendo dal Nord (Carnia) e scendendo verso la piana a Sud, troviamo : 2a Coli.ll manútos (anche Pellis), (da notare che a Collina si ha -a > -o), 3 Palzz. manútes, 5. Paul, manut'ès, 9. Pr. Crn. manúta gala sg. (gialla) ed a Pesariis 9a, secondo la raccolta del Pellis, manútas pi., 10a Lud. manútos (con -a > -ó) accanto all'eccezionale mans 'mani', 11 Comgl. manútas ed anche manina sg., 12 Ravs. manútes, 15 Dogna manútis (anche Pellis), 17 Ovr. manútas, ila. Luin. manútas, 18 Sutr. manúte sg., 19 Arta manúte sg., 19a Lov. manútes e 20a Bev., con altro suffisso, manúcis, 21a Raccl. manútis, 22a Vico manútas, 23 Frn. St., con altra formazione, manines, 26 Rav. manate sg. (sec. il Pellis mancherebbe ivi il concetto ?) ; 28 Lauc. manute sg., 30 Zugl. manate sg., 31 Tolm. manute sg., 3la Ilg. manutas, 35a Prn. manúta sg., 36a Intss. manútes, 37 Cavzz. manúta sg. ; 44a Intrn. manine (v. sopra), 47 Clauz. manútes (secondo il Pellis mancherebbe il concetto), 51 Gem. manútis; pur essendo un derivato verosimile di 'mano', non mi è chiaro interamente nella formazione 54 Bare, mancikela; 60 Pinz. manúte sg., 65 Magn. manúte, accanto a manine e a grampuce (v.



11: Al numero del punto deII'ASLEF segue l'abbreviazione del paese o trazione spiegata in Introduzione cit. alle pp. 249 252.

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qui sotto), 77 Arba manútes, 83a Feltt. mamitis, 93 Spii, manina sg., 101 a Modi, manútis, 108 Bud. manina sg., 112a S. Od. manútes, 118a Ors. manútis, 172 Chns. manine pi., 176 Varmo manate sg., 177 Rivgn. manúte sg., 188 Mans, (nettamente veneto rustico) manine pi., 194a Malis. manúte sg., 209a Corb. manina sg., 223 Mugg. manine pi. Si veda il NPirona 566 che registra manute solo come dimin. di man (e zujâ di manutis 'giocare a scaldamani', dei fanciulli); per la zona di Budoia (friul. concordiese). si veda Appi-Sanson, Aggiunte al NPirona (del 1970) p. 21 manine s.f. bot. 'clavarie in genere, bone o mate a seconda se siano commestibili o meno'.

2) Altra denominazione già presa in esame per l'area véneta alpina parte dal concetto «zampa», friul. di Erto zafa = zate e anche zafe manciata, NPirona 1300; si veda appunto 38 Erto ùafute (pi.)-confermato dal Pellis - col solito suffisso -ulta, 39 Cim. &afúte e 40 Claut fafúte (anche il Pellis) sg., ove si osserva #>/, favorito da assimilazione (i punti si trovano tutti nella Val Cellina).

3) Analoga è la motivazione in forme simili foneticamente ed in parole che risentono o derivano da zate 'zampa', quali : 41 Trm. Sp. cafines (anche il Pellis) o 41a Chiev. k'afínes, 42 Trm. St. scafútes con sascitizio, 56a Poff. cafuta sg., 57a Navar. cafúti pi.; da zate/cate 'zampa* (comune, come abbiamo visto, in area véneta) proviene 24 Amp. catútis, 75 Fanna catútis, 92a Basld. catútis; è verosimile che zata 'zampa' provenga dall'a.a. ted. zata 'branca', Prati, Et. ven. 204 e Tagliavini, DLiv 101 (con bibliografia); si menzionerà qui anche 73a Grizzo satis de galina 'zampe di gallina'.

4) Più frequente è l'immagine di 'sgrinfia', e cioè 45 Ven . grampúce sg. (derivato di grampe, vedi qui sotto), 48 Vt. d'As, grampua.i, 49 Forg. grampúcas, 64 Art. grampúce sg., 65 Magn. anche grampúce, 67 Nim. grampúcis pi., 68a Racch. grampúcule sg. con doppio suffisso dimin., 78 Sequ. grampúcis, 86 Faed. grampúce sg., 87 Torr. grampúce sg. ; interessanti per la fonetica o morfologia le varianti di 105 Civ. grampúsis, 119a Lonz. grampúze sg., 131 Manz. grampútis, 134a Brazz. grampúsis. Si tratta del derivato del friul. grámpe che il NPirona 399 definisce brancata, e aggiunge grampúce, grampute, grampuzza dimin. di grampe t. bot. 'ditola gialla.. fungo ramoso commestibile che cresce d'estate e d'autunno nei boschi freschi'. Si può vedere anche l'articolo di Selan in «Ce fastu?» IV, p. 140 e Marchetti, ivi, IX, 130. L'etimo è verosimilmente il got. krampa 'uncino'. Prati, Et. ven. 78 e REW 4754, cft. it. grampa 'Klaue'.

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5) Allude al 'frastagliamento', alle 'creste' dei ramoscelli del fungo, ad es. 52 Montn. grispine gale, cfr. friul. grispe 'crespa' 'grinza' 'ruga', NPirona 407 (it. crespa dal lat. crispus, REW 2329), 66a Ciser. krestútis, 193 S. Giorg. kréstis di gai (gallo).

6) Analogamente il tipo 138 Gor. galúz 'gallucci' pi., richiama la
'cresta' del gallo come alcune risposte dei punti alloglotti slavi (vedi qui
sotto).

7) Isolato appare il tipo di 196 Ruda orqlis di gai cioè 'orecchie di
gatto' (tanto si può sbrigliare la fantasia popolare!)

8) Isolato e di difficile interpretazione è invece 131 Manz. familiar si
fameúti (apparentemente 'familiari' ? La risposta deve essere esatta).

9) Sorprendente è 75 Fanna bedçca (accanto al regolare catútis) cui fa riscontro verosimilmente (con qualche alterazione) 79a Aon. peték" es. Il NPirona 49 ha bedècie 'gallinaccio buono', prunello buono Cantharellus cibarius Fr., fungo mangereccio ed anche 'agarico cannellino ... di colore giallo.. ' (qui si può supporre un fraintendimento dell' informatore

10) Sono invece risposte chiaramente generi che, dovute alla scarsa familiarità con i funghi di alcuni informatori, ad es. 80a Mels forigli es (derivato àifónge 'fungo'), 107a Mezz. fonga (così anche il Pellis), 113 Mer. fonk, 169a Versa fçnks (pi.), 212 Aqu. fçnk. Anche la risposta di 174 Cord, non è probabilmente puntuale: spunfiói/spunfói (vedi sopra: REW 8173 spongia); il NPirona 1099 menziona sponzuele 'spugnolo buono, spugnino, fungo commestibile'.

Per i punti alloglotti si notano quasi identiche motivazioni con poche eccezioni; nelle aree slavofone (sempre bilingui o trilingui) - lo slov. ufficialerumena griva significa 'criniera gialla' - si ha ad es. al P. 6a Laglesie (trilingue poiché vi si parla anche il tedesco carinziano e il friulano) aiersvàmmel, tedeschismo che si equivale a 'funghino di uova' (dal colore giallo); al P. 34a Oseacco (Resia) la risposta ottenuta dal Pellis (e non confermata dalla nostra inchiesta) è stata %oba ¡a dryst che offre una interpretazione assai dubbia (allo stato delle mie conoscenze); %oba 'fungo' per ...'; non è infatti sicura la connessione con lo slov. driska 'diarrea', Plet. I, 172, e non si comprende in tale evenienza il motivo (che produce la d. o contro la d. ??); a Cergnèu P. 67a rébamize allude alla forma 'costolata', 'scanalata' del fungo, cfr. Plet. II rebrat 'rippig' 'gerippt'. Si accorda con i tipi semantici già esaminati la risposta di Vernasso P. 88a petelincici e di Sgonico nel Carso P. 219 petelincki, cioè 'galletti', con evidente allusione al frastagliamento della cresta del gallo,

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cfr. Plet. petelincek 'ein kleiner Hahn' e pure 'Bàrentatze' {clavaria flava), anche petelincic. Il Tuma,l2 per il dominio sloveno, menziona soltanto lisicji parkeljci cioè 'unghie di volpe' (ma, come al solito, manca la localizzazionee la fonte), petelincki, prstki (vedi sopra!) e il citato, e ormai ufficiale, rumena griva.

Nei punti tedeschi si ha a Sappada (Pladen) P.l tozn pi. e a Timau P. 3a tázlan che corrisponde al già menzionato tatze, tottse 'grosse Hand' nota allusione a 'zampa', vedi ora Hornungl3 tottfie 'grosse Hand' ecc. ; ciò è confermato dalla forma di Sauris P. 16 hçintlan pi. 'manine', dimin. di hçnt, pi. hçintd 'mano', Magri 141.14

Se dovessimo ora trarre alcune conclusioni o considerazioni dalla nostra breve ricerca fondata sui nostri materiali friulani deII'ASLEF, confrontati con denominazioni di dialetti italiani settentrionali e con forme di tante lingue europee, dovremmo notare innanzi tutto: 1) che il fungo preso in esame è oltremodo caratteristico per l'aspetto esteriore il quale ha suscitato, pertanto, immagini simili tra i contadini di regioni tra loro lontanissime ; anche il nostro Friuli offre, con assoluta precedenza, il tipo 'manine' cioè 'fungo' caratterizzato dall'aspetto di una piccola mano aperta con gli arboscelli paragonati a tante dita. Il diminutivo utilizzato è quello comune in friulano, e cioè -utto, -a (che costituisce un tratto linguistico tipico per il nostro dialetto); la forma 'manina' con varianti fonetiche ecc. è ben nota al dominio linguistico italiano settentrionale,e nel friulano è prevalente soprattutto nelle varietà carniche e 'aquileiesi';ls 2) nel friulano di origine concordiese (cioè, 'che fa capo ali' antica diocesi di Concordia' ora trasferita a Portogruaro), ma anche



12: Enrico Tuma, Vocabolario botanico latino-sloveno edito in «Studi goriziani» II (í 924), pp. Î 59-194 (raccolta di moite voci botaniche slovene tratte da fonti disparate, scritte ed orali, senza una precisa localizzazione e rinvii bibliografici), vedi p. 167 «jelonova goba»; con Plet. alludo al noto dizionario slovenotedesco in due volumi: M. Pletersnik, Sìovensko-Nemfki Slovar, v Ljubijani 1894.

13: M. Hornung, Wôrterbuch der deutschen Sprachinselmundart von Pladen/Sappada in Karnien {Italien) von M. H. mit Verwertung der Sammlung von Pietro Sartor Schlosser, Wien 1972, p. 435.

14: G. Magri, // dialetto di Sauris, tesi di laurea di Padova (dattiloscritta), anno accad. 1940-41.

15: Su tali concetti si veda, ad es., il mio scritto Le denominazioni dei «tagli di fieno» nelle parlate friulane, in Studien zur Namenkunde und Sprachgeographie. Festschrift Karl Finsterwalder, Innsbruck 1971, pp. 323-340; si veda inoltre in ASLEF I, la Carta 111 («Diocesi e pievi nei secoli XIII-XIV nella regione Friuli-Venezia Giulia»).

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altrove, appare spesso un tipo più caratterizzato, ma sempre analogo, 'zampette', 'sgrinfie' ; 3) mancano particolari concordanze specifiche anche nelle neoformazioni popolari col ladino occidentale (che pure ci offre tipi differenziati, in parte vicini a quelli del dominio tedesco) e con quello centrale 'atesino' ove si sottolinea il concetto culinario di 'sfoglia', 'tagliatelle' 'lasagne' e simili, non ignoti ugualmente all'ltalia cisalpina; 4) le denominazioni della nostra clavaria non sono, d'altro canto, adatte per trarre conclusioni precise circa una reale o presunta (come pare anche a me, dopo parecchi anni di studio su codesto dominio linguistico della Romania Alpina) tra le tre aree tradizionali del «reto-romanzo». Potremo, come mi auguro, indicare in séguito, mediante altri concetti, numerosissimi esempi di divergenza accanto a pochissimi di convergenza (che per lo più include l'italoromanzo cisalpino) tra le suddette aree, e ci forniranno un ottimo banco di prova e di discussioni proprio i Commenti (riuniti in varie monografie) dedicati alle illustrazioni delle carte e tavole dell'ASLEFió.

Giovan Battista Pellegrini

PADOVA



16: T vari commenti ("riuniti in volumi) sono ora in via di allestimento; si veda come sono distribuiti gli argomenti nella mia Introduzione pp. 41-42. Per i problemi generali del ladino centrale e del friulano esce ora il mio volume Saggi sui ladino dolomitico e sul friulano, Bari (Adriatica éditrice) 1972, di circa 500 pagine.