Revue Romane, Bind 8 (1973) 1-2

Un episodio della fortuna del Machiavelli in Danimarca

DI

GIUSEPPE TORRESIN

Se si dovesse credere agli storici danesi più autorevoli del secolo scorso, ai manuali di storia di quel secolo e alla maggior parte di quelli del nostro secolo, la fortuna del Machiavelli in Danimarca sarebbe stata precocissima. Già intorno al 1520 il Re Cristierno II avrebbe letto il «Principe » e avrebbe trovato in quel libro conforto e ispirazione a continuarenella sua politica riformatrice, in particolare nella sua politica verso la Chiesa e verso la nobiltà. Anzi ancora in quell'anno 1520 il Re avrebbe cercato, ma senza successo, di far tradurre il «Principe» in danese. Perché il «Principe» sarebbe quel libro che il carmelitano Paulus Helie (Poul Helgesen) si sarebbe rifiutato di tradurre, sfidando coraggiosamenteil Re che gli aveva affidato la traduzione. Paulus Helie, che per la sua fedeltà alle idee erasmiane di riforma della Chiesa si vide affibbiare il soprannome di Vendekaabe (Voltagabbana), quando più tardi si fece irriducibile campione della resistenza cattolica, in quegli anni era invece assai vicino ai propositi di riforma del Re, che già gli aveva affidato altri incarichi letterari oltre al lettorato all'Università e alla direzione del Collegio Universitario, Fn una lettera datata 24 gennaio 1522 e indirizzata al Re egli scrive che due anni prima il Re gli aveva fatto pervenire un libro perché lo traducesse; egli ne aveva anche cominciatala traduzione e mandato al Re i primi quaderni: «ma quando m'avvidi che questo libro comportava grande fatica e nessun frutto, perché, come del resto Vostra Grazia può far indagare a uomini assennati, esso più insegna a commetter peccato che a farne ammenda o a liberarsene,comechè esso sia lodato da tali che nessun intendimento hanno, se esso sia buono o cattivo, e che inoltre in questo libro vengono rimescolateanche molte dicerie e insulsaggini, e che perciò non valeva la pena di tradurlo in danese, per queste ragioni mi astenni da quella inutile fatica, finché ne avessi parlato con Vostra Grazia a più agio. » Ma in questa attesa gli viene l'ispirazione di tradurre Y«lnstitutio Principis

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Christiani» di Erasmo, libro sotto ogni aspetto lodevole, e ora ne manda
la traduzione al Re, accompagnata da questa lettera.l

Ora pensare che questo libro innominato che Paulus Helie si rifiuta di tradurre e al quale polemicamente contrappone Y«lnstitutio Principis Christiani» sia stato il «Principe» di Machiavelli, potrà anche essere seducente, ma è del tutto impossibile: che il «Principe», composto nel 1513, solo nel 1532 conosceva la sua prima edizione contemporaneamente a Firenze da Bernardo Giunta e a Roma da Antonio Biado. Nel 1521 solo la «Arte della guerra» era conosciuta per stampe; perfino i «Discorsi» dovevano aspettare fino al 1531. E le prime traduzioni di Machiavelli, quelle francesi, cominciano a partire dal 1544, e in Francia come in Inghilterra o in Germania o in Olanda non è {{«Principe» la prima opera che viene tradotta. Una traduzione latina del «Principe» si avrà soltanto nel 1560, ad opera del protestante italiano Silvestre Tegli, e già pubblicata assieme a scritti di polemica antimachiavellica protestanti e cattolici.2

Inamissibile dunque un tentativo di traduzione danese nel 1520 e inamissibile anche una lettura del «Principe » da parte del Re a quell'epoca; anzi, poiché tutta la supposizione di questa lettura e della conseguente inspirazione si basa su questo unico argomento, del suo proposito di farlo tradurre, non c'è alcuna ragione più per dire che Cristierno abbia mai letto il «Principe ».

E con questo indiscutibile, e, se si vuole, un pò deludente, dato di fatto questo articolo potrebbe concludersi, ma l'episodio della fortuna del Machiavelli in Danimarca di cui vai la pena di parlare, non è certo questo, che mai è avvenuto, bensì proprio la storia di questa supposizione, di come e perché essa sia sorta, di come essa abbia potuto essere accettata per così lungo tempo, malgrado le gravi obiezioni che di tempo in tempo le vennero mosse, di come il rapporto istituito fra Cristierno II e Machiavelli abbia in vari periodi cambiato significato e quali conseguenze abbia tirato con se.

Il primo che formulò questa ipotesi fu lo storico Chistiern Olivarius
nel suo saggio dedicato a Paulus Helie nel 1741, la prima valutazione



1: Paulus Helie, Skrifter (Severinsen, M. Christensen, Raeder, N. K. Andersen), Copenaghen 1932-48 Vol. 1.15 sgg.

2: Oltre al Tommasini, Vita e scritti di N. M. in relazione al machiavellismo, Tonno 1889—191J, vedi A. (ierber, N. M. Die Handschnften, Ausgaben und Vberòctzungen seiner Werke im 16. u. 77. Jahrh. Gotha 1912 14.

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non polemica del Carmelitano, e corredata anche da preziosissimo nuovo materiale documentario, fra l'altro questa lettera indirizzata al Re per accompagnare la traduzione di Erasmo.3 Egli stesso la qualifica come una ipotesi probabile soltanto, ma che può essere corroborata da tre argomenti: 1) che il libro di Machiavelli era appena apparso in italiano; 2) che il contenuto del «Principe » doveva essere ben accetto al Re, che avversava la strapotenza dei nobili e dei vescovi, ma doveva suscitare avversione in Paulus Helie ;3) che la scelta della «Institutio »di Erasmo come contraltare al libro non tradotto mostra che quest'ultimo libro doveva avere la stessa materia del libro erasmiano.

L'ipotesi non sembra aver avuto gran successo immediatamente (sul perché e sul sottofondo ideologico della ipotesi di Olivarius una spiegazione sarà tentata in seguito). In una comunicazione alla Società Copenaghese delle scienze del 1747, H. Gram4 si basa sul nuovo materiale pubblicato da Olivarius per tratteggiare la personalità del Re Cristierno e il suo atteggiamento di fronte alla Riforma, fa giustizia dei pregiudizi ereditati dalla storiografia del Rinascimento, ma non entra nel merito della congettura di Olivarius. Semmai per lui è Mester Diderich, il consigliere del re, ma poi dal Re stesso giustiziato il 24 gennaio 1522, lo stesso giorno che Paulus Helie scriveva la sua lettera,s che è «ateista», cioè machiavellico.

Ma nel 1802, nella sua Storia della Riforma in Danimarca, Fr. Miinter poteva scrivere a proposito del famoso libro che Cristierno voleva far tradurre: «... un libro, il cui titolo ci è ignoto, ma che tutti suppongono sia stato il «Principe» di Machiavelli, col cui vero o presunto contenuto si giudica che la mentalità di Cristierno coincida in molteplici aspetti. »6 Con «presunto contenuto» Fr. Miinter allude alla interpretazione «repubblicana»di Machiavelli, quella espressa canonicamente dai versi foscoliani sul «Grande che, temprando lo scettro ai regnatori, /gli allor



3: Ch. Olivarius, Commentatio histórica de vita et scriptis Pauli Eliae, Carmelitae, vulgo Paul Vendekaabe, Hafniae 1741. B°. Paulus Helie aveva pubblicato la traduzione di Erasmo nel 1534 con una dedica al parlamento e al popolo danese; la lettera al Re era perciò ignota.

4: H. Gram, Om Kong Christiern //'s forehafte Religions Reformation i Danm., in Kebenh. Selskabs Skr. Ili (1747), 1-76 (in particolare pag. 35).

5: Paulus Helie aveva lui stesso sottolineato la coincidenza in una nota latina aggiunta alla sua lettera nell'esemplare che era rimasto in suo possesso e da cui la lettera è conosciuta.

6: Fr. Münter, Den Danske Reformations Historie, Copen. 1802 I, 355.

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ne sfronda ed alle genti svela/ di che lagrime grondi e di che sangue. » Io non ho potuto trovare echi in altri danesi di quest'epoca di questa interpretazione, soprattutto non ho potuto trovare echi di essa in relazioneal Re Cristierno; sebbene non sia da escludere che nelle tante, e poco studiate, personalità dal Münter stimolate a interessi politici e culturali europei questi echi si possano un giorno trovare, credo che sia più prudente mettere l'accenno al «presunto contenuto» sul conto delrinformatissimoMünter. Ma intanto questa testimonianza del Münter ci mostra come sullo sfondo degli eventi storici di quegli anni, di quelli francesi non meno che di quelli danesi, una nuova concezione di Machiavelli,come spirito dell'epoca, si faccia strada in Danimarca e contemporaneamentee per le stesse ragioni una nuova concezione della personalità di Cristierno, il nemico delle classi privilegiate, il Cesare riformatore, il martire. Queste nuove concezioni e la loro connessione fanno la loro comparsa nelle pur tumultuose apologie di Cristierno, che il Riegels7 stende per la rivista Borgervennen (Amico del cittadino) e nelle discussioni che esse provocano, nei lavori storiografici di H. Heinrich Behrmann, fino alla sua mitizzazione di Cristierno del 1805 e del 1812, colla quale questo periodo si conclude.B

Ma a ricordare che dopotutto non si trattava che di una supposizione intervenne nel 1821 lo studioso Rasmus Nyerup, obiettando che nel 1521 il «Principe » non era ancora a stampa e che Paulus Helie non avrebbe potuto tradurre un libro scritto in italiano, una lingua a lui ignota.9 Egli comunicava per scrupolo filologico queste obiezioni a J. Krogh Host, ma, sembra, poi collabora va con quest'ultimo per trovare delle soluzioni a queste difficoltà e salvare la cara ipotesi dalla meritata tomba: Cristierno ha avuto a sua disposizione un manoscritto di una traduzione latina del «Principe».,lo A prova si osservava che «libro » (bog) nella lettera di Paulus Helie poteva significare anche manoscritto, ed è vero ; ma resta il fatto che non di un manoscritto ignoto si parla in quella



7: Borgervennen del 1788 I—11.

8: H. H. Behrmann (1776-1536), Kong Christiern d. II Historie, sec. ediz. Copen. 1815 (soprattutto 1,115 sgg.; 209 sgg.).

9: Questo è probabile per P. Helie, ma dovrebbe per uomini di quell'epoca sempre essere provato e non solo per uomini di chiesa e di cultura ma anche d'affari, come ci ha insegnato colui al quale queste pagine sono con riconoscenza dedicate. Cfr. Poul Hoybye, Glossari italiano-tedeschi del Quattrocento, St. Fil. lt. XXII (Ì964), ió7i,gg.

10: Politik og Historie IV (1821), 100-103.

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lettera, ma di una opera su cui molti hanno già dato giudizio positivo, e che ci sarebbe da spiegare come di una stesura latina del «Principe» si avesse conoscenza solo in Danimarca. Ma l'assurdità della soluzione mostra soltanto quanto volentieri si volesse conservare un legame fra Cristierno e Machiavelli, anzi, poiché ora Machiavelli diventa simbolo del Rinascimento, un legame fra il Re e questa epoca delle grandi personalità,dellaforza vitale, dei Condottieri e dei Tiranni.ll Quell'episodio della tentata traduzione visualizzava questo rapporto che si sarebbe potuto stabilire indipendentemente da esso. E' con questo significato e in questa assurda forma che la vecchia congettura di Olivarius conosce un nuovo periodo della sua lunga vita. C. T. Engelstoft è, per esempio, ben conscio delle difficoltà filologiche congiunte a quell'ipotesi, ma egli non poteva rinunciare a questo episodio nella personalità di Paulus Helie, che egli rivalutava per il suo coraggio e linearità, la cui grandezza di polemista egli rivelava, a cui attribuiva la cronica anonima di Skiby, questa straordinaria storia dove l'ira diventa penetrazione nel fondo degli eventi.l2 Con la stessa concezione di Machiavelli come simbolo del Rinascimento, epoca di fermentazione e di contraddizione, C. F. Allen stabilisce il rapporto fra Machiavelli e il Re Cristierno nella sua Storia dei tre regni nordici nel 1867. Si rendeva anche lui conto che bisognava essere prudenti in tanta incertezza, ma credeva d'aver trovato la prova che una traduzione latina esisteva a queir epoca : egli osservava che nelle lettere Machiavelli stesso usa il titolo latino »De principatibus» per designare il suo libro.l3 Allude evidentemente alla lettera al Vettori, dove però più che di un titolo si tratta di una indicazione del contenuto del libro che Machiavelli stava scrivendo. Allen avrebbe potuto allora ancor meglio citare i titoli dei capitoli, che sono anche essi latini, ma che non sono nemmeno essi prova di una traduzione o stesura latina. Da quest'epoca in poi sembra che nessun dato di fatto possa ormai più scalfire la fede in questo supposto episodio del rapporto Cristierno- Machiavelli: a seconda del temperamento questi storici, maestri nella



11: Per sua parte Host si richiamava alla interpretazione di M. dell'«oscurantista» A. W. Rehberg (D. Buch \om FUrsten, Hannover 1810).

12: Nyt Hist. Tidsskr. 2. (1848), 57.

13: C. F. Allen, De tre nordiske Rigers Historie (1867) 11,2 pag. 58 e nota 30. Cfr. la prefazione: «L'impulso che mette tutto in moto proviene da una possente e energica personalità nel cui animo c'era posto per tutte le nuove tendenze dell'epoca ... ; dall'esterno provengono fermenti in gran massa, che aumentano l'irrequetezza e la contraddizione di quel tempo».

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critica delle fonti, useranno aggettivi più o meno sfumati per caratterizzarequestaipotesi come «probabile», «non improbabile», «generalmenteaccettata»ecc. ecc. ma se ne serviranno sempre come di un episodio simbolico caratterizzante, e di mano in mano che l'interpretazionedelMachiavelli e del Rinascimento muta, il simbolo sarà quello dell'inizio del mondo moderno, della politica come opera d'arte, della costruzione dello stato moderno. E così la vecchia congettura di Olivarius,chenessuno più ricorda essere una congettura, vive di vita prospera per tutta la fine del secolo per fare entrata trionfale nel nostro secolo in commenti a Paulus Helie, storie delle letteratura, della Chiesa, della Danimarca.l4 Pochissime sono le eccezioni. Ancora in una recensioneallostrano libro del medico Paul J. Reiter, che tentava per così dire una diagnosi a distanza di Cristierno, C. O. Boggild-Andersen poteva come sintomo del carattere dilettantesco di questo libro notare scandalizzato che mai il Reiter cita Machiavelli, le cui idee « sul diritto del principe di porsi al di sopra dei precetti cristiani nella lotta per il raggiungimento dei propri ideali hanno avuto gran peso su Cristierno;» e cita i risultati delle ricerche di Arup e di C. P. O. Christiansen.ls

Diciamo subito che questo modo di usare Machiavelli come etichetta ha non poco nuociuto alla comprensione del Machiavelli in Danimarca. La prova ne è che l'unico che ex professo si è occupato di Machiavelli con due notevoli scritti, lo storico C. Paludan-Miiller, non è riuscito a interessare alla diretta conoscenza del fiorentino, alla tragicità della storia italiana il mondo della cultura danese; egli è anche nella sua epoca l'unico che neghi ogni rapporto fra Cristierno e Machiavelli, e non per dubbi sulla congettura di Olivarius, ma perché convinto che



14: Alcuni es.: Heise Biogr. Leks. s.v. (1893); C. S. Petersen, ///. D.Lìtteraturhist. 1,262 (1929); L. Weibull, Nordisk Hist. Ili, 152 (cfr. 220); Heise, Danm. Riges Hist. Ili, 253; Arup II (1932) 323; C. P. O. Christiansen, Schultz Danmarkshist. (1941) 465 sg. (cfr. anche il giudizio sui popoli latini pag. 464). Eccezione e rifiuto netto in O. Friis, Dansk Liti. Hist. 228. J. Oskar Andersen nel 1936 (Paulus Heliae, Kbhns. Univ. Festskr. 1936, 108) rigettò nuovamente la congettura, ma ammettendo che Cristierno poteva avere un ms. latino; crede però che quel libro fosse un libello di agitazione per la politica svedese. Kr. Valkner, P. Helie og Chr. Oslo 1963, pensa si trattasse dell'appello alla nobiltà tedesca di Luterò, ipotesi accettata da P. G. Lindhardt, Den Janske Kirkes híst. Copen. 1965 111. 266 che però ammette che il ms. di M. ci poteva essere.

15: P. J. Reiter, Chr. d. 2. Personlighed, Sjaeleliv og Livsdrama, Copen. 1942; C. O. Boggild-Andersen in Hist. Tidsskr. 10 R6.569 sgg.

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queste due personalità nulla hanno in comune.l6 In una lettera del 3 die. 1867 ad Allen egli scriveva: «Lei esprime un dubbio se veramente sia stato il « Principe » che Cristierno ha dato a Paulus Helie perché lo traducesse:dubbio giustificato, fra l'altro dal fatto che quel re in quasi tutte le sue azioni non ha in realtà tenuto in nessun conto la sapienza di Machiavelli, fatta eccezione del 18° capitolo, del come il principe debba mantenere la parola data, nella qual cosa non aveva bisogno della guida di Machiavelli; ma io credo di potermi assumere l'incarico di dimostrare che egli ha agito esattamente all'incontrarlo dei precetti del Fiorentino, e mai tanto quanto in Svezia nel 1520, dove il suo comportamentoè realmente incomprensibile, i suoi errori politici colossali. »17 Quello dunque che le obiezioni di fatti non potevano, poteva invece una convinzione ideologica.

Quanto al peso che questo presunto rapporto con Machiavelli ha avuto sulla caratterizzazione di Re Cristierno, mi limito a due false interpretazioni che quell' ipotesi ha tirato con se : la prima : come illustrazione del suo machiavellismo viene citata una sua frase, che Erasmo riferisce in una lettera a William Warham.lB

Il primo a citare quella frase fu Gram, ma egli correttamente la mise in rapporto alla politica ecclesiastica del Re; se invece la frase, come spesso si fa, viene citata fuori del suo contesto, quello che è un giudizio sulla provvisorietà della situazione di scisma nella Chiesa allora minacciante,diventa una massima generale di sapore machiavellico, La seconda:viene citata la frase del legato pontificio Aleander, che definisce Cristierno «uomo terribile» e si vede essa «un termine del Rinascimento per indicare le poderose personalità senza scrupoli di quel tempo».l9



16: Paludan-Müller, Machiavelli, Copen. 1836; Undersogelse otri M. som skribent, Odense 1839. In Mach., I egli dice che la Danimarca finora è stata solo spettatrice, senza partecipare alla polemica su Machiavelli: pensa evidentemente a trattazioni sistematiche del tema.

17: Hist. Tidsskr. 9R V, 445. Ma non era esatto che Allen esprimesse dubbi; era solo prudente.

18: Erasmus, Opus epist. IV, ep. 1228, Allen. Erasmo ammette che «vehementi quadam medicina fuisse opus» ma il farmaco «parum dextere adhibitum» da Luterò ha ora esacerbato la malattia. «Atque utinam verum esset quod invictus Danorum Rex Christiernus mihi simile quiddam dicenti, ludens, opinor, respondit, levibus pharmacis nihil agi, sed illud esse remediorum efficacium, ut primum corpus omne concutiant.»

19: Così Christiansen, Dan. Hist. II (1941) 464, ma altri dicono cose simili.

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Ma uomo terribile non appartiene alla terminologia politica del Rinascimentoe
vuoi dire solo uomo intrattabile, testardo.

Ma era stato con questo significato di affinità elettiva, di inquadramentostorico, che Olivarius aveva nel 1741 formulato la sua ipotesi? La sua ipotesi ha una preistoria che si estende molto lontano. La fama di Machiavelli in Europa comincia in verità colla sua leggenda di ateo, cattivo ispiratore di principi cattivi; il suo nome diventa un concetto, un elemento costante della polemica fra cattolici e protestanti: questi ultimi lo mettono sul conto della corruzione papista; i primi direttamentesul conto del diavolo, cioè Luterò. La sua fama si gonfia di mano in mano che gli vengono attribuiti più o meno segreti allievi fra i principi europei, ma i nuovi allievi mai hanno fatto dimenticare l'allieva numero uno, Caterina dei Medici, quella che si faceva leggere dal suo consigliere Morvilliers «il libro» di Machiavelli, come subito dopo il 1572 raccontanogli scritti di protesta ugonotti. Machiavelli è l'ispiratore della notte di S. Bartolomeo. Ora l'associazione Bagno di sangue di Stoccolma- Notte di S. Bartolomeo è elemento sempre ricorrente nella storiografia e nella pubblicistica fin da A. Huitfeldt,2o che assicura che la strage di Stoccolma è atto tirannico inaudito nella storia del mondo cristiano, fatta eccezione per la notte di S. Bartolomeo. Per lui l'invito proditorio e poi il massacro è l'arte normale del Re tiranno, che meditava simile massacro in Danimarca, impedito solo dalla sua deposizione.2l In questa associazione, e nella leggenda di Machiavelli ispiratore di stragi proditoriebisogna vedere il fondamento della congettura di Olivarius e la sua sottolineatura che Cristierno aveva dunque letto il «Prìncipe » prima del 1520. Non diversamente da lui pensava Holberg, in scritti anteriori e di poco posteriori al saggio di Olivarius. Il rapporto di Holberg con Machiavelli, o meglio con la polemica antimachiavellica è molto complesso.Cari Ross22 ha sottolineato un costante affiorare di idee e problemidel machiavellismo in Holberg, e ha dimostrato un maggior interessea questi temi dopo il 1740, l'anno di pubblicazione dell'«Antimachiavelli»



20: A. Huitfeldt, Hist. Beskrif. om Chr. II Copen. 1596, pagina settima della prefazione. Questo paragone dei due massacri continua anche nella ricerca del XIX sec, magari per negarlo: C. Paludan-Müller, De forste konger etc. Copen. 1874 pag. 360 sg. Cfr. Kr. Erslev in Hist. Tidsskr. 6R II (1891) 144.

21: Huitfeldt. pagina dodicesima della prefaz. e seg. Huitfeldt è talmente «italiano» che per giustificare la deposizione di un re, trova l'esempio più calzante nella guicciardinamente equilibrata repubblica di Venezia.

22: Edda 1944, 69 72.

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machiavelli»di Federico il Grande. In queste sue riflessioni, nelle quali stranamente Machiavelli non è mai nominato, lo spunto è spesso offerto da personaggi o avvenimenti della storia francese, Caterina, Richelieu, Mazzarino, De Fleury, la persecuzione degli ugonotti, la notte di S. Bartolomeo.Ma la frase nella quale secondo Holberg si esprime la quintessenzadei Machiavellismo, «Qui nescit simulare, nescit regnare,» già compare nella sua prima opera. (1711)23 Anche il ritratto di Cristierno che egli traccia nella sua Storia del regno di Danimarca è costruito con due elementi, passioni prorompenti e simulazione, dove però la simulazionea volte è introdotta a forza, senza far corpo con la descrizione dei fatti e della personalità del Re. Nella conclusione del suo ritratto egli ripete il pensiero che aveva messo in bocca al popolo di Stoccolma prima del massacro: anche se facile all'ira e alle vendette, egli era «gran maestro nell' arte di simulare » ; non è stato un tiranno per i fini politici che si proponeva, ma per i mezzi delittuosi che usò; «cercare di imbellirefatti di tal genere, potrebbe solo far indignare la coscienza umana e autorizzare i governanti a ogni vizio e peccato.»24 Questo è chiaro accenno a Machiavelli, solo il nome manca.

Ma così come respinge le leggende sugli interventi o i contatti demoniaci nella nascita di Cristierno o su Sigbrit, la autorevole madre della sua amante, così respinge simili leggende nel caso di Caterina de' Medici; ma Machiavelli come suo maestro è tuttavia un fatto, da non sopravvalutare, ma un fatto.2s

Nella favola del 1746 «Laniena Daphnica» la volpe Mikkel è Machiavelli
che insegna al gatto l'arte della simulazione e F associazione laniena
parisiensis e laniena holmiensis è il presupposto di tutto l'intreccio.26

Per Holberg e per Olivarius questo vuoi dire farsi «ispirare» da Machiavelli:



23: Cfr. il commento di Billeskov-Jansen a Holberg, Epistler, VI, 39 sg. ; si può aggiungere che questa concezione dei Machiavelli risaie ai Lipsius, Foliticorum sive civilis doctrinae 1. IV, 14 (1589); cfr. anche Commentarium ad Politicorum Doctrinam in cap. VI libri I: « Machiavellum ergo nemo audiat, qui simulatam nescio quam virtutem principi induit et scenae servientem». I rapporti cosi di Holberg col Tacitismo vengono chiariti; egli aveva studiato del resto col Thomasius. E' improbabile, a vedere le citazioni, che avesse letto Machiavelli, anche se ne possedeva le opere (cfr. Chr. Bruun, Fortegn. af H. Bibliothek, Copen. 1869, pag. 15): era una edizione Testina, stampata fra il 1609 e il 1619 ma falsamente datata 1550.

24: Dan. Rig. Hist. II (1733), = S.S. VII pag. 24; 96; cfr. anche pagg. 55-60.

25: Heltinders sammenlignende Hist. I (1745), = S.S. XIV, 486.

26: S.S. XV, 20.

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chiavelli:un ispiratore cattivo, più moderno e più europeo, viene sostituitoallo spirito maligno, che Sigbrit nascondeva nella sua bottiglietta e di cui si serviva per ammaliare il Re, secondo lo storico ufficiale Suaningius.27

Per Olivarius e per Holberg Machiavelli è un concetto astorico : Holberg del resto pone nella Riforma l'inizio della storia moderna; il Rinascimento è per lui solo «Ateisteria», una reazione contro un «estremismo» di superstizione con la caduta nell'«estremo» opposto. E non salva nemmeno, come pure altri facevano, l'aspetto della rinascita delle scienze e delle arti: nella «Ateisteria» sono tutti compresi, Politianus; Leonardo Bruni, Lorenzo il Magnifico, Pio 11, l'Aretino ecc. ecc, XV e XVI secolo.2B

Si comprende allora perché il grande Grani, nella sua descrizione della politica di Re Cristierno, come condizionata dai tempi e corrispondente ai tempi, una politica «che ogni re avrebbe dovuto condurre in quei tempi »,29 non abbia alcun bisogno di un Machiavelli «ispiratore »di quel tipo e ci si meraviglia invece della curiosa storia di questa congettura di Olivarius, che malgrado la sua riconosciuta fragilità, doveva trovar tanta fortuna nei secoli seguenti e con un significato del tutto diverso o addirittura opposto.

Giuseppe Torresin

ÀRHUS



27: Joan. Suaningius, Christiernus 11, Daniae Rex\ Francofurti 1658 (ma scritto prima del 1579) Lib. II cap. V, 9-10.

28: Alm. Kirkehist. 7/(1738) = S.S. X, 668 sg. e 974 sgg. (cfr. soprattutto pag. 691). Perla storia del concetto di Rinascimento v. il classico art. de D. Cantimori in Annali Scuola Normale Sup. Pisa, Ser. 11,1 (1932) 229 sgg. ora anche in traduz. tedesca in «Zu Begriff. u. Problem der Renaissance» (A. Buck) WdF CCIV, Darmstadt 1969.

29: Gram, art. cit. a nota 4, pag. 4 Gram polemizza con Holherg. senza nominarlo, nella appendice all'articolo sul nome di Cristierno, che Holberg credeva fosse dispregiativo invece di Cristiano. Gram dimostra sulia base di documenti soprattutto italiani che era il vero nome. Purtroppo non ha convinto tutti i posteri